Gabriela Menghini-Inauen candidata al Consiglio nazionale: Alla base di tutto sta il rafforzamento del federalismo

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In vista delle elezioni per il Consiglio Nazionale, in programma per il prossimo 22 ottobre, Il Bernina ha raggiunto gli 11 candidati grigionitaliani per proporre loro un’intervista. In questo articolo la parola passa a Gabriela Menghini-Inauen (UDC).

Buongiorno Gabriela, quali sono le principali sfide che il Grigioni Italiano e la Svizzera affrontano attualmente, e come pensi di affrontarle se venissi eletta nel consiglio nazionale?

Le principali sfide della Svizzera sono di garantire la sicurezza d’approvvigionamento energetico, di avere un’immigrazione controllata, di contenere i costi della sanità e di garantire la sovranità del nostro stato.

Per il Grigioni Italiano, essendo una regione periferica di un cantone periferico molto lontana da Berna, una delle maggiori sfide è quella di rafforzare il federalismo, perché con il federalismo abbiamo uno strumento in più per la difesa dei nostri interessi locali. Le competenze devono tornare ai cantoni o meglio ancora ai comuni. Cito solo un esempio: La nuova legge federale sulla pianificazione territoriale prevede in sintesi la riduzione delle particelle edificabili e delle zone artigianali in base allo sviluppo demografico previsto in una regione. Questa legge penalizza chiaramente le nostre regioni periferiche che devono già affrontare di per sé varie sfide rispetto ai centri urbani. Si tratta di un classico esempio di legge fatta a tavolino con mille algoritmi, tenendo conto delle esigenze urbane, ma danneggiando le zone con meno potenziale di sviluppo. Le danneggiano per almeno due motivi.
Il primo: ci negano l’opzione dello sviluppo e già questo è paradossale. Il secondo: ci impediscono di combattere lo spopolamento. Ci sono poi altre problematiche come l’autonomia cantonale nella gestione dei grandi predatori o le infrastrutture stradali delle regioni periferiche che non possono essere realizzate solo secondo i principi della centralizzazione. Anche il rafforzamento della formazione professionale gioca un ruolo fondamentale per le nostre regioni perché permette ai giovani di imparare una professione nella loro lingua madre e, inoltre permette loro di avere una prospettiva lavorativa nella loro regione linguistica e culturale e permette alle regioni periferiche di trovare la manodopera necessaria e di garantire il ricambio generazionale. Di altri temi da citare ce ne sarebbero un’infinità, ma alla base di tutto sta il rafforzamento del federalismo. In caso di elezione mi impegnerei per un aumento delle competenze dei cantoni e dei comuni e per una diminuzione della burocrazia il più possibile.

Quali sono le tue priorità politiche per rappresentare al meglio gli interessi dei residenti del Grigioni Italiano a livello nazionale?

Le mie priorità politiche sono i temi energia, traffico e formazione. Prima di tutto però serve urgentemente un rafforzamento del federalismo legato ai temi citati nella domanda precedente. A Berna la maggior parte dei parlamentari sono ormai politici di professione. Spesso non sanno cosa significhi dover lottare ogni giorno: per lo stipendio, per la formazione, per la lingua. La maggior parte dei politici di Berna proviene dalle città, perché è lì che si ottengono più voti se si deve essere eletti. Sono abituati ad avere una fermata del tram o del treno a 5 minuti dalla porta di casa. Se vogliamo che gli interessi dei residenti del Grigioni Italiano siano rappresentati a livello nazionale, serve sostenere i candidati che si impegnano per le esigenze delle periferie. L’UDC si impegna da sempre per queste esigenze.

La Svizzera è conosciuta per la sua politica di neutralità. Come vedi il ruolo della Svizzera nel contesto internazionale e come intendi contribuire a mantenere la sua neutralità?

Grazie alla sua neutralità, la Svizzera ha sempre avuto una politica credibile di buoni uffici, mediazione, commercio e aiuto umanitario. In passato la Svizzera ha anche avuto un ruolo preziosissimo di mediatrice di primo ordine per la pace del mondo. Questa neutralità è sopravvissuta per secoli ed è stata purtroppo messa a repentaglio in pochissimo tempo, con il risultato che nel mondo occidentale la Turchia ha assunto il ruolo di mediatore tra la Russia e l’Ucraina. La Turchia non è però un partner nel quale si identificano le democrazie del mondo. Se la Svizzera avesse rispettato la neutralità, ora potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel processo di pace tra Ucraina e Russia. E in questo discorso tanto complesso la nostra diplomazia potrebbe avvalersi meglio della presenza delle tantissime organizzazioni internazionali che hanno sede nel nostro Paese (p. es. ONU).

Quali sono le tue opinioni sulla gestione dell’immigrazione in Svizzera e come pensi che dovrebbe essere affrontata a livello del Grigioni Italiano?

