1 Corinzi 12,31b-13,13
Sermone del 5 febbraio 2022
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Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza. Anche se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho amore, divento un rame risonante o uno squillante cembalo. E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho amore, non sono nulla. Anche se distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo a essere arso, se non ho amore, non mi gioverebbe a niente.
L’amore è paziente, è benigno; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non sospetta il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.
L’amore non verrà mai meno. Quanto alle profezie, esse saranno abolite; quanto alle lingue, esse cesseranno; quanto alla conoscenza, essa sarà abolita, poiché noi conosciamo in parte e in parte profetizziamo, ma, quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito. Quand’ero fanciullo, parlavo da fanciullo, pensavo da fanciullo, ragionavo da fanciullo, ma, quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da fanciullo. Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto.
Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza e amore, ma la più grande di esse è l’amore. (1 Corinzi 12,31b-13,13)
La città di Corinto era uno dei centri commerciali più fiorenti del mondo greco. Situata in modo favorevole per il commercio terrestre e marittimo, all’epoca dell’apostolo Paolo si trovava in una promettente fase di sviluppo.
In quella ricca città viveva anche una comunità cristiana – numericamente modesta, ma per altri aspetti molto ricca. La comunità cristiana di Corinto era stata infatti fondata e visitata da Paolo, da Pietro, da Apollo; era inoltre una comunità che secondo lo stesso Paolo era stata arricchita “in ogni dono di parola e in ogni conoscenza”. A Corinto c’era una grande ricchezza di ministeri: oltre agli apostoli c’erano profeti, profetesse, pastori, evangelisti, dottori e guaritori. E in nessuna altra comunità c’era tanta libertà come in quella di Corinto che aveva scelto quale suo motto: “Ogni cosa è lecita”.
Proprio a causa di quella grande ricchezza, era sorto un dibattito intorno a due questioni: la prima, quali fossero i valori che bisogna avere per essere un cristiano perfetto; la seconda, quali fossero i doni più importanti.
Con la sua lettera l’apostolo Paolo interviene nel dibattito. Egli non si schiera, ma indica, come dice, una via nuova, la “via migliore”, quella via che a Corinto non è ancora stata percorsa.
Ora, la “via migliore” indicata da Paolo è quella dell’amore. Tutto qui? E questa sarebbe la novità? A qualcuno potrebbe sembrare troppo poco, o nulla di nuovo…
Certo, se ci limitiamo a parlare dell’amore è troppo poco e non è nulla di nuovo, ma se ci mettiamo in cammino lungo questa via, se cioè pratichiamo l’amore, se lo viviamo, ecco che allora non è troppo poco – ma è piuttosto più di quanto non abbiamo mai fatto finora – e non è affatto nulla di nuovo – ma è piuttosto l’unica vera novità che si fa strada nella nostra vita.
Finora vi siete detti credenti – dice in altre parole l’apostolo -, occorre che diventiate amanti.
I cristiani di Corinto credevano che l’essere chiesa fosse dato dai doni che essi possedevano. L’apostolo respinge questa opinione: i doni che voi avete vengono da Dio e come per tutti i doni di Dio c’è il rischio che siano usati in modo sbagliato. Il fatto che uno li possieda non significa ancora nulla, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Non si potrebbe immaginare una critica più tagliente nei confronti delle attività religiose. E nel contempo l’accento non potrebbe essere messo più chiaramente sull’uso fatto dei doni. Tutto dipende da questo. “Se non hai amore, non sei nulla”. In altre parole, l’apostolo afferma che il cristiano o è amante, oppure non è. O la chiesa è amante, oppure non è.
A Corinto l’accento era posto inoltre su ciò che ciascuno possedeva o sapeva. Chi non possedeva nulla o possedeva poco e chi non sapeva o sapeva poco era disprezzato e messo da parte. Paolo afferma che l’essere umano non deve mai essere misurato da ciò che gli manca. L’essere umano si misura dal modo in cui ha usato ciò che ha. In altre parole, Dio non ci chiede conto di ciò che non abbiamo, ma ci chiede conto di ciò che abbiamo ricevuto e che non abbiamo usato o abbiamo usato male.
Non ci è richiesto di porci in concorrenza o in competizione con nessuno, né di coltivare complessi di inferiorità o di superiorità. Il nostro Dio non è l’arbitro di una gara tra virtuosi o ambiziosi. Ciò che importa è se noi abbiamo riconosciuto ciò che Dio ci ha dato, se ne abbiamo fatto buon uso e non lo abbiamo considerato come nostra esclusiva proprietà, da utilizzare a nostro vantaggio. È qui che entra in gioco l’amore, che non tiene niente per sé, ma mette a disposizione degli altri ciò che ha ricevuto…
Mettiamoci in cammino, la via indicata dall’apostolo attende ancora di essere percorsa.
Pastore Paolo Tognina