Due vocaboli che quasi non si possono accostare. Infatti se “violenza” richiama brutalità, odio, sofferenza, umiliazione, paura, “domestica” viene associata a calore, protezione, attenzione, cura, unione, solidarietà, amore. L’associazione di “violenza e domestica” costituisce un paradosso che disorienta, che sbigottisce, che non è né logico, né naturale. Istintivamente si respinge un simile concetto. La realtà invece ci dice che una simile associazione esiste, che come l’amore puo’ diventare odio anche il calore della famiglia puo’ tramutarsi in freddo e tagliente gelo. A farne le spese generalmente le donne ma per conseguenza anche bambini e adolescenti. Ce lo dimostrano accadimenti sempre piu’ frequenti che sanno trascinare nel loro vortice inquietante non solo la vittima predestinata ma anche tutta una famiglia. Questo fenomeno è riconosciuto da tempo ormai al punto che anche la Svizzera ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, entrata in vigore il 1 gennaio 2018 che mira a proteggere i diritti (tra i quali quello alla vita) di chi è minacciato e a perseguire penalmente gli autori dei reati che possono essere fisici, sessuali, psichici o economici.
Cio’ non ostante la situazione non accenna a migliorare e – apparentemente in modo contradditorio – i progressi fatti dall’avvento di una maggior parificazione dei sessi, sembrano inasprire questo problema.
Cosa fare?
Da quanto detto sopra l’origine della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha scelto il 25 novembre quale data della ricorrenza ed invitato i Governi e le Organizzazioni a sensibilizzare su questo problema l’opinione pubblica.
Riconoscendo questo stato di cose delle quali anche un territorio piccolo come il nostro non è immune, ma soprattutto volendo unirci ad un sentimento di corale solidarietà, anche il nostro Comune di San Vittore ha aderito a queste manifestazioni e scelto, quale punto d’azione l’ex stazione della ferrovia, che come tale è sinonimo di protezione lungo un viaggio che potrebbe essere simbolicamente quello della vita; mentre la stazione puo’ anche rappresentare le stazioni della vita con riferimento a quella della famiglia, vista come luogo simbolo di crescita, di apprendimento, di preparazione all’esistenza di una collettività.
A cosa porta la violenza?
Indagando il fenomeno della violenza e le sue conseguenze in riferimento a quella specifica sulla donna – nella famiglia o nella relazione di coppia – abbiamo intravvisto un nesso possibile e diretto della violenza fisica sulla psiche nell’immediato ed anche prolungato nel tempo. Infatti…..
Immaginiamoci: sei seduta in automobile con il tuo bimbo di 13 mesi sulle ginocchia. L’altro lo porti in grembo e nascerà tra poco. Il bimbo di 13 mesi un po’ piange. Ricevi uno schiaffo e non sai perché. Non hai fatto nulla di male. Lo schiaffo non lascia segni sul tuo viso ma ti porterai questa ferita sul cuore per tutta la vita. Vedrai sempre il finestrino di quell’automobile e le gocce di pioggia che lo attraversano. Saranno le tue lacrime che non scenderanno perché sei raggelata, sconvolta e non capisci. Cosi funziona la violenza. Non ti lascia né pensare, né agire. Ti trascina in un nulla limaccioso che puo’ fare di te qualsiasi cosa. Perché sei diventata una cosa!
Cosi si spiega il fatto che le donne, dopo aver subito un atto di violenza restino ferme, bloccate, impietrite. Perché tutto diventa grande, irreale e soprattutto pauroso. Giorno dopo giorno ti attenderai nuovamente quello schiaffo e forse molto di piu’. Non lo dirai a nessuno perché troppo umiliante e indicibile. Lo terrai per te giorno dopo giorno mentre la paura diventerà sempre piu’ grande e non sentirai piu’ gioia nella vita. Non ti potrai piu’ fidare. La paura richiama la depressione, diventa un circolo vizioso che da sola non riesci a spezzare. Devi parlare!
Cosa fare?
Sulla salute mentale della popolazione si è chinato l’Ufficio dell’igiene pubblica dei Grigioni che ha promosso la campagna “Come stai?”. Pioniere in Svizzera con questo progetto di prevenzione della malattia psichica, il Cantone dei Grigioni ha ricevuto l’appoggio di Mente Sana e delle Associazioni dei medici e degli psichiatri svizzeri. 12 altri Cantoni hanno collaborato alla campagna grigionese che si è protratta da giugno ad ottobre. Con azioni mirate tra le quali la piu’ significativa è stata la donazione di panchine ai Comuni. Panchine che richiamano nel loro colore giallo paglierino la luce e il calore del sole. Intese le panchine per sedersi e chiedere all’interlocutore “Come stai?”, una domanda che non deve essere posta “tanto per dire qualcosa” ma nascere da un interesse vero verso l’altro. “Come stai?” figura nelle tre lingue cantonali sulle panchine, è un richiamo che diventa un appello alla nostra coscienza collettiva.
La campagna “Come stai” è corredata da una ricca documentazione con nozioni approfondite su “Salute e malattie mentali e famiglia”, “Salute mentale e posto di lavoro”, “Parliamo di tutto, anche della salute e della malattia mentale”, “Farsi del bene “, ecc. Il predicato resta il parlare, uscire dall’isolamento, chiedere aiuto, reagire insomma, non tenere problemi e malattia segreti e nascosti.
Le panchine gialle “Come stai?”, interrogano e fanno bella mostra di sé nei Comuni grigionesi: a noi farle vivere e farle rispondere alle ambasce del mondo d’oggi.
Diciamo quindi con Kant:
Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa ho diritto di sperare?
(Immanuel Kant)