A livello di Grigioni Italiano la situazione si presenta ben diversa. L’immigrazione è legata soprattutto al frontalierato che rappresenta una risorsa lavorativa indispensabile per le nostre regioni. A livello svizzero invece serve urgentemente una regolazione dell’immigrazione perché ogni anno arrivano in Svizzera 80’000 persone, numero che equivale a due volte la popolazione della città di Coira. Questa cifra non considera i richiedenti asilo che nel 2022 sono stati 100’000. Dal 2000 a oggi sono immigrate 1.5 milioni di persone. La massiccia immigrazione, che in percentuale è di molto superiore rispetto all’immigrazione in altri paesi europei, mette sotto enorme pressione vari ambiti del nostro sistema: aumento dei costi sociali, sovraccarico del sistema sanitario, pressione sul mercato immobiliare, infrastrutture stradali al limite, aumento del fabbisogno energetico ecc. Secondo uno studio del Dipartimento dell’Economia del Canton Zurigo, in media in Svizzera solo il 20% delle persone immigrate dal 2007 (piena libera circolazione delle persone con l’UE) lavora in una professione in cui c’è carenza di manodopera qualificata. Questo è anche uno dei motivi per cui il benessere della popolazione svizzera – misurato in termini di prodotto interno lordo pro capite – dal 2007 è praticamente invariato. Per questo serve urgentemente una politica migratoria orientata alle esigenze della Svizzera e della sua economia.

Qual è la tua posizione su questioni ambientali e sulle politiche per affrontare il cambiamento climatico? Cosa pensi che la Svizzera debba fare per contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico?

Un ambiente intatto porta qualità di vita e benessere. Ognuno di noi, sia come privato che come azienda, può dare il proprio contributo utilizzando le risorse disponibili in maniera responsabile. La Svizzera sta già dando l’esempio. Infatti, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente l’emissione di CO2 pro capite è stata ridotta del 37% negli ultimi 30 anni. Purtroppo, il dibattito sul cambiamento climatico è troppo ideologico e propagandistico, invece di concentrarsi su una politica energetica economica e rispettosa dell’ambiente e sulla sua attuazione pratica. Gli “Express” recentemente decisi in parlamento nazionale come pure la centrale elettrica di riserva a Birr nel Canton Argovia (che in caso di operatività consuma 70’000 litri di diesel all’ora!) sono purtroppo l’amaro risultato di una politica energetica fallita. Inoltre, proprio i partiti che proclamano la promozione delle energie rinnovabili combattono la realizzazione di progetti idroelettrici e solari. La Svizzera dovrebbe puntare nuovamente sul suo collaudato “mix elettrico” composto da energia idroelettrica, nucleare e nuove energie rinnovabili dove sensato per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico anche in futuro. In quest’ottica è anche assurdo che in Svizzera non si possa operare nella ricerca sul nucleare. Non lo si può fare in virtù dell’accettazione della strategia energetica. Chiaramente dobbiamo rispettare la volontà popolare, ma d’altro canto il parlamento, che ha il compito di adeguare le leggi, dovrebbe avere il coraggio di rivedere i grossi errori del passato e di proporre le necessarie correzioni. A mio modo di vedere la popolazione, con i tempi che corrono, potrebbe anche decidersi per il sì.

Come prevedi di collaborare con altri membri del consiglio nazionale per raggiungere obiettivi comuni e per il bene del paese nel suo complesso?

Costruire una buona rete di conoscenze tra i parlamentari e identificare dei denominatori comuni sono due premesse importanti che favoriscono sia la collaborazione sia il sostegno per i temi da portare avanti. Questa è la mia esperienza negli ultimi 15 anni di attività politica. Non dimentichiamo che la nostra tradizione di governare la cosa pubblica è basata su valori profondi come il rispetto delle minoranze, lo spirito collegiale degli esecutivi, la garanzia della concordanza.

Quali sono le tue esperienze e competenze che ti rendono qualificata per servire nel consiglio nazionale?

Il mio percorso politico è iniziato a livello locale con diverse cariche, prima nella commissione di gestione e nel parlamento regionale e poi nel parlamento comunale (Giunta) che quest’anno presiedo per la seconda volta. Nel 2018 sono stata eletta granconsigliera supplente e nel 2022 granconsigliera del parlamento retico. Ritengo che questo percorso, iniziato appunto a livello locale, oltre che alle mie esperienze lavorative in ambito energetico e alle mie conoscenze linguistiche, possano rappresentare un bagaglio solido per rappresentare il Cantone dei Grigioni nel parlamento nazionale.

Come intendi coinvolgere attivamente i tuoi elettori del Grigioni Italiano nel processo decisionale a livello nazionale?

E’ una mia ambizione personale di informare gli elettori regolarmente sui temi politici attuali e anche di cercare il dialogo con la popolazione per capire le loro esigenze e le loro preoccupazioni. Farsi sentire solo ogni quattro anni quando ci sono le elezioni non rispecchia il mio modo di fare politica. Al di là degli sforzi che ognuno intraprende per le sue relazioni, i membri UDC del Consiglio nazionale informano la popolazione del proprio cantone dopo ogni sessione parlamentare. Già questi sono quattro appuntamenti importanti. Poi c’è la presenza mediatica, a livello cantonale e ancora più a livello locale.