Per superare le nostre divisioni

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Galati 3,26-29
Sermone del 20 febbraio 2022

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente nuovo indirizzo:

https://diretta.riformati-valposchiavo.ch

Voi tutti siete figli di Dio per mezzo di Gesù Cristo, perché credete in lui. Con il battesimo infatti siete stati uniti a Cristo, e siete stati rivestiti di lui come di un abito nuovo. Non ha più alcuna importanza l’essere Ebreo o pagano, schiavo o libero, uomo o donna, perché uniti a Gesù Cristo tutti voi siete diventati una cosa sola. E se appartenete a Cristo, siete discendenti di Abramo: ricevete l’eredità che Dio ha promesso. (Galati 3,26-29)

Nella lettera inviata alla comunità in Galazia, l’apostolo Paolo ci parla di una visione straordinaria. Alla quale però, bisogna subito dirlo, si contrappone la realtà del nostro mondo. Malgrado i ripetuti proclami di uguaglianza, viviamo infatti in un mondo contraddistinto dalle divisioni, segnato dalla separazione, un mondo frantumato, nel quale ciascuno finisce per essere solo.

In un mondo che comunica freneticamente, aumentano le difficoltà di relazione: abbiamo mille collegamenti e pochi contatti veri, mille media e pochi legami autentici. C’è separazione profonda tra religioni diverse, tra mondi diversi, ideologie, etnie, classi, sessi, famiglie, fasce d’età.

L’apostolo proclama la fine della separazione tra giudeo e greco. Ma noi sperimentiamo invece un’altra realtà: la divisione c’è ancora. Tra ebraismo e cristianesimo c’è stata fin da subito una frattura profonda, accompagnata da rifiuti  e scomuniche reciproche. Sebbene Paolo abbia affermato chiaramente che noi, in quanto cristiani, siamo innestati sul tronco dell’ebraismo, questo messaggio non è stato recepito, e anzi è stato negato.

A questo punto qualcuno forse dirà: “E a noi, che cosa ce ne importa?”. Ecco, appunto, la separazione produce alienazione! Ci dichiariamo autosufficienti: “Non abbiamo bisogno di nessuno”. Ma proprio questo è lo spirito settario che ci porta ad avere una comprensione esclusivistica che si trova, purtroppo, anche nelle grandi chiese.

Dalla frattura con Israele, con l’ebraismo, all’alienazione, all’estraneazione, il passo è breve. Chi sei tu? Non ti conosco, sei diverso da me! Anzi, mi sei indifferente: tu ebreo, tu cattolico, tu ortodosso. E oggi dobbiamo dire anche, tu agnostico, tu che sei scettico nei confronti del cristianesimo…

“Non ci sono più né schiavi, né liberi, perché tutti sono uguali”, prosegue l’apostolo. Ma non è vero neppure questo. Tra l’altro, il cristianesimo non ha prodotto un movimento di liberazione degli schiavi, anche se favoriva la liberazione di singoli schiavi. Fino ai primi dell’Ottocento, all’interno delle chiese cristiane, non si è levata nessuna voce a favore della fine della schiavitù. E anche dopo, solo poche voci profetiche hanno avuto il coraggio di denunciare l’orrore della schiavitù.

Inoltre, molte forme di divisione sociale sopravvivono all’ombra delle chiese.

Oppure, gli schiavi di oggi non si affacciano neppure sull’orizzonte della chiesa, che è una chiesa di soli liberi: gli schiavi non ci sono, la chiesa non è più casa loro.

Se i liberi e le libere sono uniti solo fra loro, quella non è una vera comunione cristiana, o unità cristiana: perché l’unità cristiana è unità dei diversi, degli avversari, dei lontani, dei nemici. Il movimento di Gesù è un movimento che reintegra la comunità, che riammette gli esclusi, è in comunione con gli scomunicati…

“Non c’è né maschio, né femmina”. E noi qui dobbiamo dire, ebbene, “qui c’è maschio e femmina”.

Basta ricordare che la maggioranza del cristianesimo rifiuta alle donne, categoricamente, oggi, il ministero ordinato. E là dove ciò non accade – cioè nelle chiese riformate che hanno introdotto il pastorato femminile e che permettono alle donne di sedere al proprio vertice – anche lì non siamo ancora nella condizione di poter dire di essere una chiesa dove maschio e femmina siano davvero uno, e non due.

E fuori dalle chiese? Come stanno le cose fuori dalle chiese? Siamo certi che in ambiente non cristiano sia davvero realizzata la visione dell’apostolo Paolo su questo preciso punto della parità tra maschio e femmina, tra uomo e donna?

Tutto questo, purtroppo, è vero: la straordinaria visione indicata dall’apostolo è contraddetta dalla realtà nella quale viviamo. È vero, ma non è tutta la verità. E soprattutto, non è la buona notizia.

La buona notizia, l’evangelo, è che una via per uscire dalla separazione c’è, esiste, può essere percorsa. C’è una via, e quella via passa per Gesù. Non è una via diretta, passa attraverso la conversione, la trasformazione: l’uomo vecchio, la donna vecchia, ciò che in noi ci trattiene negli schemi vecchi della separazione, deve morire, per permettere alla nostra nuova umanità di nascere.

La via c’è, può essere percorsa, e sta – aperta – davanti a noi.

Pastore Paolo Tognina