Il rischio della preghiera

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Luca 11,5-13
Sermone di venerdì 24 febbraio 2022

[Gesù] disse loro: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: “Amico, prestami tre pani, perché un amico mi è arrivato in casa da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti”; e se quello dal di dentro gli risponde: “Non darmi fastidio; la porta è già chiusa, e i miei bambini sono con me a letto, io non posso alzarmi per darteli”, io vi dico che se anche non si alzasse a darglieli perché gli è amico, tuttavia, per la sua importunità, si alzerà e gli darà tutti i pani che gli occorrono. Io altresì vi dico: chiedete con perseveranza, e vi sarà dato; cercate senza stancarvi, e troverete; bussate ripetutamente, e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa. E chi è quel padre fra di voi che, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dia invece un serpente? Oppure se gli chiede un uovo, gli dia uno scorpione? Se voi, dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Luca 11,5-13)

Il 24 febbraio le chiese svizzere hanno pregato per la pace in Ucraina. Dopo un anno di guerra, dopo decine di migliaia di morti e di fronte alla minaccia di un ulteriore inasprimento del conflitto, credenti di ogni confessione hanno chiesto a Dio di far cessare le ostilità.

Né l’invio di armi, né gli appelli dei governi, né le manifestazioni di piazza hanno finora prodotto la pace. Le preghiere dei credenti produrranno ora frutti positivi? O cadranno anch’esse nel vuoto?

Qualcuno dice che non succederà nulla perché Dio non ci ascolta affatto, altri sostengono che non esista alcun Dio e dunque pregare sarebbe un esercizio inutile, una perdita di tempo.

Chi crede, pregando parla con Dio come si fa con un’altra persona, o con un padre, o una madre, o una compagna, o un amico. E molto spesso pregando formula una richiesta: “Signore, ho bisogno”.

C’è chi sostiene che la preghiera che chiede sarebbe infantile, immatura, egoistica. La preghiera, dicono, per essere autentica dovrebbe essere di ringraziamento e di lode. Ma quando i discepoli chiesero a Gesù di insegnare loro a pregare, egli insegnò il Padre nostro: una preghiera che comprende solo richieste. E nel testo di Luca (11,5-13), Gesù invita a chiedere, e dice: “Cercate! Bussate! Senza stancarvi”.

Certo, questa preghiera così diretta, che è quella delle donne e degli uomini della Bibbia, mette in difficoltà, crea imbarazzo, perché espone al rischio del mancato esaudimento. E questo fa vacillare la fede: quando preghiamo per la pace e continuano a cadere le bombe, e muoiono altre persone, e la guerra va avanti, siamo presi dal dubbio.

Chi prega chiedendo a Dio ciò che gli appare buono, per sé e per gli altri, si espone al rischio: una preghiera che rimane inesaudita infligge un duro colpo alla nostra fede.

Le persone che vogliono apparire molto pie risolvono il dilemma affermando che Dio esaudisce sempre la preghiera. Quelle persone sostengono che se io prego per la guarigione di una persona, e quella muore, non devo concludere che la mia preghiera non sia stata esaudita. Semplicemente, dicono, Dio ha esaudito la mia preghiera facendo il vero bene di quella persona, che io non posso capire, ma che lui, nella sua infinita saggezza, conosce (ovviamente molto meglio di me).

L’argomento non mi convince per niente. Preferisco seguire un caro amico che suggerisce di ricordare le parole dette da papa Paolo VI durante i funerali di Aldo Moro: “Signore, tu non hai esaudito la nostra preghiera”.

E il nostro testo, che cosa dice su questo punto? A prima vista, Luca sembra mettere in bocca a Gesù una risposta ambigua. Alla richiesta molto precisa e concreta di pane, pesce e uovo – che rimanda alle nostre richieste esplicite di salute, di un futuro sicuro, di riparo di fronte alle nostre fragilità – la mette così: “Il Padre celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono”. Sembra di sentire la spiegazione religiosa delle persone pie, che non risolve un bel niente e ci lascia con il nostro problema.

A me piace pensare invece che Luca conosca molto bene il dilemma posto dalla preghiera inesaudita. E che proprio per questo metta in bocca a Gesù parole che ci fanno capire che la preghiera non conosce automatismi: nella preghiera posso conoscere la gioia dell’esaudimento, come pure la delusione cocente dovuta alla mancanza di una risposta.

Mi piace pensare anche che la preghiera può essere paragonata a una relazione di fiducia, o più ancora a una relazione d’amore: entrambe depositarie di una promessa di felicità, ed entrambe esposte al rischio della delusione. Di fronte a questa prospettiva, possiamo certo decidere di non fidarci più di nessuno e di vivere evitando ogni relazione d’amore. Ma che vita sarebbe?

Continuiamo dunque a pregare, continuiamo a chiedere, per noi e per gli altri, per la nostra vita e per il nostro bene, facciamo come hanno fatto prima di noi tante donne e tanti uomini di cui ci parla la Bibbia, che hanno discusso, lottato e litigato con Dio. A volte sono rimasti delusi (e molte volte sono stati esauditi), ma non hanno smesso di pregare.

Pastore Paolo Tognina