La fede grida

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Romani 10,9.13-14.17
Sermone del 5 giugno 2022 Pentecoste

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente indirizzo:

https://diretta.riformati-valposchiavo.ch

Se avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato. Afferma infatti la Bibbia: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ma come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunci? Perché la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo. (Romani 10,9.13-14.17)

Il testo, dell’apostolo Paolo, parla di salvezza, dell’essere salvati, e di fede. Possiamo chiederci se si tratti di cose che oggi vengono richieste, se nella nostra società ci sia effettivamente richiesta di salvezza e di fede. O parlando di salvezza e di fede rischiamo di rispondere a domande che non sono state poste?

Ebbene, credo che si possa affermare che oggi queste domande vengono poste. Solo, con altre parole. Milioni di persone, in tutto il mondo, chiedono pane. Non chiedono forse di essere salvate dalla fame? Milioni di persone, in tutto il mondo, chiedono libertà. Non chiedono forse di essere salvate dall’oppressione, dalla privazione dei propri diritti? E quando noi ci lasciamo prendere nel vortice dei consumi, non chiediamo forse di essere salvati dalla nostra paura di essere privati di qualcosa? E quante polizze assicurative abbiamo stipulato? Non chiediamo con ciò forse di essere salvati dall’imprevisto che minaccia la nostra esistenza? E mettendo da parte del denaro, o investendo delle somme in azioni, o fondi, non stiamo forse cercando di mettere al riparo il nostro futuro?

Dunque, oggi c’è una grande domanda di salvezza, soltanto, espressa con parole e modi diversi da quelli usati nella Bibbia e nella tradizione cristiana. Poiché la salvezza è l’insieme di ciò che non si ha.

Che cosa dice l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani, parlando di salvezza e di fede? Dice innanzitutto che la fede “viene”. Così dicendo, contraddice la nostra percezione attuale, secondo cui la fede se ne sta andando, va via, scompare progressivamente. O come diciamo, scherzosamente – ma pensando che in fondo è vero – “non c’è più religione”. No, l’apostolo dice che la fede “viene”. Certo, c’è anche una fede che scompare, ma forse quella è bene che se ne vada: la fede intesa come consuetudine, come adesione superficiale, come insieme di  norme vuote che non incidono sui nostri comportamenti. Sì, quella fede se ne sta andando, ed è bene che sia così. Quella che “viene”, che ancora deve nascere, e crescere e dare frutto, è una fede autentica, piena, capace di trasformare le persone e la società, di creare un’umanità nuova, con meno ingiustizia, meno soprusi, meno menzogne, e più rispetto, più dignità, più amore e più pace. Quella fede “viene”, e la aspettiamo con impazienza.

Potremmo tuttavia ribattere all’affermazione dell’apostolo chiedendogli perché mai sia necessaria la fede. Non possono bastare – a noi, donne e uomini del 21. secolo – la ragione, il buon senso, la coscienza, il sentimento, o meglio ancora la tecnica e la scienza? Abbiamo davvero bisogno della fede? No, in effetti non ne abbiamo bisogno. Possiamo anche farne a meno. Tra l’altro, anche noi che ci diciamo credenti a volte viviamo da increduli. Trascorriamo periodi più o meno lunghi facendo a meno della fede… Certo, possiamo fare a meno della fede – non dimentichiamo, tra l’altro, che “fede” è  parente stretta di “fiducia” – ma allora la profondità della vita va perduta, e si resta fermi alla superficie della realtà. Perché la verità è nascosta, Dio è nascosto, e la nostra stessa esistenza è nascosta. Noi fatichiamo a conoscere noi stessi, non sappiamo chi siamo veramente, brancoliamo nel buio, balbettiamo. E dunque, se ci accontentiamo di una vita superficiale, non occorre la fede. Ma se non vogliamo rimanere uomini e donne superficiali, allora dobbiamo e possiamo rallegrarci all’annuncio che la fede “viene”, anche nelle nostre menti e nei nostri cuori e nella nostra intera vita.

Da dove “viene” la fede? L’apostolo dice che essa viene dalla predicazione. Anzi, per essere precisi, viene dall’ascolto. E questo, se riflettiamo sulla condizione del nostro mondo, è un altro punto dolente. Sì, perché oggi ci sono tante parole, tanti discorsi, tante informazioni di ogni genere, ma c’è poco ascolto e perciò poca fiducia e perciò poca fede. Vi ricordate le parole di Gesù: “Chi ha orecchie per udire, ascolti”? Ecco, l’elemento decisivo è proprio l’ascolto. Ma come si fa ad ascoltare? Sembra facile. Ma non lo è. Ascoltare richiede silenzio, richiede attenzione, richiede disponibilità all’apertura. Perciò se la fede non è ancora venuta in te – e molti allargano le braccia dicendo di non avere ancora ricevuto la fede – forse è perché non sei ancora stato in ascolto, non hai fatto silenzio dentro di te per permettere alla parola di raggiungerti nella mente e nel cuore, non sei stato attento, non sei aperto al cambiamento. Se manca una delle disposizioni che rendono possibile l’ascolto, la fede non può venire in te. Solo il silenzio, l’attenzione e l’apertura – riunite insieme – permettono alla fede di nascere in te. Ma anche qui possiamo chiedere all’apostolo se proprio sia necessario tutto questo sforzo. E di nuovo possiamo dire: “No, non è necessario”. Se ci accontentiamo di avere un’idea di Dio, un’opinione nostra, più o meno vaga, fabbricata a nostro piacimento, allora non è necessaria. Ma se vogliamo imparare una fede solida e certa, capace di fare luce sul mistero di Dio, della realtà e della nostra esistenza, allora dobbiamo necessariamente passare attraverso la fatica dell’ascolto della parola biblica.

Da ultimo, come possiamo capire se abbiamo solo un’idea o se davvero crediamo? La Bibbia afferma, a più riprese, che chi crede grida, che la fede grida. Come dice Paolo: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Quell’invocare, è un gridare. Come fa un bambino appena nato: come prima cosa, grida. Se è vivo, grida. C’è una corrispondenza tra il grido del neonato e il grido della persona che crede, tra il grido della nascita e il grido della nuova nascita. La nostra fede è capace di gridare? Si esprime come forza vitale che ci fa gridare? È il grido che esprime la profonda fiducia nel Dio che ci salva e ha cura di noi?

Pastore Paolo Tognina