Verità e amore

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Giovanni 14, 15-17.21
Sermone del 12 giugno 2022

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente indirizzo:

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Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro difensore che starà sempre con voi, lo Spirito della verità.

Chi mi ama veramente, conosce i miei comandamenti e li mette in pratica. (Giovanni 14, 15-17.21)

Una delle più straordinarie visioni relative all’azione dello Spirito nella storia umana, è stata – nella storia del cristianesimo – quella del profeta calabrese Gioacchino da Fiore (1130-1202). Gioacchino immaginò che la storia dell’umanità fosse divisa in tre tempi: un tempo del Padre, un tempo del Figlio, e un tempo dello Spirito.

Nel primo eravamo sotto il dominio della legge, nel secondo della grazia, nel terzo – che attendiamo di giorno in giorno – di una grazia più ampia.

Nel primo siamo vissuti nella conoscenza, il secondo è stato caratterizzato dalla sapienza, nel terzo ci sarà la pienezza della comprensione.

Nel primo ha regnato la servitù servile, nel secondo la servitù filiale, il terzo darà inizio alla libertà.

Il primo fu un’età dei servi, il secondo dei figli, il terzo non conoscerà che amici.

Il primo è trascorso nei flagelli, il secondo nell’azione, il terzo trascorrerà nella contemplazione.

Il primo stato fu dominato dai vecchi, il secondo dai giovani, il terzo sarà dominio dei bambini.

Il primo vide la luce delle stelle, il secondo la luce dell’amore, solo nel terzo sfolgorerà il sole.

Il primo fu un inverno, il secondo un palpitare di primavera, il terzo porterà i frutti maturi dell’estate.

Il primo ha respirato un clima di timore, il secondo visse nella fede, il terzo vivrà nell’amore.

Secondo Gioacchino da Fiore – ma anche secondo la Bibbia – il tempo nuovo inaugurato dallo Spirito è tempo di amore. Il tempo dello Spirito è iniziato a Pentecoste, duemila anni fa, ma cominciamo a renderci conto che non siamo ancora stati quella chiesa dello Spirito che da Pentecoste in poi saremmo potuti essere. In altre parole, Pentecoste è avvenuta, ma la chiesa di Pentecoste non si è ancora vista, se non a tratti. Perché no?

Perché nel corso della sua lunga e movimentata storia, la chiesa non si è caratterizzata inequivocabilmente come comunità che ha fatto dell’amore il suo principio costitutivo e regolatore. Non che l’amore sia stato ignorato, o messo in discussione, o rifiutato. Anzi, la chiesa ha amato come nessuna altra istituzione. E nemmeno perché la storia della chiesa sia stata – come tutti sappiamo – spesso anche contraria al principio e alla pratica dell’amore.

La chiesa di Pentecoste, chiesa dello Spirito, non si è ancora manifestata – se non in parte – perché c’è stato un divorzio tra verità e amore. L’amore della verità e la verità dell’amore hanno preso strade separate.

Quel che dice la lettera agli Efesini, “seguire la verità nell’amore”, non ha avuto seguito, benché Gesù, Paolo e Giovanni avessero inseparabilmente congiunto verità e amore.

L’amore è finito nell’ombra. Nel Simbolo apostolico e nel niceno – il Credo – non si parla già più di Dio come amore. Ancora oggi un cristiano o una cristiana è un credente o una credente, e a nessuno viene in mente di definirlo o definirla un amante. Conosciamo la confessione di fede, ma non la confessione di amore. Anzi, diciamo che la confessione di amore non serve perché è implicita in quella di fede. Ma è sufficiente mettere le cose in questo modo? Se leggiamo attentamente il Nuovo Testamento no, non possiamo farlo.

La fede non può sostituirsi all’amore e l’amore non può sostituirsi alla fede. La fede non si accontenta di essere implicita nell’amore, e l’amore non si accontenta di essere implicito nella fede.

Occorre individuare una via attraverso la quale la professione dell’amore possa intrecciarsi con la professione della fede. Senza cessare di essere chiesa della fede, la chiesa si lasci determinare e modellare dall’amore. Pur rimanendo chiesa della fede, della speranza e dell’amore – per riprendere 1 Corinti 13 – occorre capire che “la più grande delle tre è l’amore” e che ciò non può più a lungo rimanere nascosto.

Pastore Paolo Tognina