Ventennale della morte di Mascioni: “Andare e vedere e ascoltare”

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“La memoria è corta e manipolabile e la storia impone fatiche e aggiustamenti ai quali sembra sottrarsi la fretta ormai invalsa di giungere a sintetiche e comode definizioni che ci esimano da ogni sforzo e indagine degna almeno dei propositi antichi già formulati da Erodoto: andare e vedere e ascoltare, prima di aggrapparsi a un concetto, a un’idea ricevuta, a un’informazione di seconda o terza mano, elaborata per di più sulla base di un pregiudizio o, peggio, orientata a favorire interessi più o meno palesi”.

Così inizia la “lectio magistralis” tenuta dal valposchiavino Grytzko Mascioni alla Scuola Normale Superiore di Pisa il 9 dicembre 1997.

E, pungente, continua: ”Da qui, la fioritura e la fortuna del moderno modo di mitologizzare, in positivo o in negativo, fenomeni sottratti a ogni verifica dal dilagare di una comunicazione perentoria e saccente quanto comunemente inattendibile, che celebra i suoi più espliciti trionfi nei templi dei telegiornali e dei talk-shows”.

Sembra scritta oggi, giusto?

Impressione rafforzata dal seguente inciso: “Riaffiora il timore dell’ottocentesca diffusione di un aggressivo movimento russo – coevo del principio di nazionalità in auge in tutta Europa -, caparbiamente slavofilo, intriso di misticismo e di una sorta di narcisismo messianico fondato tanto sui supposti valori della Santa Russia quanto sul disprezzo per la decadente, corrotta agonizzante Europa”.

“L’Oltreadriatico europeo. Miti e realtà” è il titolo del contributo. Il suo sguardo è rivolto ad est, ai Balcani occidentali, quelli rivieraschi e quelli comunque afferenti l’Adriatico che “come aveva intuito Roma, è un indispensabile tramite per avvicinare Oriente e Occidente”. E in effetti Mascioni nel ’97 era proprio lì.

Nel 1991 il socialista Gianni De Michelis, ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, nominò Mascioni direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria per “chiara fama”. Nel febbraio del 1992 egli entrò effettivamente in carica, ma già nell’autunno era in Croazia e si era, ricordiamolo, nel mezzo di una guerra sconvolgente.

Ricoprì la carica fino al 1996, passando quindi i successivi quattro anni come parte del Centro Internazionale delle Università Croate di Ragusa-Dubrovnik per gli Studi sul Mediterraneo e il Centro Europa.

Due ultime notazioni

La prima riferita da Anna Maria Cristina Pedrana, QGI, n° 76, 2007: “In un arguto intervento nella rubrica Planetarium sull’« Avvenire» del 16 maggio 1992, intitolato “Attenzione alle frontiere: hanno quattro occhi”, in cui lancia un accorato appello per la diffusione di una vera cultura libera da falsità e idiozie, ricorda che la gente di frontiera (come lui, ma anche come il popolo croato), proprio perché vive sui confini, ha una marcia in più, cioé è dotata di una particolare capacità e disponibilità a capire l’altro e insieme di quel discernimento che porta a cogliere i problemi delle difficili convivenze, doti che più difficilmente si ritrovano nelle altre genti”.

In conclusione ancora la parola a Mascioni svizzero, ma anche italiano, europeo (sempre dalla “lectio” pisana): “L’aspirazione che ci sta a cuore di forme unitarie europee, lo sappiamo benissimo, non può prescindere dal pieno riconoscimento delle particolarità non solo nazionali ma anche regionali e minoritarie, e delle diverse identità linguistiche, culturali, religiose di cui è cosi ricco il continente: assistiamo perciò a un lento procedere verso un’integrazione progressiva più che mai necessaria, ma ben lontana dall’aspirare a una cancellazione centralistica delle autonomie di vario livello”.

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Quest’anno ricorre il ventennale della morte di Mascioni. Lo ricorderemo con diversi interventi.

Sintetizzando, ecco come Fernando Iseppi presenta il “nostro” nel Dizionario Storico della Svizzera:

1.12.1936 Villa di Tirano (Valtellina), 12.9.2003 Nizza. Dopo la scuola secondaria a Sondrio, studiò lettere e diritto a Milano. Dal 1961 al 1991 fu redattore, produttore e autore presso la Televisione sviz. di lingua it. e, per un certo periodo, direttore di Gazzetta Ticinese. In seguito, diresse l’Ist. di cultura it. a Zagabria (1992-96). Pres. dell’Ass. degli scrittori della Svizzera it. (1980-87) e del PEN Club della Svizzera it. e retorom., fu autore di opere in prosa, saggi e raccolte di poesie. Fu insignito del premio culturale del cant. Grigioni (1985) e del gran premio della Fondazione Schiller sviz. (2000).