Profughi ucraini: l’attività dei volontari che si attivano per accogliere decine di persone

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Alla fine di febbraio, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, un giovane imprenditore di Brusio, Romano Dorsa, sta davanti al suo computer. “Non riuscivo a lavorare, i miei pensieri vagavano a est, dove i nostri fratelli ucraini erano aggrediti dai loro vicini”. Convinto della necessità di fare qualcosa per aiutare “le vittime di quell’assurdo attacco”, decide di pubblicare un appello sui social. “Ho pensato che se ci fossimo uniti, ci saremmo potuti preparare per accogliere i profughi che certamente sarebbero arrivati”.

Aiuti alla Moldavia
Nel giro di pochi giorni, decine di persone rispondono all’appello. In Val Poschiavo e nelle vicine Engadina e Bregaglia inizia un’ampia raccolta di vestiti, materiale sanitario e igienico, cibo, giocattoli, scarpe. Stabilito un contatto con l’associazione Interventi Umanitari Val Poschiavo (IUVP), – “perché loro hanno una consolidata esperienza in questo campo” – Romano, coadiuvato da Laura Costa, infermiera, e Lara Crameri, docente, decide di “spedire indumenti, cibo e medicinali alle zone bisognose”. Raccolto il materiale nei magazzini della Casa Triacca e della famiglia Fabrizio Iseppi, a Campascio, smistati e imballati gli aiuti grazie alle persone che hanno risposto all’appello, ai primi di marzo due camion partono alla volta di Chisinau, in Moldavia, dove arrivano importanti flussi di profughi provenienti in particolare da Odessa.

Arrivano i profughi
In quei giorni, Romano, Laura e Lara conoscono Olga – che si rivelerà una figura importante per l’aiuto che può offrire alla reciproca comprensione -, “cittadina ucraina, residente a Poschiavo, la quale ci comunica che sua sorella e suo nipote Makar stanno per arrivare. Ci fa pure sapere che anche suo figlio Hleb intende raggiungere la Svizzera, insieme agli amici Pasha e Angelina e a una famiglia fuggita da Mariupol”. Per pura coincidenza, pochi giorni prima, il consiglio parrocchiale della chiesa riformata di Brusio ha deciso di mettere a disposizione un appartamento sfitto. I volontari si mettono subito al lavoro: arredano l’appartamento con letti, sedie, armadi, piumini, cuscini, coperte, stoviglie donati da privati. E non dimenticano di rifornire la dispensa. “Il giorno in cui sono arrivati Hleb, Pasha, Angelina, Anastasia, Klaudia, Oksana, Victoria e Natalia mi rimarrà per sempre nel cuore”, annota Romano.

Poschiavo e Campascio
A questo punto – siamo oltre metà marzo – è chiaro che gli sforzi dei volontari devono concentrarsi sull’accoglienza di altre persone in arrivo. Seguendo l’esempio della chiesa riformata di Brusio, anche quella di Poschiavo mette a disposizione una casa di sua proprietà. Ai primi di aprile, i volontari sono nuovamente all’opera. “Allestiamo un’altra casa a Poschiavo, dove vengono accolti altri profughi”. Seguono altri arrivi, poco prima di Pasqua: nuovi profughi vengono alloggiati nella Casa Iseppi, a Campascio.

Nuove iniziative
L’attività dei volontari – e in particolare di Laura, Lara e Romano – si diversifica. Si stabilisce uno stretto contatto con il Servizio Sociale, a Poschiavo, e il suo direttore, Franco Albertini: i profughi devono essere registrati allo scopo di ottenere il “permesso S” e dunque essere messi in regola.

A Campocologno, presso la sede delle ex scuole di Li Geri, il comune di Brusio concede l’uso di un’aula. Con l’aiuto di alcune donne ucraine, Auda Dorsa allestisce un “negozio dell’usato”: vengono esposti, ordinati per taglia, vestiti e scarpe frutto della raccolta di inizio marzo e i profughi in arrivo – spesso privi di un ricambio – possono prendere lì ciò di cui hanno bisogno.

A Brusio la parrocchia cattolica mette a disposizione un locale dove iniziano corsi settimanali di italiano per gli adulti ucraini. A Poschiavo la direzione scolastica allestisce un programma per permettere ai giovani profughi di cominciare a frequentare la scuola. Natalia, timida e nel contempo visibilmente felice, è la prima ad usufruire di questa opportunità di inserimento predisposta dalla direttrice Sabina Paganini. Per il gruppo dei volontari è “Lara che si occupa della gestione di tutto il ramo istruttivo: dei bimbi a livello scolastico e degli adulti a livello di studio della lingua italiana”.

Appello alla popolazione
Parallelamente, si intensificano i contatti tra i volontari, esponenti della società civile della Val Poschiavo – che hanno reagito all’emergenza causata dalla guerra e lavorano a molti progetti – e le autorità e gli uffici comunali. A un primo incontro informale, denominato “tavola allargata sui profughi”, svoltosi a Brusio a marzo, segue un secondo incontro, ai primi di aprile, al quale partecipano sindaco e podestà, esponenti scolastici, rappresentanti delle chiese, il direttore del servizio sociale. Lo scopo è quello della reciproca informazione e del coordinamento degli sforzi, anche in vista del possibile aumento del numero di persone accolte in Val Poschiavo. Un terzo incontro si svolge dopo Pasqua. Da questo scaturisce un appello rivolto alla collettività: si cercano altri volontari, occorre allestire un elenco degli appartamenti disponibili, si ricorda la necessità di registrare tutti i profughi subito dopo il loro arrivo.

Riconoscenza e speranza
“È bello vedere come le persone si attivano quando il prossimo si trova nel bisogno. Mi sembra incredibile. Un cuore può essere deluso, rovinato, arrabbiato, ferito. Ma quell’angolino di cuore sempre sano e pronto a donare tutto se stesso è sempre lì, in ognuno di noi”, scrive Romano, in un breve testo preparato in occasione di un incontro tra la comunità riformata di Brusio e gli ucraini presenti in valle. E intanto nasce una nuova iniziativa, denominata “punto d’incontro”. Ogni martedì pomeriggio – una volta a Brusio, presso la sala comunitaria riformata, e una volta a Poschiavo, presso la biblio-ludoteca – un nuovo gruppo di volontarie, composto da donne di tutta la valle e di diversa appartenenza, anima un momento di convivialità: un’opportunità per conoscere gli ucraini, provare a parlarsi, conoscersi.

Pasha, attore televisivo, e sua moglie Angelina, attrice pure lei, le cui promettenti carriere sono state bruscamente interrotte dalla guerra; Victoria, giovane studentessa che continua a seguire le lezioni online e si chiede se mai potrà tornare nella sua Mariupol distrutta dalle bombe; Lena, fuggita con i genitori, il figlio e il gatto a bordo della sua auto crivellata dai colpi sparati dai russi; Masha e Kostia, sorella e fratello che hanno visto andare in fumo la loro attività imprenditoriale e si ritrovano a dover ripartire da zero; e tutte le persone arrivate finora in Val Poschiavo – immensamente grate per essere in salvo e per l’accoglienza ricevuta -, testimoni di una grande tragedia, stanno facendo emergere in Val Poschiavo uno spirito comunitario e di solidarietà che fa bene anche alla popolazione locale.