8 marzo per Nadia, talento violato

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foto Pixabay

Chi ha qualche ventennio  sulle spalle ricorderà senz’altro la ginnasta rumena Nadia Comãneci.
Di lei tanti di noi ricorderanno la perfezione dei suoi volteggi alla trave, alle parallele asimmetriche, il suo corpo minuto da bambina e il viso serio alle olimpiadi di Montréal nel 1976. Pochi probabilmente sanno cosa è stata la sua vita.
E allora raccontiamo.

Nadia nasce il 12 novembre 1961 nella parte orientale della Romania. La mamma è casalinga, il papà meccanico. La chiamano Nadia, che in russo significa “Speranza”, e fin da piccolissima si rivela una bimba allegra e vivace. I genitori la iscrivono alla società sportiva “Fiamma” poco lontano da casa: Nadia ha solo tre anni, ma è felice di potersi sfogare saltando e piroettando.
All’età di sei anni viene notata da Béla Kàrolyi, allenatore di ginnastica artistica alla ricerca di talenti: la vede fare la ruota nel cortile della scuola, guizzare come a voler uscire fuori dal proprio corpo.
I genitori nel frattempo si sono separati e per la madre deve essere stata un’opportunità insperata affidare quella bambina all’allenatore, scaricandosi così della responsabilità di crescerla.
Béla aveva però una fama di violento sadico e psicopatico, considerava le sue ginnaste solo  strumenti da vittoria, sottoponendole ad allenamenti disumani.
Sotto la sua guida e della moglie Marta, Nadia si allena otto ore al giorno, il cibo è poco e persino l’acqua viene razionata: proibito ingrassare. A 6 anni comincia a vincere concorsi, ma già non si diverte più.
Nel 1969, a 8 anni, arriva tredicesima ai Campionati rumeni. L’anno seguente farà vincere alla sua squadra il Campionato Nazionale a squadre.
Nel 1976 si presenta alle olimpiadi di Montréal: ha solo 14 anni, è la ginnasta più giovane. Da vedere è una bambina, un codino a trattenere i capelli, lo sguardo serio.
Il suo esercizio alle parallele asimmetriche stupisce il mondo. I giudici tardano col loro voto, poi sul tabellone appare il numero 1.00. La numerazione digitale era programmata solo fino a 9.99, il numero 10.00, ovvero la perfezione, non era previsto. Nadia Comãneci, per la prima volta nella storia, presenta la perfezione:  quell’1.00 rappresentava un 10.00! Lei rimane seria, concentrata, neanche si accorge di un ginnasta americano che le si avvicina e le dà un bacio sulla guancia.
Ripeterà il punteggio di 10.00 altre sei volte e porterà a casa 3 ori, 1 argento e 1 bronzo, medaglie che dedicherà al partito, alla patria e al popolo rumeno.
Per il dittatore Ceausescu diventerà l’arma perfetta, strumento ideale di propaganda politica.

La Romania in quegli anni è un paese pieno di fame. Per aumentare la forza lavoro Ceausescu impone alle famiglie di fare almeno cinque figli e proibisce l’aborto. Ma sfamare tutti quei figli è difficile, gli aborti clandestini dilagano, con tante morti per infezioni. Gli orfanotrofi sono pieni di bambini abbandonati, il cibo scarseggia.

Nadia viene esibita da Ceausescu come il fiore all’occhiello del regime.
La obbligano a diventare l’amante bambina del figlio di Ceausescu, Nico, 11 anni più vecchio di lei, alcolizzato, giocatore d’azzardo, e abusatore di donne. Rinchiusa nel loro palazzo, Nadia non vede nessuno, prova ad annientarsi col cibo: mangia e ingrassa, ma la obbligano a rimettersi in forma. Continua ancora a vincere, ma non come prima. Nel 1978 ai Mondiali otterrà un oro alla trave e un argento al volteggio.
Alle olimpiadi di Mosca nel 1980 alterna ancora ori e argenti, ma agli esercizi individuali agli attrezzi è battuta dalla ginnasta russa.
Ancora ostaggio del dittatore, tenterà il suicidio più volte, tagliandosi le vene, persino bevendo della candeggina. La rimettono in piedi, la obbligano a gareggiare fino al 1984. Conclude quindi con le gare e diventerà allenatrice. Nico la dimentica.

Comăneci alle Olimpiadi di Mosca 1980

Nella notte tra il 9 e 10 novembre 1989 cade il muro di Berlino. Il 27 novembre di quello stesso anno Nadia riesce a fuggire su un autobus, poi a piedi, con sé porterà solo la sua prima medaglia d’oro. Alla frontiera con l’Ungheria l’aspetta Constantin Panait, un massaggiatore che aveva conosciuto. Insieme raggiungono l’Austria e chiederanno asilo politico agli Stati Uniti.
Il 22 dicembre collassa la dittatura rumena, Ceausescu fugge, ma viene arrestato e fucilato il giorno di Natale.
Negli stati uniti Constantin e Nadia si fidanzano e aprono una palestra. I soldi però li incassa solo lui. Il suo compagno diventa ancora una volta il suo aguzzino. Impiega anni a liberarsi, paralizzata dalla minaccia di lui di rispedirla chiusa in una valigia in Romania.

Nel 1990 incontra nuovamente Bart Conner, il ginnasta che alle olimpiadi di Montréal le aveva dato un bacio sulla guancia dopo l’esercizio perfetto alle parallele. Diventano amici, lavorano insieme in un’accademia di ginnastica che lui aveva aperto. Nel 1996 si sposano a Bucarest, nello stesso anno Nico Ceausescu muore di cirrosi in carcere.
Oggi Nadia e Bart hanno un figlio, che non ama lo sport.
Lei è diventata ambasciatrice dello sport in Romania e presidente onoraria del comitato olimpico del suo paese.

Nadia, forse oggi il tuo nome può vivere infine il suo significato: speranza.
Questo 8 marzo è per te.

1 COMMENTO

  1. mi ricordo bene di lei a Montreral. Avevo 11 anni e non mi perdevo una competizione. Esercizi perfetti e l’emozione del primo 10 alle Olimpiadi. Allora poco si sapeva di quello che c’era dietro alla perfezione di queste “bambine” dell’Est. Adesso sappiamo che erano sottoposte ad allenamenti disumani, a regimi alimentari da fame e altre cose ancora che forse non hanno avuto il coraggio di raccontare. Grazie Serena per la storia di Nadia ( Speranza) Comaneci !