I cinquant’anni del nuovo monastero (prima parte)

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Sono ricorsi cinquant’anni da quando le suore agostiniane lasciarono il vecchio monastero per trasferirsi nel nuovo e moderno edificio a Santa Maria. Per celebrare la ricorrenza e l’anniversario dei cinquant’anni trascorsi dalla dedicazione della cappella, sabato 10 settembre, alle ore 10.00, nella cappella del nuovo monastero sarà celebrata una S. Messa cui tutti sono invitati a partecipare.
Don Battista Rinaldi, con una narrazione che in questi giorni pubblichiamo in tre momenti, ricorda quanto accadde cinquant’anni fa e come si giunse a quello storico passaggio.


Nel novembre del 1972 la comunità delle suore agostiniane, dopo 343 anni, lascia l’antico monastero di Santa Maria Presentata, in Poschiavo, al centro del Borgo, per la nuova sede, presso Santa Maria dei pioppi. È un distacco vissuto per necessità ma con profonda nostalgia da parte delle suore. Come una lacerazione profonda dentro una lunga storia di ricerca spirituale, di preghiera e di sacrificio, vissuta con gioia e grande spirito di adattamento.
All’inizio del lungo viale che introduce nell’abitato di Poschiavo ad attirare l’attenzione, sulla destra di chi procede verso il centro abitato, non è tanto il monastero nuovo, ma la chiesa di Santa Maria Assunta, edificata nel 1710 in un luogo, dove già precedentemente, esisteva un convento, poi definitivamente soppresso dalle autorità grigioni.
Proprio lì, spostato di una trentina di passi sulla sinistra della chiesa policroma, con tiburio ottagonale e campanile a cupola di pietre, sempre chi si dirige verso il centro, può notare la bellissima costruzione del Nuovo monastero di Santa Maria Presentata. Bello perché semplicissimo. Segnala la sua identità una delicata croce in ferro che fuoriesce dal corpo centrale che è anche quello d’entrata. Tutta la costruzione non supera i due piani in altezza e pare adeguarsi al terreno che conserva qualche avvallamento. E questo costituisce un altro motivo di eleganza e di buon inserimento nel contesto ambientale
La superiora, suor Cristina Plozza, si era proposta, fin dal­l’inizio del suo mandato nel 1964, il problema del monastero che, carico di anni, non corrispondeva più alle esigenze della vita monastica comune. Accantonati tutti i progetti del passato, suor Cristina ha preferito coraggiosamente rinunciare alle troppo vin­colanti condizioni della vecchia posizione nel centro del borgo per trasferire la casa religiosa in zona aperta presso Santa Maria ai Pioppi.

Il vescovo di Coira Johannes Vonderach benedice la posa della prima pietra il 20 aprile 1969

