Impressioni intorno alle “Indagini imperfette” di Andrea Paganini

0
393
Andrea Paganini

Ho letto d’un fiato il lungo romanzo Le indagini imperfette di Andrea Paganini*, fresco di stampa, già prima che uscisse l’intervista che l’autore ha rilasciato alla giornalista Michela Nava. Un’intervista – apparsa sul Grigione Italiano del 25 agosto 2022, n. 34 – illuminante ed esaustiva per quanto riguarda la genesi nonché la materia storica, politica ed esistenziale di cui è fatto il romanzo, per cui ritengo inutile ripetere o aggiungere alcunché. Mi limito pertanto ad esprimere le mie impressioni personali, a elencare i motivi per cui il romanzo – giallo, storico, di avventura, di saggistica che sia –  mi è particolarmente piaciuto.

Ho fortemente apprezzato la storicità dei fatti, la loro collocazione nel periodo storico della Seconda guerra mondiale e anni successivi, nonché la loro ambientazione in Val Poschiavo e in Valtellina per allargarsi alla Svizzera e all’Italia. Mi sono ritrovato sia sui nostri monti che in Val Grosina, sia in Ticino che a Zurigo, nella Svizzera centrale e settentrionale, sia a Milano che in Val d’Ossola. Ha ragione Andrea quando dice che «i luoghi parlano». Quanto al tempo mi sono rivisto bambino quando sul Brusiese erano cadute le bombe, quando si sentivano i tonfi dell’artiglieria pesante e il rombo delle squadriglie di aerei da bombardamento dirette in Germania, quando fioriva il contrabbando del riso, dei pullover angora e degli equini, quando spesso si vedevano sfilare profughi e disertori, quando un autista delle prime ambulanze che portavano feriti all’ospedale San Sisto si fermò alla nostra osteria a berne un goccio e a raccontare con esaltazione della battaglia di Tirano e noi ad ascoltarlo e ad ammirarlo quasi fosse un extraterrestre. Erano i giorni in cui di là dal nostro confine alcuni partigiani perpetrarono il delitto che sarebbe risultato fatale non per i diretti responsabili ma per i protagonisti del romanzo Renzo Fornara e Mafalda Fabbri, chiamata Bianca Kraus, da noi rifugiati.

Particolarmente gradito mi è stato incontrare una serie di parenti e conoscenti promossi a personaggi del romanzo, alcuni come comprimari, altri come comparse, tra le quali anche mia moglie Vera e il sottoscritto. Ho rivisto suor Rita e l’ospedale San Sisto di allora essendovi stato operato di appendicite due anni prima dell’arrivo e delle peripezie dei protagonisti. Ho rivissuto i tempi passati al ginnasio-liceo di Immensee, ho ripercorso la Via Cava e rivisitato il cimitero della Società missionaria, ricordandomi benissimo del padre Blatter e del padre Bulotti, in quanto nel suo “Bureau italiano” ho imbustato lettere di ringraziamento e di questua, nonché bollettini di Betlemme circa un sei anni dopo il periodo in cui vi aveva lavorato l’infelice e affascinante protagonista Bianca. Mi sono ricordato, non senza nostalgia, di qualche calcio dato al pallone insieme a Ponziano Togni, autore dell’affresco dell’altar maggiore nella chiesa dello stesso istituto. Impiego di Bianca e commissione dell’affresco a Togni mediati dalla bellissima figura di don Felice Menghini, sacerdote, educatore, filantropo, giornalista, operatore culturale, che fa da contrappeso ai protagonisti, profughi, picareschi, di dubbia moralità e nel contempo vittime di storture politiche e giudiziarie. Altrettanto piacevole è stato ritrovare ulteriori conoscenze di grande levatura morale come Ettore Tenchio, popolarissimo consigliere nazionale. Gion Willi, apprezzato e coscienzioso giudice istruttore e poi consigliere di Stato, che ho conosciuto tra l’altro per essere stato alcuni anni insegnante d’italiano di sua figlia alla Magistrale, pure lei citata nel romanzo. E che dire del dott. Arturo Maranta, cugino in secondo grado di mio padre e assiduo frequentatore di casa nostra, del sindaco Pietro Plozza, affezionato cliente, dei Monigatti di Viano, parenti stretti di mia moglie, di Piero Chiara? Dello scrittore luinese a suo tempo ho sentito più di una spassosa conferenza organizzata dalla Pgi in collaborazione con la Dante Alighieri e ho avuto personalmente a che fare con lui, che ha curato il volume Poesie, in occasione delle celebrazioni dei trent’anni dalla scomparsa di don Felice. Scomparsa che da ragazzino mi colpì profondamente e che ha ispirato pagine tra le più toccanti e intime ad Andrea. Insomma, la lettura di questo romanzo mi ha procurato il piacere di soddisfare mille curiosità riguardanti un periodo storico che mi ha sempre appassionato nonché di riesumare una parte remota e pressoché dimenticata della mia vita.

Ma non solo per i miei ottanta e passa anni e i mille ricordi ho goduto e apprezzato questo romanzo. Proprio le descrizioni dei luoghi, le rievocazioni delle atmosfere, le rappresentazioni dei personaggi sono particolarmente vivaci e atte a suscitare forti emozioni estetiche in chiunque le legga. E ciò vale altrettanto per l’abilità dell’intreccio e il fuoco d’artificio dei colpi di scena, per la costante tensione morale e l’indefessa ricerca della verità, per la scorrevolezza dello stile, la limpidezza e la musicalità della lingua. Una lingua ricca di registri, supportata tanto da un sapiente uso delle figure retoriche quanto da modi di dire vernacolari e da contorte parlate personali atte a caratterizzare singoli individui. Non perché è piaciuto a me, ma per le sue intrinseche qualità, questo romanzo è atto a soddisfare le aspettative dei più esigenti lettori di ogni età.


Massimo Lardi

*Andrea Paganini, Le indagini imperfette, Rubbettino editore 2022.