La sostenibilità, cioè la condizione che permette di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere lo sviluppo di quella successiva, non può che fare i conti con la demografia, da cui dipendono molte delle scelte attuali e future. L’analisi condotta a gennaio da Il Bernina sullo spopolamento della Valposchiavo e le riflessioni sulle statistiche demografiche (si veda l’articolo di Maurizio Zucchi del 25 agosto 2023) offrono molti spunti di riflessione e contribuiscono a far emergere elementi tipici di tutto l’arco alpino. Sono proprio le Alpi, o meglio, i Paesi alpini a monitorare stabilmente l’andamento demografico; in seno a Eusalp (www.alpine-region.eu) ci sono gruppi di lavoro che periodicamente producono studi e analisi. Il 2023 è un anno cruciale per Eusalp; per la prima volta la Confederazione e i Cantoni sono alla presidenza congiunta della Strategia Macroregionale Alpina, impegnati nella discussione dei tre temi trasversali: economia circolare, acqua, trasporti e mobilità. A ottobre, Bad Ragaz ospiterà Assemblea generale e Forum annuale, mentre il prossimo 31 agosto/1 settembre a Lugano si terrà la Conferenza su trasporti e la mobilità. (a Scuol, nel mese di giugno, si è tenuta la Conferenza sull’acqua; a Friburgo, a marzo, quella sull’economia circolare) Inoltre sono in corso i lavori di revisione della strategia; nel 2024, infatti, partirà il terzo programma di attuazione pluriennale (2024-2031) per la nuova Politica regionale (Npr), in cui l’attenzione, oltre che a industria/innovazione e turismo, si focalizzerà proprio sull’economia locale, che “integra l’orientamento alle esportazioni della Npr, allo sviluppo sostenibile e alla digitalizzazione.” (https://regiosuisse.ch/it/eusalp-futuro-comune-dello-spazio-alpino). In un contesto così dinamico, i giovani sono stati coinvolti offrendo loro l’Incubatore Next Generation, per ideare progetti di sviluppo regionale con approcci co-creativi.
Accanto alla contemporaneità ci sono gli studi più datati ma tuttora utili e stimolanti che offrono buone pratiche e scenari. Nel 2015 la Convenzione della Alpi pubblicò lo studio Cambiamenti demografici nelle Alpi – Relazioni sullo stato delle Alpi – Segnali alpini Edizione speciale 5 (www.alpconv.org), corposo quaderno che sintetizza gli studi del gruppo di lavoro congiunto Demografia e Occupazione con esperti da Austria, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Monaco, Slovenia e Liechtenstein, tuttora foriero di spunti di riflessione. Il cambiamento demografico delle Alpi è stato uno dei cinque ambiti di attività del programma di lavoro pluriennale 2011 – 2016 della Convenzione delle Alpi. Lo studio ha cercato di dare risposte a due domande tuttora attuali: come si possono affrontare i fenomeni demografici nelle Alpi? Come si possono influenzare i cambiamenti demografici al fine di mantenere abitate le aree alpine? La dovizia di dati (ancorchè del 2013 e 2014) merita di dare un’occhiata alle numerose tabelle che completano lo studio; proprio questa meticolosa raccolta di dati, per lo più a livello comunale, ha permesso al gruppo di lavoro di proporre dati confrontabili tra i vari Paesi e un quadro armonizzato delle Alpi. Ne è emersa una crescita demografica assai eterogenea, con distribuzioni influenzate soprattutto da topografia, altitudine, accessibilità, economia e ruolo del Paese di appartenenza. Le conclusioni del Gruppo di lavoro (2015) hanno evidenziato che, in linea molto generale, “la popolazione sta aumentando nella parte centrale e settentrionale delle Alpi, mentre sta diminuendo nelle Alpi orientali e in alcune zone del versante meridionale. Mentre il XX secolo è stato segnato da una netta differenza tra le Alpi tedescofone e quelle italiane e francesi, oggi si possono osservare differenze meno evidenti, ma maggiormente complesse.” Giusto per avere qualche dato complessivo, è utile ricordare che nel 2013 le Alpi contavano 14.232.088 abitanti, su una superficie di 190.717 kmq e la loro densità di popolazione era pari a 75 abitanti circa per kmq. (…)
Le Alpi, si legge ancora nelle Conclusioni dello studio, “ non sono più un’area prettamente rurale con una popolazione rurale, ma possono essere considerate attualmente come un’area di residenza prediletta dalle persone che desiderano abbinare i vantaggi delle infrastrutture urbane all’attrattività della natura incontaminata”. E ancora: “Nel decennio preso in considerazione in questa relazione il tasso medio di crescita della popolazione è rimasto positivo soprattutto grazie all’immigrazione, che ha acquisito un ruolo particolarmente importante. (…) Nell’intero spazio alpino, la popolazione straniera residente e pari a 94,7 residenti ogni 1.000, ma la situazione è molto eterogenea: il valore più basso – pari a 41,3‰ – si riferisce all’area alpina slovena (seguita dall’area alpina francese, con un tasso del 62,3‰), mentre sono il Liechtenstein (335,0‰) e la Svizzera (203,6‰) a registrare i livelli più alti.” Già nel 2015 era ben evidente l’invecchiamento della popolazione alpina con tutte le conseguenze legate ai modelli di assistenza e collegamento delle aree più isolate; al tempo stesso, nel 2015 come oggi, l’invecchiamento fa sì che si ridimensionino i servizi per i più giovani, a partire dalle scuole con un possibile cambiamento dei modelli di trasmissione culturale e sociale di cui è necessario tenere conto. Pur nell’eterogeneità di Paesi e territori, i territori montuosi si trovano a vivere decenni di profondi cambiamenti; i dati contribuiscono a fotografare l’esistente, offrono basi per l’elaborazione di scenari ma il futuro resta davvero in capo a chi vive i territori, chiamato a pensare (o ripensare) vocazioni e modelli, permeabilità dei territori e aree di influenza (a titolo di esempio, è notizia dello scorso 26 agosto, la firma del protocollo di intesa tra Livigno, comuni di S-Chanf e Zernez, Parco Nazionale svizzero, per portare il Trenino Rosso nel Piccolo Tibet).