Oggi, giovedì 7 luglio, riprendono le proiezioni estive de “I film di Devon House”, una rassegna ormai consolidata che accompagna da molti anni la Valposchiavo e i suoi amici. Ma è grazie all’impegno di diverse persone, che operano a titolo di volontariato, che tutto ciò è possibile. Per rendere merito a questo lavoro abbiamo intervistato una delle anime della rassegna, Hans-Jörg Bannwart.
I film di Devon House sono tornati a proporre una rassegna estiva: quanto è stato impegnativo?
Siamo molto felici di tornare a proporre una stagione cinematografica senza limitazioni di tipo sanitario. Anche se le soluzioni e le modalità adottate per poter proporre delle rassegne anche durante il periodo pandemico hanno funzionato abbastanza bene. Ne ha forse sofferto un po’ l’aspetto aggregativo delle nostre serate, poiché per ovvii motivi avevamo sospeso i rinfreschi e i momenti di scambio dopo le proiezioni. Ora prevediamo di riproporli.
La parte più impegnativa nella preparazione della rassegna è stata, come sempre, comporre il programma: sono tanti i film che vorremmo condividere con il pubblico, e doverne selezionarne solo otto per la rassegna significa scartare una grande parte dei film che abbiamo “in petto” e metterli in lista di attesa per un’altra rassegna.
C’è un filo conduttore rispetto a quanto proposto?
Cerchiamo di comporre un programma che raggiunga il pubblico, crei degli stimoli. Per la rassegna estiva abbiamo sempre puntato sulla formula della varietà, in termini di genere, provenienza, epoca e sensibilità dei film che inseriamo nel programma, senza apparente filo conduttore, se non quello di dare un bell’equilibrio e una certa armonia al mosaico che risulta da tutti questi fattori. Durante il resto dell’anno, invece, proponiamo delle rassegne più brevi, legate a un tema, un genere, la provenienza geografica, un regista…
Se dovessi scegliere il tuo film preferito di questa rassegna, quale sceglieresti?
Ogni film messo in cartellone, a suo modo, è per me un film “preferito”. Sì, perché ognuno di essi, come si diceva, è già frutto di una selezione da una rosa di film a cui teniamo e tengo molto. Li scopro man mano, sull’arco dell’anno, attraverso vari canali: i passaparola, le riviste, le recensioni, le segnalazioni.
Nel comunicato stampa di presentazione avete chiesto una mano nella preparazione e nella conduzione delle serate: come si compone la vostra associazione e quali incarichi avete?
La nostra iniziativa vuole essere un’occasione di incontro, di scambio, di condivisione e partecipazione. Siamo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, all’interno del gruppo organizzativo o provenienti dal pubblico, dai partecipanti. La risposta finora è sempre stata buona: infatti, anche quest’anno l’introduzione di quattro degli otto film in programma sarà curata da “affezionati”. In modo analogo cerchiamo di dare un’impronta nuova e individuale anche a ogni rinfresco con i quali completiamo le serate e siamo contenti e grati a tutte le persone che si mettono in gioco.
Sotto il profilo formale ci siamo costituiti in un’associazione. Abbiamo però da sempre cercato di darle un aspetto e soprattutto uno spirito molto sciolti, che, come speriamo, dovrebbe favorire un funzionamento creativo, spontaneo e fresco. Insomma, l’istituzione aspira all’apertrura e al coinvolgimento attivo, anche senza bisogno di un’adesione formale.
Tra aprile e giugno vi siete impegnati attivamente a favore dei profughi ucraini: qual è stato il riscontro?
Sì. La tragedia umana in Ucraina ha spinto anche noi a intervenire, e nel nostro piccolo, abbiamo deciso di devolvere il ricavato delle cinque proiezioni avvenute nel frattempo alle vittime: con uno sguardo rivolto alle persone rimaste indietro, in Ucraina. A una persona, in particolare. Una donna vittima dell’attacco a un villaggio nei pressi di Kiev, all’inizio del conflitto. Un proiettile Shrapnel le ha colpito una gamba e una parte dei polmoni. La gamba ha dovuto essere amputata, i polmoni per fortuna sono rimarginati. Assieme alla sua gamba e alla sua dimora è stato distrutto anche il suo futuro. Non sa come potrà ricostruirsi una casa, una vita, un lavoro, come pagarsi la protesi. La donna è sola, vedova da 9 anni. Ne aveva parlato in un toccante articolo la NZZ, già ad inizio marzo. Siamo riusciti a rintracciarla e i chirurghi che l’hanno operata. L’ospedale in Ucraina non fornisce protesi né offre terapie di riabilitazione. Vorremmo dare una mano. Un gesto rivolto a una sola persona, per non disperdere i mezzi, ma simbolicamente un segno di solidarietà verso tutte le vittime della guerra. Finora abbiamo raccolto CHF 2’700. C’è stata una bella adesione e ringraziamo tutti per la solidarietà dimostrata.
Abbiamo anche organizzato alcune proiezioni rivolte al nostro pubblico abituale, congiuntamente al pubblico ucraino in valle, con sottotitolaggi appropriati. E’ andata molto bene.
Avete qualche progetto nel cassetto per il prossimo futuro?
Le iniziative di inizio primavera ci hanno mostrato che il fienile può essere sufficientemente riscaldato anche durante la stagione (più) fredda. Forse inizieremo a usare lo spazio un po’ più spesso a favore di proiezioni pubbliche “fuori stagione”. Del resto, a breve doteremo parte dello spazio di una tribuna a gradini, di modo che anche i posti in fondo alla sala – finora rimasti un po’ più penalizzati – assurgeranno a posti a sedere del tutto attrattivi.