Occupazione: le imminenti novità non fermano i frontalieri, bene il settore alberghiero

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Il fabbisogno di personale per la stagione estiva, ormai ai nastri di partenza, è sostanzialmente coperto. La rassicurazione viene dal presidente dell’Associazione Albergatori della Valposchiavo Flavio Lardi: “Bene o male tutte le strutture sono a posto, con qualche posto ancora vacante, come tutti gli anni, certo, ma rispetto al resto del Cantone siamo privilegiati dalla vicinanza con la frontiera”.

Il riferimento è chiaro: nonostante l’ormai prossima entrata in vigore delle nuove normative concordate bilateralmente da Italia e Svizzera (che, fra le altre cose, introducono la tassazione anche sul fronte italiano, dei redditi maturati oltre confine dai frontalieri) i lavoratori valtellinesi che scelgono la realtà poschiavina non sembrano diminuire.

E questo non solo perché comunque gli adempimenti fiscali per i contratti antecedenti al cambiamento atteso prima di fine anno non verranno toccati, ma anche perché, conti alla mano, qui si guadagna di più e le prospettive non mancano; coloro che scelgono di lavorare qui, magari a mezz’ora di strada da casa, riportano in Italia uno stipendio più che soddisfacente e hanno garanzie di stabilità che altrove, al momento, non sono così solide.

Il risultato è una sorta di situazione privilegiata a livello cantonale: come noto, infatti, in altri distretti la mancanza di addetti minaccia la sopravvivenza stessa delle attività che si vedono costrette a chiudere i ristoranti o a ridurre le camere disponibili per la carenza di cuochi, camerieri e governanti.

Non a caso, il Cantone non chiede più agli operatori solo i dati statistici sull’occupazione degli alloggi, ma raccoglie invece anche informazioni sempre più dettagliate sulla contrazione dei servizi.

La valle gode dunque di una relativa serenità, ma questo non deve indurre il settore a sentirsi immune da dinamiche più generali:” Dieci anni fa non avevamo nessun problema di reclutamento – ricorda Lardi – oggi invece ci sono colleghi che sono ancora senza cuoco o senza cameriere e dobbiamo andare oltre la dogana a cercare lue figure che ci mancano”.

Dall’altra parte del confine, si sa, il rovescio della medaglia, con gli imprenditori che lamentano una costante fuga di addetti verso la vicina Svizzera, mercato attrattivo ma al tempo stesso esigente e sempre a caccia dei profili migliori.

Domanda e offerta si incontrano dunque con soddisfazione da ambo le parti: le condizioni di base sono garantite dal contratto collettivo di lavoro, ma la trattativa con il singolo dipendente si basa spesso sulla qualità del lavoro che viene prestato e sul rapporto di reciproco investimento e apprezzamento fra datore e dipendente, con conseguente stabilizzazione dei rapporti a lungo termine.

“Abbiamo il privilegio di poter reclutare persone in gamba a due passi da noi, oltre confine, come da tendenza consolidata – ricorda Lardi – c’è un’alta fidelizzazione degli staff praticamente in tutti gli alberghi; possiamo contare sullo zoccolo duro di quelli che sono in valle da anni e a rotazione arrivano contemporaneamente i nuovi e i giovani che girano per farsi esperienza”.

Il divario più grosso, sempre secondo il presidente degli albergatori, è nella formazione: a parità di anni di studio, i ragazzi che scelgono percorsi scolastici professionali sono naturalmente più preparati rispetto ai coetanei provenienti da altri iter formativi per approdare poi a questo comparto. Capita con una certa frequenza, per citare requisiti specifici, che si presentino a chiedere lavoro persone che non sanno le lingue: molti non sanno il tedesco e la preparazione in inglese è appena sufficiente; certo, a a volte se c’è capacità di imparare in fretta, ci si mette in pari anche con le altre lingue nazionali, ma nel frattempo l’efficienza nelle posizioni ricoperte ne risente. Facile comprendere come diventi difficile, ad esempio, assumere una segretaria d’albergo che non sappia e non possa gestire la clientela che parla il tedesco.

“Non per nulla da qualche anno molti studenti italiani e non solo vengono a fare l’apprendistato qui – rimarca Lardi – e noi, da parte nostra, li ingaggiamo volentieri; naturalmente chiediamo impegno, ma in cambio offriamo condizioni di lavoro eccellenti (una su tutte: si lavora cinque giorni a settimana e si fanno due giorni tassativi di riposo, a volte anche nel week end) e al tempo stesso garantiamo una esperienza di qualità, che è molto preziosa proprio sul piano formativo e apre le porte anche per piazze professionali di eccellenza, come l’Engadina”.

Insomma, la vera opportunità è la crescita, come sanno bene cuochi e camerieri che arrivano in Valposchiavo da tutta la provincia di Sondrio ed in particolare dal distretto turistico trainante, quello dell’alta Valtellina.

Nelle aree in cui è radicato il lavoro in questo comparto, è solida la consapevolezza che queste professioni non sono affatto di poca soddisfazione: un cuoco bravo che ha qualche anno di esperienza guadagna dai 4000 ai 5000 franchi netti al mese, a seconda anche della sua intraprendenza, per non parlare dei camerieri che, se realmente preparati e specializzati, possono guadagnare dai 3000 ai 4000 franchi netti mensili a cui si aggiungono le mance, nella vicina Italia ormai abolite; un incremento non di poco conto, considerando che sui tavoli elvetici, il premio a chi svolge il servizio è mediamente intorno ai dieci franchi a tavolo ed in un ristorante di medie dimensioni, ciascun addetto si occupa di almeno una decina di tavoli al giorno.

I conti sono presto fatti e le mance, si sa, non sono tassate. Ora si tratta di capire se e come cambieranno le cose nel caso in cui dovesse entrare a regime il nuovo accordo fra Italia e Svizzera: con le novità introdotte cosa cambierà? É ipotizzabile una fuga di addetti con conseguenti difficoltà di reperimento del personale?

“Difficile rispondere, non lo sappiamo – ammette Flavio Lardi – anche perché su questa svolta gravano ancora grosse incertezze: non sappiamo ancora se e come e quando si concretizzerà questo cambiamento e men che meno che tipo di riflessi e conseguenze avrà sulla contrattazione nel nostro mercato del lavoro. Per i vecchi assunti non dovrebbe cambiare molto, ma non credo che diventeremo meno appetibili nemmeno per i nuovi; negli anni si è detto tante volte che per un fattore o per un altro non saremmo più stati attrattivi e invece non è così. Un dato parla da sé: nel nostro distretto, negli ultimi dieci anni, gli stipendi sono aumenti di più rispetto agli aumenti imposti dal contratto collettivo nazionale…contenti i dipendenti che quindi restano, contenti i datori di lavoro che così hanno personale motivato e coinvolto che contribuisce alla crescita della ditta”.

Dunque, è una questione meramente economica? “Assolutamente no. Certo, soprattutto alla luce della crisi che attraversa il continente, l’idea di guadagnare bene e potersi assumere degli impegni – una casa, una buona istruzione per i figli, vacanze e tutto il resto – rappresenta una calamita potentissima, ma forse, ancora prima, attrae la qualità della vita nel suo complesso. Chi arriva in valle – conclude Lardi – sa di poter contare su una occupazione sicura e su tutele precise, ma anche su servizi efficienti, benefit, agevolazioni e comfort, dai più banali a quelli essenziali…fattori che altrove sono ormai un miraggio!”.