1 Corinzi 12,31b-13,13
Sermone del 19 febbraio 2023
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Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza. Anche se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho amore, divento un rame risonante o uno squillante cembalo. E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho amore, non sono nulla. Anche se distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo a essere arso, se non ho amore, non mi gioverebbe a niente.
L’amore è paziente, è benigno; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non sospetta il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.
L’amore non verrà mai meno. Quanto alle profezie, esse saranno abolite; quanto alle lingue, esse cesseranno; quanto alla conoscenza, essa sarà abolita, poiché noi conosciamo in parte e in parte profetizziamo, ma, quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte sarà abolito. Quand’ero fanciullo, parlavo da fanciullo, pensavo da fanciullo, ragionavo da fanciullo, ma, quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da fanciullo. Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò appieno, come anche sono stato appieno conosciuto.
Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza e amore, ma la più grande di esse è l’amore. (1 Corinzi 12,31b-13,13)
L’apostolo Paolo descrive – tra le altre cose – le caratteristiche positive dell’amore. Si tratta di cose molto semplici, che tuttavia costituiscono un completo capovolgimento della scala di valori e priorità del nostro mondo. “L’amore non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità…”, dice Paolo. Purtroppo gli stessi cristiani spesso non rendono credibile questa indicazione.
Di che cosa si tratta? Si tratta di rallegrarsi non dell’ingiustizia, ma della verità che si realizza; non cedere al fascino della massa conformista, non ululare con i lupi e non ragliare con gli asini, ma avere il coraggio di stare dalla parte della verità, anche se ciò dovesse portarci a navigare controcorrente; non tacere quando coloro che vivono ai margini della società, in luoghi vicini o lontani da noi, vengono calpestati e ricacciati ancora più indietro; significa illuminare gli angoli bui del mondo tecnico-scientifico e le sue costruzioni sociali, facendo luce sui problemi umani dimenticati.
L’amore non diventa concreto se non combatte per la realizzazione della verità: la verità che sfida l’ingiustizia e che riconosce a ogni creatura di Dio il diritto di esigere il nostro rispetto e il nostro aiuto.
Se questa è la via dell’amore, appare chiaro quanto sia pericoloso percorrerla. È pericoloso perché significa trovarsi in conflitto con le opinioni dominanti, con l’ordine di ogni sistema stabilito, con l’interesse dei privilegiati, con la violenza dei tiranni, piccoli e grandi, di cui il mondo è popolato. È pericoloso perché risveglia dal sonno i cuori e i cervelli, non si accontenta più delle elemosine e delle soluzioni paternalistiche e in definitiva ipocrite, quando ovunque la sete di profitto rende disumani e miete vittime. È pericoloso perché costringe a fare i conti con i compromessi, le menzogne, gli inganni, la violenza, il peccato di cui è intrisa la nostra storia.
La chiesa sottovaluta questo aspetto dell’amore. Conosce e pratica – e non senza debolezze e cedimenti – l’amore come dono, come accoglienza e comprensione, ma conosce poco l’amore come lotta. È però nel contesto della lotta che l’amore si manifesta nella varietà di forme e assume la varietà di nomi di cui parla l’apostolo.
Dove c’è oppressione l’amore si chiamerà resistenza, dove c’è tirannia si chiamerà libertà, dove c’è menzogna si chiamerà verità, dove c’è fame si chiamerà pane, dove c’è esclusione sarà comunione, dove solitudine si chiamerà compagnia, dove prevale la logica delle armi e della violenza sarà disarmo e nonviolenza.
“L’amore soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa”, dice ancora Paolo. Colpisce la varietà delle manifestazioni dell’amore. L’amore gioisce, soffre, crede, spera. L’amore è paziente, l’amore è impaziente. L’amore è benigno, l’amore è esigente. Sembrano termini addirittura in opposizione tra loro. Comunque sottolineano un’ulteriore caratteristica dell’amore: esso cambia sempre nome.
La debolezza del nostro amore è che non cambia mai nome. Si chiama forse pazienza, ma mai impazienza. Sofferenza, ma mai gioia. Si esprime come benevolenza, ma mai come intransigenza. La debolezza del nostro amore è data dalla sua monotonia, dalla sua incapacità di cambiare nome. Ebbene, qui scopriamo che l’amore non è né cieco né neutrale: sa distinguere la verità dalla menzogna, l’iniquità dal diritto, la libertà dall’oppressione, la giustizia dall’ingiustizia, cambia nome col mutare della situazione. Sopporta ogni cosa, ma non approva ogni cosa, è paziente e benigno, ma non è qualunquista, non accetta ogni cosa.
Siamo tuttavia colpiti anche da questo “ogni cosa” ripetuto quattro volte. Certo, suona bene, ma chi sa mettere in pratica queste affermazioni? Chi è capace di portare ogni peso e resistere a ogni attacco? Chi non ha mai ceduto quando gli uomini o le circostanze lo hanno oppresso, angariato o torturato? Come si fa a resistere a ogni attacco? Come si può fare ad avere ancora fiducia e speranza in ogni cosa? Sono domande che ci dobbiamo porre, per onestà e per non cadere nel pericolo della retorica.
L’apostolo parla dell’amore come di una grande forza. L’amore può arrivare fino a noi, ma noi non possiamo disporne, anzi siamo al suo servizio, possiamo solo diventare apprendisti alla sua scuola. Percorrendo la via dell’amore accettiamo di andare oltre ciò che abbiamo già per puntare verso ciò che Dio ci ha fatto intravedere, verso ciò che dura per sempre, verso l’amore appunto. In qualche modo significa mettersi in cammino per diventare adulti, per diventare sempre più umani. In questo cammino non miriamo, come i filosofi, al superamento di ogni contrasto, ma partecipiamo, nell’amore, all’opera di Dio nel mondo. Si capisce, in questo contesto, perché l’apostolo Paolo parla del fanciullo che diventa uomo. “Quand’ero fanciullo, pensavo da fanciullo… ma quando sono diventato uomo ho smesso le cose da fanciullo”. L’amore è quello che ci fa crescere e diventare uomini e donne adulti. È significativo che l’apostolo Paolo dica “quando sono diventato uomo”, e non “quando sono diventato cristiano”. Ci fa capire che è un messaggio certamente cristiano nella sostanza, ma assolutamente laico nel linguaggio; e può essere l’evangelo per il nostro tempo anche se, certo, per riceverlo occorre la fede.
Dunque: finché non ami non sei ancora divenuto umano. Solo l’amore ci rende umani. L’amore è la più grande forza di umanizzazione della storia. Solo chi ama è un essere umano.
Pastore Paolo Tognina