La piramide demografica della montagna

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Il ridente paesino di Viano

Riflettere sulla demografia di un territorio è dimostrazione di maturità, lungimiranza, sensibilità; ed è una delle prime forme di sostenibilità applicata che possiamo immaginare. Se pensiamo al presente e al futuro di una regione non possiamo prescindere dai suoi cittadini, da cui dipende la cura del territorio, la crescita e lo sviluppo della comunità; conoscere le dinamiche demografiche aiuta a programmare e se “governare è prevedere” i numeri della demografia ci aiutano a definire gli scenari possibili.

La Confederazione ha sempre dimostrato una specifica sensibilità, riflettendo sulla piramide demografica in occasioni di grandi riforme o interventi operativi (ricordo a titolo di esempio a inizio anni Duemila il programma Allez Hop per promuovere il movimento tra i cittadini, concepito per ridurre nel tempo l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e i conseguenti costi di assistenza). Ho trovato molto interessante, poco più di un mese fa, la sintesi sul nostro Il Bernina dell’intervento di Francesco Vassella all’assemblea degli Artigiani e Commercianti della Valposchiavo; mi ha colpito quel 10% di abitanti persi in venticinque anni dalla Regione Bernina; così come mi ha colpito molto la previsione di una perdita sostenuta di abitanti nei Grigioni, con l’eccezione della città di Coira. Fenomeni simili colpiscono anche la vicina Valtellina, in parte anche la mia Lombardia, con aree metropolitane sempre più estese e comuni di mezza montagna e di montagna sempre più in sofferenza.

Le dinamiche demografiche sono complesse e particolarmente difficile risulta essere l’inversione di tendenza; anche per questo la Svizzera (e non solo) è attiva nei cosiddetti programmi di Ageing Workforce e invecchiamento attivo. Al tempo stesso le tecnologie che permettono di lavorare e se necessario assistere in remoto aprono finestre di sviluppo e cambiamento per aree rurali o isolate ritenute fino a un anno fa adatte solo al turismo; è l’eredità della pandemia, vedremo quanto duratura che, in alcuni Paesi tra cui l’Italia, sta iniettando un po’ di linfa vitale a borghi spopolati da anni.

Se attrarre i cosiddetti “nomadi digitali” può essere relativamente semplice, diverso è costruire una comunità coesa che sappia crescere e radicarsi; si tratta di una sfida nuova, colta però anche dal mercato immobiliare internazionale che sulla logica del coworking (ovvero della condivisione della scrivania, in spazi abitati periodicamente da professionisti diversi) sta proponendo nuovi modelli di affitto, valorizzando contesti ambientali e aspetti tecnologici un tempo trascurati. Ricordo come fosse oggi il congresso AlpWeek di qualche anno fa, uno dei primi esempi di Congresso Diffuso distribuito sull’intera valle.

Mai come oggi il mondo intorno a noi è pronto a sperimentare modelli inediti, di vita e di lavoro. E non è detto che questi approcci non siano destinati a portare nuovi successi, valorizzando ciò che oggi è già realtà: un’area geografica e culturale con confini sempre meno evidenti, proprio come accade nell’area del lago di Costanza, dove Svizzera, Austria e Germania sono un unicum di fatto. Sono inguaribilmente ottimista e un po’ sognatrice ma mi aspetto di vedere qualcosa di simile anche da noi (sempre che l’elefantiasi burocratica tutta italica trovi un argine).


Chiara Maria Battistoni