“La parola in fuga”: l’italiano della Riforma a Poschiavo

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Mercoledì sera, 26 luglio, l’aula riformata a Poschiavo ha ospitato una serata culturale dedicata alla diffusione della lingua italiana nelle valli girgionitaliane e il suo stretto legame con la Riforma protestante nel Cinquecento. Il protagonista dell’evento è stato il professor Franco Pierno, docente di linguistica italiana presso l’Università di Toronto, che ha presentato il suo libro “La parola in fuga – Lingua italiana ed esilio religioso nel Cinquecento” (Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2018).

Il professor Pierno, esperto di storia della lingua e specializzato nella linguistica storica quattro-cinquecentesca in ambito religioso, ha portato alla luce un aspetto poco noto della storia italiana, evidenziando l’importanza dell’uso e della diffusione della lingua italiana durante il periodo della Riforma protestante. Nel suo libro, l’autore rivisita le vicende di quegli italiani che, abbracciando la Riforma, furono costretti a lasciare l’Italia per sfuggire alle persecuzioni dell’Inquisizione romana, trovando rifugio religioso e linguistico alle nostre latitudini.

Nel corso della serata, il professor Pierno ha approfondito il ruolo svolto dai cosiddetti esuli religionis causa, ovvero i predicatori e religiosi che si convertirono alla Riforma e trovarono rifugio nelle regioni italofone svizzere per sfuggire alla repressione cattolica. Furono proprio loro a contribuire significativamente alla diffusione della lingua italiana, attraverso la predicazione e la pubblicazione di libelli e catechismi.

Tra i punti salienti del libro emerge l’analisi dell’intreccio tra la lingua italiana e la Riforma. Il professor Pierno esamina come l’uso della lingua materna non fosse solo essenziale per l’evangelizzazione, ma rappresentasse anche uno strumento di coesione identitaria per gli esuli religiosi. A mano degli esuli religiosi, nelle valli grigionesi, come la Valposchiavo e la Val Bregaglia, la lingua italiana svolse un ruolo fondamentale nell’evangelizzazione e nella diffusione della fede protestante.

Influenzati dal loro credo religioso, gli esuli presenti alle nostre latitudini promuovevano un certo tipo di lingua italiana – evidenzia Pierno. Una lingua che voleva essere distante dal modello linguistico delineato famosamente da Pietro Bembo, cardinale, scrittore, grammatico, poeta e umanista italiano del Cinquecento, ovvero un italiano che ricalcasse il toscano trecentesco – la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio. Il Bembo respinse gli influssi regionali e dialettali, preferendo una lingua omogenea e standardizzata, basata sui modelli letterari fiorentini.

Questo italiano puntava dunque all’elevazione della lingua italica a uno status più nobile e “classico”, simile alle grandi lingue dell’antichità come il latino e il greco e destinato a favorire la comunicazione tra gli intellettuali dell’epoca. Il modello linguistico di Bembo fu ampiamente accettato, e di conseguenza adottato anche dalla curia romana, divenendo de facto l’italiano anche del cattolicesimo.

Una lingua piuttosto elitaria ed elevata, quindi, alla quale i nostri esuli riformati si opponevano: i predicatori riformati, infatti, desideravano una lingua più semplice e vicina ai fedeli, che si opponesse all’elevatezza della lingua del cattolicesimo. Si nota tra questi esuli – spiega il professor Piernola – “la volontà di scrivere in una lingua semplice, non artificiosa, in quanto l’artificio e l’elaborazione linguistica erano sinonimi (negativi) di cattolicesimo, di papismo”.

Un aspetto particolarmente affascinante del libro, come ha sottolineato Pierno agli auditori, riguarda il ruolo di alcuni predicatori nell’impegno verso la diffusione di questa varietà linguistica. Attraverso la pubblicazione di testi liturgici e opere religiose, anche polemiche e in contrasto alla chiesa tradizionale, una delle figure più rilevanti fu infatti quella di Pier Paolo Vergerio, teologo e vescovo cattolico passato alla Riforma, entrando in netto contrasto con il pontificio. Vergerio trovò a Poschiavo, nella storica tipografia Landolfi, l’opportunità di diffondere le sue idee religiose e linguistiche, entrambi di carattere rigorosamente riformato. Questo, rimarca Pierno, conferma l’importanza storica delle nostre località nell’ambito della divulgazione sia dell’evangelismo, sia della lingua italiana.

In conclusione, l’incontro con il professor Franco Pierno e la presentazione del suo libro “La parola in fuga” sono stati un’occasione preziosa per esplorare il legame profondo tra la Riforma protestante e la diffusione della lingua italiana nel Cinquecento e l’influenza degli esuli religiosi sulla sua diffusione nelle valli del Grigionitaliano. Un evento culturale di rilievo che ha contribuito a far luce su un aspetto significativo e meno noto della lingua italiana e della nostra storia locale.