Ognuno di noi sa fare qualcosa

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Matteo 25, 14-30
Sermone del 4 giugno 2023

I culti vengono registrati e si possono riascoltare al seguente indirizzo:

https://diretta.riformati-valposchiavo.ch

La parabola dei talenti, o del denaro affidato, vuole aprirci innanzitutto gli occhi sul fatto che ciascuno di noi possiede un dono che soltanto noi possiamo moltiplicare, un denaro che soltanto noi possiamo investire, un compito che solo noi possiamo assolvere, delle competenze che soltanto noi possiamo mettere a frutto.

In secondo luogo, la parabola dice: perduti sono solo quelli che si rifiutano di accettare il fatto che questa vita impone loro un compito che nessuno si è affidato da sé, un compito che ci viene affidato da Dio.

Quante barriere deve vincere, dentro di noi, questo messaggio!

Innanzitutto c’è la barriera dei complessi di inferiorità. Ognuno di noi conosce momenti di depressione in cui diciamo: non so fare niente, tutto quello che ho fatto non ha alcun valore ed è sbagliato, agli altri riesce tutto con grande facilità, a me invece no. Nessuno è esente da simili momenti di abbattimento. Ma in alcune persone questo atteggiamento si trasforma in una forma permanente di auto-deprezzamento che non si risolve né con ragionamenti, né con riconoscimenti o incoraggiamenti.

La seconda barriera è il quieto-vivere. Sappiamo di possedere alcuni doni, ma abbiamo paura di metterli a frutto. Pensiamo inoltre: se dimostro di avere troppo talento, sarò sovraccaricato di nuovi compiti, mentre se riuscirò a sotterrare il mio talento, al punto da sembrare un imbecille, verrò sollevato anche dai compiti che ora ho. La cosa migliore, dunque, è di seppellire non solo il mio talento, ma contemporaneamente anche me stesso, in nicchie nascoste e inaccessibili.

Un’altra barriera è costituita dall’auto-mortificazione. Diciamo a noi stessi: sono una persona dotata, ma nessuno se ne accorge, nessuno apprezza le mie qualità, le mie idee. Altri ricevono grandi applausi, anche se valgono molto meno di me. Io rimango in disparte, in attesa che qualcuno si accorga di me, soffrendo in me stesso, piano e in silenzio.

Ancora, c’è la barriera costituita da vari ostacoli, e si tratta di una barriera particolare. Veramente, si pensa, avrei potuto diventare qualcuno. Ma tutto è andato storto: dalla nascita sono legato a un corpo che spesso non mi sostiene, o non è di bell’aspetto. Mi sono capitati genitori che hanno dimostrato poco amore e poca comprensione, o non avevano la possibilità di farlo. Ho scelto un lavoro che non era adatto..

In effetti, ci sono situazioni e ci sono ostacoli che non possono essere superati con un semplice richiamo alla necessità di recuperare la fiducia in se stessi e in Dio: le cattiverie della vita sono cattiverie, i colpi di sfortuna sono colpi di sfortuna, i danni morali, psichici, fisici, sono danni. Ci sono davvero ostacoli che ci privano della possibilità di investire e far fruttare i talenti che ci sono stati affidati.

Tuttavia, proprio a causa di quegli ostacoli, possiamo possedere un tesoro diverso, che può essere fatto fruttare per il bene di tutti: il tesoro rappresentato dall’esperienza delle proprie sofferenze. Non dovremmo irrigidirci di fronte a ciò che ci ostacola, poiché anche quello è doloroso può trasformarsi in una benedizione per noi stessi e per gli altri.

Come possiamo comprendere coloro che mettono in dubbio il valore della propria vita, se non abbiamo fatto noi stessi l’esperienza di attraversare il tunnel oscuro della depressione? Come possiamo occuparci delle persone umiliate, se non abbiamo sperimentato noi stessi quanto sia paralizzante non essere apprezzati? Come possiamo accettare persone disabili, se noi stessi – spesso con danni o limitazioni molto lievi – non abbiamo dovuto subire dei traumi e imparare quanto sia difficile far fronte a essi?

C’è infine la barriera costituita dal pudore religioso, che ci spinge a non parlare con altri di Dio, né della fede, né di Gesù, e a ridurre la fede in spazi angusti, soltanto personali e individuali. Quella barriera ci spinge a dare retta e a rincorrere tutte le ideologie e le superstizioni del mondo, invece di affrontarle criticamente alla luce dell’evangelo. Ci induce a difendere la rispettabilità della chiesa, invece che spenderci a favore della verità dell’evangelo e della dignità dell’essere umano.

Chi ha molti doni deve essere riconoscente. Chi avverte in sé una carenza di doni, non deve dimenticare che Dio costruisce il suo regno anche con chi si trascina zoppicando, con gli afflitti e gli oppressi, con i deboli e con i malati. A tutti è stato affidato un dono.

Pastore Paolo Tognina