Amare la vita

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Salmo 36,10
Sermone dell’8 maggio 2022

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente indirizzo:

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Nel Salmo 36 si trova una breve e lapidaria affermazione: “Dio è la sorgente della vita”. Questa frase ci ricorda che “vita” è l’essenza dell’intero messaggio biblico.

La prima pagina della Bibbia dice: “In principio Dio creò i cieli e la terra”. In altre parole, la prima attività di Dio consiste nel creare la vita. E nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, si legge: “Chi ha sete venga e chi vuole prenda gratuitamente dell’acqua della vita” (Apocalisse 22,17). “Vita” è dunque la parola di Dio, e la sua parola è creatrice.

Se volgiamo lo sguardo verso l’umanità, vediamo tutt’altra cosa. L’essere umano è spesso impegnato nell’uccidere. Nella Bibbia, al principio della storia umana, troviamo l’episodio dell’uccisione di Abele da parte di Caino. Non si tratta di una morte naturale, bensì di un omicidio. E a quell’omicidio originario ne sono seguiti molti altri. Attraverso la storia e con lo sviluppo dell’umanità, la capacità di uccidere è stata perfezionata: non più solo uccisione di un singolo individuo, ma sterminio pianificato di grandi masse di persone.

L’umanità ha sviluppato la morte atomica: dalle prime esplosioni, nell’agosto 1945, degli ordigni nucleari su Hiroshima e Nagasaki, alle centinaia di esperimenti in atmosfera e sotterranei del dopoguerra, a Cernobyl. Ha sviluppato anche la morte alimentare: il cibo che consumiamo è spesso avvelenato, adulterato, non sano. Quelli che in tedesco si chiamano “Lebensmittel” (letteralmente, mezzi che permettono la vita), sono diventati “Todesmittel”, cioè alimenti che uccidono; per non parlare della morte per fame che incombe su milioni di persone (e che in seguito alla guerra attualmente in corso minaccia in  modo particolare l’intero continente africano dipendente dalle forniture di cereali provenienti dall’Ucraina e dalla Russia). L’umanità ha sviluppato la morte ecologica: riempiamo i mari di plastica, emettiamo polveri fini e anidride carbonica che inquinano l’aria, provochiamo la sparizione incredibilmente rapida di centinaia di specie animali.

Temiamo la morte, ma siamo pronti a infliggerla ad altri. E oltre alla morte fisica, siamo diventati bravissimi nell’infliggere la morte politica (privando interi gruppi dei diritti fondamentali), la morte sociale (emarginando determinate categorie di persone), la morte spirituale (imponendo il controllo totale tecnico ed economico e soffocando ogni espressione culturale, estetica, poetica).

Dio è unilateralmente dalla parte della vita, difende testardamente la vita, la guarisce, la cura, la crea e la fa risorgere. L’essere umano oscilla tra l’amore per la vita e il fascino per la morte, tra il difendere la vita e l’uccidere. Sta anche in questo la grande differenza tra Dio e l’essere umano.

Gli antichi teologi dicevano: “Dio è diventato uomo, affinché l’uomo diventasse divino”. Ma sarebbe più corretto dire invece che “Dio è diventato uomo, affinché l’essere umano diventasse a sua volta umano”. Imparasse, in altre parole, ad amare la vita.

Ma come si fa ad amare di più la vita e a diventare più umani? E soprattutto, che cosa occorre fare per imboccare questa strada? Innanzitutto, occorre procurare a ogni essere umano il pane quotidiano. Non per nulla nel Padre nostro, la prima richiesta è “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. E non per nulla l’unico miracolo raccontato da tutti e quattro gli evangelisti è quello della moltiplicazione del pane (attenzione, non siamo di fronte a una magia, ma semplicemente alla condivisione del pane che tutti avevano… e condividendo si scopre che ce n’è abbastanza per sfamare tutti). Siamo di fronte all’aritmetica di Dio, che è diversa dalla nostra: per moltiplicare, Dio condivide.

Inoltre dobbiamo imparare a non considerare, negli esseri umani, in primo luogo la classe, la razza, la cultura, la religione, l’ideologia, la nazionalità, bensì innanzitutto la loro miseria spesso nascosta. E dopo avere imparato a vedere la miseria del mio prossimo, imparare anche a portare quel tormento con lui. E questo non vuole dire per forza e sempre essere in grado di guarirlo. Gesù, nel vangelo di Matteo (25, 31-46), non dice: “Sono stato in carcere e mi avete liberato”, ma: “Sono stato in carcere e siete venuti da me”. E non dice: “Sono stato malato e mi avete guarito”, ma: “Mi avete visitato”.

E infine, imparare a riconoscere la vita come un dono di Dio, per il quale essere grati. Una vita amata è vita che non è dimenticata, né abbandonata, né respinta, né lasciata in preda alla morte. Affinché la vita – anche la mia piccola, irrilevante, ignota, mortale vita – sia piena di valore, protetta, sorretta, degna di essere vissuta.

Pastore Paolo Tognina