Quantité(s) négligeable(s)

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Le prospettive demografiche del Grigioni non sono buone: solo il fondovalle renano tra Thusis e Landquart sembra possa uscirne in piedi. Guardando a sud delle Alpi, il Moesano si salverebbe tutto sommato la pelle con qualche escoriazione; la Bregaglia e la Valposchiavo ne uscirebbero invece con le ossa forse non rotte, ma molto ammaccate (solo un poco meglio dell’Engadina alta, per cui si vaticina un vero e proprio tracollo).

Queste prospettive suscitano preoccupazione, anche dal punto di vista politico-linguistico. Se già oggi, infatti, l’italianità grigione nel suo insieme è troppo spesso ritenuta una «quantité négligeable» [quantità trascurabile, Ndr], lo scenario demografico futuro lascia presagire tanto un’ulteriore svalutazione del suo “capitale politico” quanto – in primo luogo – l’acutizzazione della sua frammentazione sociale e culturale, fino alla riduzione in tanti piccoli cocci sparsi difficilmente (ri)assembrabili tra loro, in tante «quantités (encore plus) négligeables»: l’italianità transalpina, sempre più distante dalle sue molteplici origini (poschiavine, moesane, bregagliotte, campane, calabre, valtellinesi e valchiavennasche ecc.), che progressivamente rischia di disperdersi, financo di dileguarsi con il succedere delle generazioni; il Moesano, sempre più proiettato verso il Canton Ticino, attratto dai suoi centri economici e al tempo stesso conglomerato nel suo tessuto urbano, col rischio di un crescente distanziamento “affettivo” dal Grigioni (la sua tenuta dal punto di vista demografico, infatti, è interamente ascrivibile all’immigrazione); la Bregaglia, che corre il pericolo – sempre latente – di seguire il destino linguistico già toccato in passato a Bivio e all’Engadina Alta…

E poi la lontana Valposchiavo, così ricca di cultura e d’intraprendenza economica… ma così povera di giovani, di giovani che vi restano a vivere. Già oggi, la scuola professionale di Poschiavo forma in gran parte apprendisti provenienti dalla vicina Valtellina e questa presenza permette di far funzionare molte imprese locali (tra cui anche la Ferrovia Retica e Repower). Questo sembra però non più bastare: secondo le vigenti direttive cantonali (peraltro non nuove), i numeri non sono più sufficienti per garantire in valle, in lingua italiana (l’unica che i più davvero conoscono), la formazione di lattonieri, falegnami, polimeccanici, metalcostruttori… anche loro sono ormai una «quantité négligeable».

Chiusa o ulteriormente ridimensionata questa scuola, che cosa si farà con gli irrinunciabili apprendisti d’oltrefrontiera (cui, ovviamente, non può essere chiesto di frequentare i corsi in tedesco)? E che cosa faranno i giovani grigionitaliani mandati a studiare a Coira o, nella migliore delle ipotesi, a Samedan? Torneranno un giorno oltre il Passo del Bernina, lavoreranno almeno nel Grigioni o saranno anch’essi assorbiti dall’«Unterland»? Che cosa ne sarà, allora, della Valposchiavo? Vale, oppure no, l’unica scuola professionale in lingua italiana del Grigioni lo stesso sforzo finanziario che il nostro Cantone fa per tenere in vita alcuni piccoli licei di montagna?


 Paolo G. Fontana, collaboratore scientifico Pgi