La domenica 20 aprile 1969 monsignor Giovanni Vonderach, successo a monsignor Caminada, pose solennemente la prima pietra del nuovo monastero in località Clusüri, presso la chiesa di Santa Maria Assunta, all’ingresso del paese. Nel discorso del vescovo di Coira fu ricordata l’importanza dell’avvenimento, coronamento del lungo travaglio che l’ha preparato. Data memorabile nella storia delle suore Agostiniane di Poschiavo e data importante anche per il borgo e tutta la valle. «Si è discusso e vagliato molto, tutti lo sanno. Qualcuno si è chiesto e si chiede se non fosse stato più indicato conservare il vec­chio edificio come convento ed adattarlo alle necessità dei nostri tempi. È fuori discussione che l’attuale convento del Borgo ha fatto il suo tempo: esso sarà conservato e resterà a ricordo, resterà per le generazioni future. Una concezione nuova del monastero non era facilmente realizzabile sull’area vecchia e ci si è quindi decisi per una costruzione nuova in questa località piena di sole e piena di aria. Quindi a partire da domani ferveranno i lavori di edificazione del nuovo convento».
Nella valle che dal Bernina porta al confine italiano non v’è alcuno che non conosca il monastero delle suore di Poschiavo; e sono in molti a conoscere le suore agostiniane anche a Bellinzona, Locarno e Coira, dove hanno curato gli anziani delle case di ricovero, e a Roveredo, dove hanno preparato molte giovani ai lavori domestici. Così è perché il monastero è sempre rimasto vicino alla gente del borgo e degli altri centri della valle. Questo anche grazie alla posizione stessa del monastero situato al centro del borgo e vicino alla chiesa parrocchiale di San Vittore, dove si trovava da oltre tre secoli.
Dopo la sua fondazione nel 1629 l’edificio del monastero andò crescendo piuttosto disordinatamente senza adeguarsi alle esigenze di un particolare stile architettonico. La costruzione cresceva soprattutto per il congiungersi dell’edificio precedente con la casa o il pezzo di terra che costituiva la dote donata dalla famiglia alla giovinetta che entrava a far parte della comunità religiosa o che l’avvedutezza dl padre fondatore o dei suoi successori avevano pensato di acquistare. Le aggiunte del fabbricato si ordinavano secondo un disegno dei vecchi conventi di clausura: quattro ali che inquadrano un terreno verde e si aprono in portici a pianterreno.

Il vecchio monastero, che ha ospitato le suore per 343 anni

Tale era anche il vecchio, glorioso monastero che molti hanno conosciuto e che le suore hanno lasciato per trasferirsi – il 22 novembre 1971 – nel nuovo, situato in una zona amena e dal nome suggestivo di Santa Maria ai pioppi. Così chiamata anche per la presenza della chiesa settecentesca dedicata a Santa Maria Assunta. Era autunno avanzato e pioveva; tutto sembrava aumentare la tristezza di un addio che era già di per sé stesso molto triste. Le masserizie partivano, le celle si svuotavano, il coro non era più in grado di raccogliere le suore in preghiera. E con le cose partivano i ricordi ad esse legati: le gioie e le amarezze delle suore più anziane, gli entusiasmi e gli slanci della giovinezza di tutte, le care immagini delle Sorelle conosciute e amate e non più presenti. Il monastero diventava vuoto per la prima volta nella sua storia! Alla fine, anche il tabernacolo fu fatto deserto: ormai restavano soltanto nel piccolo cimitero del convento le Sorelle defunte, quasi a garantire la continuità d’una stessa fede, d’una medesima storia.
Ma bisognava partire. Benché ricco di storia, di gloria e di memorie, il monastero era ormai fatiscente e malsano: i muri erano screpolati, le finestre e le porte non difendevano più né dal freddo né dal vento, scarseggiava l’acqua, il tetto non fermava più la pioggia, sulle pareti affiorava l’umidità, d’inverno il riscaldamento richiedeva una fatica improba.
Già i vescovi di Coira – dai quali la Congregazione dipende dal punto di vista giuridico – Lorenzo Mattia Vincenz e Cristiano Caminada  avevano raccomandato alle suore di provvedersi una sede che fosse nel contempo più sana, più funzionale e più rispondente alle esigenze igieniche della vita moderna. Questo era anche il desiderio di monsignor Giovanni Vonderach, il vescovo che benedisse e pose la prima pietra del nuovo monastero.
Il 21 novembre 1971 la nuova costruzione, benché non finita, era già in grado di accogliere le suore. Era la festa della Madonna a cui è intitolato il nuovo monastero: la Presentazione di Maria al Tempio, detto in breve: Santa Maria Presentata. Nel cuore delle suore risuonava la parola del Salmo: «L’amore della tua casa, Signore, ci sorregge». E il Signore concesse alle suore di poter finalmente passare un inverno al riparo dalle intemperie del clima montano. Ma l’inaugurazione ufficiale del nuovo convento ha luogo il 26 aprile 1972, quando anche gran parte delle rifiniture sono compiute e monsignor Giovanni Vonderach, ha la gioia di presiedere al coronamento dell’opera.
La costruzione del nuovo convento ha tenuto conto di tutti questi fattori ambientali. Perciò la prima decisione, che si rivelò necessaria per la sua realizzazione, fu quella di accantonare tutti i progetti di restauro del vecchio monastero che si erano venuti accavallando nel corso di alcuni decenni, caldeggiati anche dai superiori di Coira. Poi venne la decisione di costruire il nuovo monastero, coraggiosamente presa dalla Madre generale, suor Cristina Plozza, e dal suo Consiglio il 23 luglio 1968. Affinché la costruzione fosse proporzionata alla dignità che si conviene alle cose religiose, le suore ricorsero al consiglio e alle prestazioni di persone competenti. La stesura e la realizzazione del progetto furono affidate a Luigi Caccia Dominioni, architetto milanese, assai attivo in Valtellina e in tutta Europa, molto noto per la originalità, il vigore e l’armonia delle sue costruzioni. Egli seppe raggiungere un felice accordo tra le esigenze del disegno architettonico e quelle della vita monastica. Un particolare contributo è venuto anche dall’artista Francesco Somaini di Lomazzo (Como), affermato artista internazionale scomparso nel 2005, che, nei suoi diversi interventi, ha espresso in forme e soluzioni moderne e ricche di suggestioni, la filosofia che anima tutto il complesso.

