Uno straniero bussa alla porta

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Giovanni 1,1-11
Sermone del 1° maggio 2022

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Cento anni fa, Adolf Von Harnack, storico del cristianesimo, pubblicò un saggio dal titolo “Der fremde Gott”, “Il Dio straniero”. Un’opera importante, dedicata a un eretico cristiano del 2. secolo, di nome Marcione. La chiesa primitiva aveva condannato Marcione perché egli riteneva che l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento parlassero di due divinità diverse: un Dio violento e vendicativo, il primo, un Dio amorevole e compassionevole, il secondo.

Senza dubbio Marcione sbagliava nel contrapporre i due testamenti, ma su un punto aveva invece ragione, e cioè che il Dio annunciato da Gesù è il Dio della grazia, assoluta, incondizionata, e proprio per questo è un Dio straniero in un mondo come il nostro, nel quale domina la legge e, in particolare, la legge del mercato, per la quale tutto si vende e tutto si compra.

Il Dio della nonviolenza, che in Gesù Cristo si lascia mettere in croce, non può che essere straniero in questo nostro mondo che fin dall’inizio della propria storia è “pieno di violenza”, come dice la Genesi (6,11).

Il Dio della pace che “supera ogni intelligenza”, come dice l’apostolo Paolo scrivendo alla chiesa di Filippi (4,7) non può che essere straniero in un mondo in cui si spende più denaro per fabbricare armi che per produrre pane.

Il Dio della vita, senza la cui volontà non cade neppure un passero – come afferma il vangelo di Matteo (10,29) -, non può che essere straniero in un mondo nel quale vige anche tra gli esseri umani la regola “mors tua, vita mea” (la tua morte, per la mia vita).

Il Dio che ama, perché è amore – come afferma la prima lettera di Giovanni, aggiungendo che “chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (4,16) – non può che essere straniero in un mondo in cui la regola non è l’amore, ma l’indifferenza.

Il Dio che è verità, nel quale “la benignità e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate” (Salmo 85,10) non può che essere straniero in un mondo in cui abbondano le apparenze, le illusioni, le mezze verità e le menzogne.

Il Dio della fede cristiana come Dio straniero. È l’esperienza fatta dall’apostolo Paolo ad Atene quando, vedendo sull’areopago, tra tutti gli altri, un altare “Al Dio sconosciuto”, disse: “Questo è il Dio che vi annuncio”, un Dio di cui non sapete nulla, che parla una lingua diversa dalla vostra, proprio come lo straniero parla una lingua diversa; un Dio diverso da ciò che avete immaginato sulla divinità, proprio come lo straniero è sempre diverso da come ce lo eravamo immaginato.

Spesso, nel corso della storia, il Dio della Bibbia si è mostrato come il Dio straniero. È successo all’inizio della prima guerra mondiale, quando molti intellettuali tedeschi – tra cui anche Adolf Von Harnack -, firmarono una dichiarazione in cui si dicevano sicuri che Dio combattesse per il Kaiser contro i suoi nemici: “Gott mit uns”. Allora un giovane teologo evangelico svizzero, Karl Barth, insorse contro quella immagine di Dio in nome del Dio “totalmente altro”, che non può essere piegato agli interessi del nazionalismo e di cui non si può – paradossalmente – conoscere nulla.

Pochi giorni fa, padre Alberto Maggi ha evocato il Dio straniero, contrapposto all’immagine di un Dio che la chiesa cattolica ha spesso invocato a sostegno delle più cupe dittature, da quella di Salazar in Portogallo, a quella di Franco in Spagna, dalla dittatura fascista di Mussolini “uomo della provvidenza” a quella di Augusto Pinochet in Cile.

Molti esponenti ortodossi hanno affermato recentemente che ad essere eretico è il patriarca di Mosca Kirill, il quale difende un’ideologia di riconquista – in nome di Dio – dei presunti territori della Grande Russia. Ma non è certo il Dio della Bibbia quello che ordina di bombardare i civili e compiere atrocità di ogni genere ai danni della popolazione inerme. Dio rimane dunque un Dio straniero su di una Terra che gli attribuisce un volto che egli non ha.

Il carattere straniero di Dio è stato illustrato da Gesù che, come dice l’evangelista Giovanni, “è venuto in casa sua, ma i suoi non l’hanno ricevuto” (1,11). In realtà Gesù non era straniero (“è venuto in casa sua”), ma noi lo abbiamo trattato come straniero, come uno che non appartiene alla nostra comunità, uno che non dovrebbe esserci.

Quante volte, nei vangeli, Gesù è trattato da straniero e viene cacciato via? “Lo cacciarono fuori dalla città” (Luca 4,29) – dalla città di Nazareth di cui era cittadino. E ancora: “Pregarono Gesù che se ne andasse dai loro confini” (Marco 5,17). Per non parlare dell’ultima cacciata, quella che doveva essere definitiva: la croce del Golgota. La croce è il segno del rifiuto, da parte del mondo, di questo straniero che non doveva venire a disturbarci. È la domanda posta dal Grande Inquisitore di Dostoevskij a Gesù tornato a sorpresa nel nostro mondo: “Perché sei venuto a disturbarci”?

Tra Dio e l’umanità esiste una estraneità di fondo che certe volte sfocia in conflitto, o in ostilità; altre volte in una non conoscenza che genera diffidenza e incapacità di riconoscerlo e accettarlo; altre volte ancora in semplice disinteresse.

Come mai l’umanità considera Dio “straniero”? Come mai il creatore è diventato straniero per le sue creature? Perché considero “straniero” colui che viene da fuori, pur sapendo che anch’io sono altrettanto “straniero” per lui?

C’è un’estraneità di fondo tra l’essere umano e Dio, ma c’è una frattura, una scissione, un’alienazione anche tra me e l’altro. Inoltre, si tratta di una frattura che non riguarda solo il mio rapporto con Dio e con il prossimo, ma anche il rapporto che ho con me stesso. Forse è questa la ragione per cui abbiamo tanta paura dello straniero – sia esso Dio, o il mio prossimo: perché mi mette di fronte all’evidenza che sono straniero anch’io, sono anch’io altro rispetto a me stesso. Forse Dio mi risulta estraneo perché lo sono anch’io.

Nel vangelo di Giovanni, Gesù dice: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (12,32). Alla croce, dove Dio è straniero, dove si doveva sancire la definitiva separazione, dove tutti siamo stranieri, proprio lì Dio ci convoca. “Siamo tutti stranieri”: non è questa la buona notizia, ma è la notizia da cui si può partire per ascoltare la verità su di noi e su Dio, la verità che mette fine al mondo vecchio e apre la strada per l’avvento del mondo nuovo.

Pastore Paolo Tognina