Essere sale della terra

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Matteo 5, 13-16
Sermone del 18 settembre 2022

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente indirizzo:

https://diretta.riformati-valposchiavo.ch

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (Matteo 5, 13-16)

I discepoli che Gesù ha chiamato erano pescatori, piccoli agricoltori, gente comune, senza titoli di studio, moralmente più o meno in regola. Oltre che dai discepoli, Gesù era seguito da persone affascinate dalla sua predicazione, o curiose di sapere in che cosa consistesse il suo operato, o desiderose di essere guarite nello spirito e nel corpo. E tra queste si trovavano anche persone la cui moralità non era certo un esempio: ladri, prostitute, ribelli, collaboratori dei romani. Tra quelli che seguivano Gesù c’erano anche delle donne della buona società del tempo, ma probabilmente non erano che l’eccezione che confermava la regola. Riassumendo, un’umanità poco qualificata per meritarsi l’appellativo di “sale della terra” e “luce del mondo”.

Noi che siamo riuniti qui, questa mattina, siamo certamente più presentabili degli antichi discepoli di Gesù: siamo gente onesta e laboriosa, tra di noi non ci sono ladri, né prostitute, né straccioni, né gente dalla moralità discutibile. Eppure, malgrado la più o meno alta considerazione che possiamo avere di noi stessi, la buona reputazione che possiamo esibire, nemmeno noi meritiamo l’appellativo di “sale della terra” e “luce del mondo”. E questo per il semplice motivo che Gesù non guarda ai nostri meriti, non considera la nostra rispettabilità, non dà peso al buon nome che abbiamo nella società: meriti, rispettabilità e buon nome sono cose che agli occhi di Gesù non contano.

Ora, malgrado tutto, Gesù si rivolge ai suoi antichi discepoli e anche a noi dicendo: voi siete il “sale della terra” e la “luce del mondo”. Perché? Gesù non guarda ai nostri meriti, ciò che gli interessa è che donne e uomini promuovano la vita degli esseri umani e del creato e li aiutino ad avere il proprio gusto peculiare. La proprietà del sale consiste nel proteggere il cibo dal deterioramento e nel conferirgli il suo gusto specifico. Si tratta dunque di impegnarsi affinché donne e uomini e il creato possano realizzare quello che Dio ha voluto per loro.

Nel contempo Gesù mette in guardia da un pericolo: “Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Un cristianesimo, dei cristiani e delle cristiane che hanno perso la passione, lo slancio, l’iniziativa, che non dialogano con il mondo, che si preoccupano solo della loro reputazione, che perdono il loro tempo a ripetere di essere sale della terra invece di agire come sale della terra, si rendono ridicoli e meritano di essere gettati nel mucchio di spazzature della storia, dove già si trovano tante visioni del mondo, ideologie e teorie.

Gesù usa anche un’altra immagine, quella della “luce del mondo”: questa luce è evidentemente la luce della fede in Dio. È una luce che non fa vedere ai cristiani un mondo diverso, o un mondo nuovo; ma è una luce che permette di guardare in modo diverso, in modo nuovo a questo mondo…

Guardare il mondo con questi occhi significa vederlo come non lo si era mai visto prima, significa sperimentare una “illuminazione”: come le nuvole si diradano al di sopra del paesaggio e questo si illumina quando il sole filtra attraverso di esse, e tu vedi ciò che prima non vedevi. Non è una “illuminazione” riservata a pochi iniziati, è una “illuminazione” che passa attraverso l’amore e si traduce in opere buone.

Ciò che contraddistingue questo sguardo “illuminato” è l’amore per l’umanità, la volontà di porsi dalla parte di chi non ha voce, l’impegno in difesa dei diritti umani, il rispetto per il creato, la disponibilità a incontrare chi vive nel disagio, nella povertà, nell’emarginazione; il coraggio di abbandonare i linguaggi improntati al sarcasmo e al cinismo, per parlare con dolcezza, tenerezza, ma anche con passione e carica ideale.

Uno sguardo così rinnovato cerca di tenere viva la memoria dei fondamenti sui quali poggia l’essere umano; non evita di affrontare il problema della colpa, del dolore, del decadimento e della morte; solleva domande critiche sul mondo tecnico-scientifico e sull’uso delle risorse naturali; porta a considerare le proprie istituzioni come necessarie, ma nel contempo anche come provvisorie; e permette di tenere sempre aperta una finestra per poter guardare il cielo. E tutto ciò non solo nei pensieri e nelle parole, ma nelle parole e nelle opere.

Pastore Paolo Tognina