Sono le parole dello stesso architetto Caccia Dominioni a rivelare questa filosofia ispiratrice: «Una costruzione che, aderendo perfettamente alla funzione con la sua pianta articolata e precisa, con i percorsi esattamente definiti e delineati, assolvesse nel contempo a tutte le esigenze ed al ritmo della vita monastica. Semplici, linde le piccole celle: un letto, un tavolo, una sedia, un inginocchiatoio ed una bibliotechina. Poche e grandi le aule per la vita in comune: la chiesa, il capitolo ed il refettorio, semplici ed austere. Nessun rivestimento: muri nudi e chiari. Solo: importante e bello l’altare ed il pavimento. Forse qualche vetrata. Prati verdi. Percorsi per passeggiare, per pregare insieme: all’aperto per la buona stagione, al chiuso per le sere d’inverno e per meglio proteggere dalla pioggia, dalla neve e dal vento potente che viene giù dal Bernina. Un convento, chiuso alle spalle, ma che si apra a Valle per prendere di là tutta la luce e tutto il sole: chiuso alla curiosità, aperto alla vista ed al panorama, alle montagne ed al bel cielo che Dio ci ha dato. Una costruzione che aderendo a tutte le esigenze della funzione aderisse anche alla natura, appoggiandovisi naturalmente – e che riallacciandosi alle preesistenze architettoniche del paese con l’ortometrìa della cappella – riprendesse gli assi della bella chiesetta di Santa Maria. Una costruzione insomma serena e pacata che, inserendosi senza traumi nell’ambiente e nella bellissima natura, potesse sembrare a chi l’osservasse come nata per germinazione spontanea. Questo il monastero che vorrei poter fare».

Particolare della cappella del nuovo monastero

Possiamo dire che c’è riuscito a realizzare le idee che aveva in testa e che ci ha espresso in modo lapidario. Grazie al suo intuito le Suore hanno uno spazio per una vita di preghiera e di fraternità, noi, guardando dall’esterno, contempliamo una bellezza che esalta il paesaggio e proviamo gioia e gratitudine.
La costruzione di un monastero ubbidisce non soltanto alle leggi dell’arte, ma anche a quelle dello spirito. A motivo della sua destinazione, un convento è molto di più di una costruzione bella e confortevole: il disegno esterno e quello interno, il succedersi e l’ordinarsi dei locali, le suppellettili, l’arredamento, persino la tinteggiatura, tutto deve contribuire a creare quel senso di eterno che deve investire sia chi vi abita che chi vi entra.

Don Battista Rinaldi
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