Lo so, lo so; riesco a meravigliarmi di ciò che è la norma. Eppure leggere periodicamente gli oggetti in votazione in Comune e le modalità di voto suscita in me sempre stupore e apprezzamento; quanta strada deve percorrere un Paese per giungere alla maturità della democrazia diretta e quanta responsabilità è in capo ai cittadini, chiamati a informarsi per scegliere con lungimiranza e realismo. Per me, che pure voto assai spesso visto l’avvicendarsi degli appuntamenti politici italiani, l’approccio svizzero è un esempio a cui tendere. Vedere poi in votazione i temi legati alle energie rinnovabili è ancora più sfidante. Sfidante perchè la transizione energetica è tema assai complesso e tecnico che, al tempo stesso, richiede risposte pragmatiche. Pur coinvolgendo tutto il mondo, non può che trovare risposte glocali, rispettose della volontà delle genti e dei territori; concetto quasi scontato in Occidente, ben più raro negli altri continenti. La Strategia Energetica 2050 ha il pregio di individuare con chiarezza gli obiettivi della trasformazione del sistema svizzero di approvvigionamento energetico; non solo efficienza energetica ma valorizzazione delle cosiddette rinnovabili indigene, a partire dall’idroelettrico per giungere al solare, alla biomassa, al vento, alla geotermia e trasformazione e sviluppo delle reti, da adeguare alle nuove esigenze. Ciò che trovo particolarmente interessante e utile (in quanto buona pratica) è l’elaborazione di diversi scenari di sviluppo (è sufficiente dare un’occhiata al sito Svizzera Energia o Swiss Solar), scenari che si sforzano di restituire la complessità delle scelte senza cadere nella semplificazione.
La scelta della Confederazione di puntare sui grandi impianti fotovoltaici d’alta quota (ne è un esempio l’impianto a 2100 m in Val Bregaglia) potrebbe essa stessa trasformarsi in una buona pratica per altri Paesi, consentendo di valutare le prestazioni dei moduli fotovoltaici attuali in quota, con temperature più basse e (probabilmente) l’effetto del riflesso legato alla neve nei mesi invernali. Proprio riflettendo sulle caratteristiche di questi impianti mi sono ricordata che un anno fa il World Economic Forum pubblicava sul proprio portale un articolo dedicato alle fattorie “Agrivoltaic”, pratica che prevede di sfruttare il terreno sotto i pannelli fotovoltaici per la coltivazione, migliorando così l’efficienza dell’uso del suolo.
La pratica è in uso in Corea del Sud, paese con un territorio per lo più montuoso, dove si sono sperimentate le coltivazioni di broccoli sotto pannelli posizionati a un’altezza da terra variabile tra i due e i tre metri, con inclinazione di trenta gradi. Riducendo l’evaporazione rispetto al campo aperto, i broccoli hanno un colore verde più deciso e più gradito ai consumatori. Sperimentazioni simili sono in corso in Kenya (in questo caso i pannelli proteggono dall’eccessivo irraggiamento) e in Francia. Assai interessante anche la sperimentazione in corso con l’allevamento degli ovini; uno studio olandese condotto dalla Wageningen University, dipartimento Applied Animal Bahaviour Science (il video è disponibile nel portale www.weforum.org) e pubblicato a gennaio 2023 (https://research.wur.nl/en/publications/a-preliminary-investigation-of-the-effect-of-solar-panels-and-rot), ha analizzato il comportamento degli ovini allevati in aree con pannelli fotovoltaici per valutarne il benessere. I risultati sono incoraggianti; i quaranta ovini osservati che hanno trascorso il tempo nell’area con pannelli hanno dimostrato comportamenti più rilassati, trascorrendo più tempo a riposare sotto i pannelli e a nutrirsi rispetto ai quaranta ovini lasciati liberi nei pascoli. Migliore è risultata essere anche la qualità nutrizionale dell’erba protetta dai pannelli; la taglia delle pecore fa sì che possano sfruttare al meglio lo spazio coperto, mantenendo l’erba ben tosata, senza danneggiare cavi e attrezzature. Un connubio inatteso ma assai promettente, al tempo spesso un elemento in più che si inserisce nella complessità delle valutazioni delle energie rinnovabili.
Cara Chiara Maria Battistoni,la gestione del suolo con il metodo Agrivoltaic é in fase di sperimentazione. Gli studi scientifici si riferiscono a regioni e luoghi che hanno nulla in comune con un area alpina a 2400 metri di altitudine. Il connubio fra sfruttamento energetico e pastorizia rimane un miraggio. L’arco alpino ha innumerevoli spazi improduttivi che si prestano per la produzione di energia fotovoltaica e allo stesso tempo non per forza devono interferire con la tradizionale pratica della pastorizia.