Il discorso dimenticato di Gesù

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Matteo 5,1-12

Sermone del 26 settembre 2021 a Brusio

I culti domenicali vengono registrati e si possono riascoltare al seguente nuovo indirizzo:

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Le beatitudini si trovano all’inizio del discorso di Gesù detto “sulla montagna”, una parte centrale del suo insegnamento. Ma malgrado l’importanza e la centralità di questo discorso – e delle beatitudini in particolare – esso è stato messo da parte e spesso ignorato nella tradizione cristiana, tanto che si può parlare di parole che sono state rubate alla cristianità. In che modo sono state rubate? In tre modi:

Il primo, affermando che sono parole che non si applicano alla vita sociale e politica: la vita dei popoli si regola secondo leggi razionali, mentre l’insegnamento radicale di Gesù deve essere riferito soltanto alla vita morale e spirituale dei singoli cristiani.

Il secondo, affermando che le parole di Gesù sono troppo difficili perché tutti possano vivere secondo quanto esse indicano; di conseguenza bisogna prenderle come consigli evangelici per quelli che vogliono raggiungere la perfezione cristiana, cioè per ordini religiosi e confraternite monastiche… gli altri credenti si accontentino di osservare i comandamenti più semplici: non rubare, non uccidere.

Il terzo, affermando che si tratta di una realtà solo futura, lontana, remota. Per fare un esempio, nel Credo della chiesa antica, l’unica cosa che si dice del regno di Dio è che “verrà”. Com’è diverso l’annuncio di Gesù viene, è vicino, è in mezzo a voi, e persino dentro di voi”.

Le beatitudini sono state eliminate dalla scena pubblica, sottratte alla vita dei credenti. E il termine “beati” è anche oggi applicato solo a poche persone, già morte. Si potrebbe dire che c’è voluto il cristianesimo per ributtare fuori ciò che Gesù ha introdotto, per disinnescare ciò che Gesù ha acceso, per eliminare ciò che Gesù ha evidenziato.

Ma che cosa significa, intanto, il termine beatitudine, beato? È giusto tradurre con “beati” la parola – “makariòs” – utilizzata da Gesù per inaugurare la sua predicazione del regno? No, perché “beato” evoca un orizzonte ultraterreno che non è l’orizzonte di Gesù. La traduzione migliore è “felice”. Gesù annuncia una felicità – qui e ora – , una grande gioia, come quando si riceve una buona notizia, o come quando si fa una bella, anzi splendida, esperienza. Le beatitudini sono un invito alla felicità.

E qui non possiamo non osservare che proprio la felicità è la grande assente dalla chiesa di oggi, forse la cosa che manca di più.

L’argomento principale da sempre usato per relativizzare, disinnescare e anche respingere il discorso di Gesù, è l’accusa di irrazionalità: la vita dei popoli, ma anche quella dei singoli, si regola secondo leggi razionali, il “buon senso”, mentre Gesù direbbe cose irrazionali, contrarie appunto al “buon senso”.

Ma chiediamoci, dov’è tutta questa razionalità del mondo? Della vita civile? Della vita sociale? Non è piuttosto vero che siamo noi a essere irrazionali?

E qual è la razionalità del discorso della montagna? È indicata dopo le beatitudini (Mt 5,44): “Ma io vi dico, amate i nemici”. Questa è la razionalità e la sapienza del discorso di Gesù, che si contrappone alla nostra razionalità, alla nostra sapienza, che così spesso ricorre – per puntellarsi – alla forza e alla violenza, all’oppressione e all’indifferenza.

La razionalità di Gesù, che sorpassa ogni intelligenza, è l’amore: una politica basata sull’amore, un’etica basata sull’amore, una strategia per la soluzione dei conflitti basata sull’amore… Di questo parla e questo vive Gesù, questa è la razionalità che Gesù indica anche a noi.

Dopo quasi duemila anni di cristianesimo, abbiamo sempre ancora molta strada davanti a noi da percorrere.

Dobbiamo tornare a essere come i bambini, che hanno il coraggio di porre domande e non hanno paura delle difficoltà di trovare risposte, ma hanno fiducia. Le parole di Gesù aprono alla fiducia, invitano alla fiducia, sono estese oltre gli stretti confini dove sono state relegate. È ora che tornino a risuonare, per tutti, in tutti, anche in noi. Per metterci in cammino… perché quelle parole chiedono di essere messe in pratica.

Pastore Paolo Tognina