I confini cambiano per accordo politico (in effetti in latino, traducendo, la parola è composta da “limite” ma anche da “con”, dunque in accordo) e “manu militari” (Ucraina “docet”).
L’area di confine “può però essere soggetta a cambiamenti climatici ed eventi naturali e quindi il tracciato del confine in tal caso può essere modificato”, così ben sintetizza l’Ufficio federale di topografia (swisstopo) e precisa: “La linea spartiacque, che passa su campi perennemente innevati e ghiacciai a un’altitudine superiore ai 3’500 m, si è spostata nel corso degli ultimi decenni. Ciò è in parte dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. Dei 578 km di linee spartiacque tra l’Italia e la Svizzera, solo 40 circa si trovano su campi di neve o ghiacciai”. Viene anche aggiunto che il confine su terra e roccia potrebbe “cambiare, ad esempio durante una grande caduta massi”.
Oggi esiste un contenzioso, pacifico ovviamente, proprio sui confini alto alpini tra Francia e Italia sul Monte Bianco (vedi più avanti) e tra Svizzera e Italia sul Plateau Rosa in Valtournanche. Qui il rifugio “Guide del Cervino” si troverebbe per due terzi in Svizzera, a causa del parziale scioglimento del ghiacciaio. Questa la versione di Berna, da Roma invece si preferisce lo “status quo ante”. Comunque i negoziati sono in corso.
Questione dei confini tra Lombardia e Cantone dei Grigioni nel 1836 e nel 1863
Problemi confinari odierni, ma presenti anche in passato. La professoressa Cristina Pedrana sul Bollettino della Società Storica Valtellinese di quest’anno si occupa appunto della “Questione dei confini tra Lombardia e Cantone dei Grigioni nel 1836 e nel 1863”.
Seguiremo a grandi linee il racconto della studiosa bormina e presenteremo qualche passo dei documenti da lei raccolti . Però anticipiamo qualcosa che curiosamente smentisce la ben nota precisione della burocrazia lombardo-asburgica.
Nel 1836 nessun riformato vive in Valposchiavo
Il 19 settembre 1836 un documento (a firma illeggibile!) presenta la situazione confinaria in cinque aree del nostro quadrante. Ci interessa qui la prima, così intitolata: “Esame del contestato confine tra Tirano Poschiavo e Brusio e proposizione di componimento”. La presentazione termina così: ”Per una maggior notizia della Superiorità si crede opportuno di qui avvertire che la popolazione costituente i due Comuni Grigioni di Poschiavo e di Brusio è tutta cattolica”. Di seguito viene precisato (!) il numero delle “anime sotto la Parrocchia di Poschiavo e sotto quella di Brusio” e che “le dette due Parrocchie sono soggette alla Diocesi di Como, il cui confine raggiunge la sommità del monte Bernina”.

Seguiamo per sommi capi il racconto di Cristina Pedrana
Nel 1836 il Direttorio Federale Svizzero propose di rivedere e rettificare i confini tra il Cantone dei Grigioni e la Lombardia (allora parte dell’Impero degli Asburgo e poi dal 1861 del Regno d’Italia) per eliminare le controversia esistenti.
Situazioni difficili erano soprattutto tra Tirano e Brusio, ma anche tra Villa di Chiavenna e Castasegna, in Val di Lei verso il fiume Avers e sul passo dello Spluga
La proposta di revisione presentata dalle autorità svizzere il 15 aprile 1836 venne accolta con favore dal governo austriaco; sembrava infatti una buona occasione anche nell’ottica di due possibili scambi di territori: in previsione della costruzione della strada dalla Val Bregaglia al confine austriaco, era probabile che ai Grigioni servisse una fascia di terreno nella zona del difficile passaggio di Martinsbruck; essendosi poi affacciata l’ipotesi di far passare la strada dello Stelvio, anziché sul passo omonimo, sul passo Umbrail, lungo la Val Muranza e la Val Monastero fino a Tubre, sarebbe stato necessario ottenere dai Grigioni almeno una parte delle due valli. Ci si era infatti resi conto dei pericoli, delle continue difficoltà e delle conseguenti grandi spese che la manutenzione della strada sullo Stelvio comportava. Com’è noto e provato non si arrivò a scambi nell’area Stelvio.
Passo finale: Convenzione tra Italia e Svizzera del 27 agosto 1863
“Nel fabbricato costruito dal Governo italiano, inserviente attualmente di posto di guardia ad un picchetto di bersaglieri e di alloggio ai doganieri, elevato presso alle rovine del castello di Piattamala, nei secoli scorsi costrutto da Lodovico il Moro e abbattuto dai Grigioni, si sono riuniti i Commissari italiani nelle persone dei Signori…”.
Ci siamo. La questione, per quanto riguarda il Tiranese e la Valposchiavo, fu divisa in tre parti: 1) determinazione del confine vicino al castello di Piattamala, 2) questione dell’alpe Pescia, 3) questione del confine verso Bianzone.
Venne deciso che un termine di confine datato 1809 posto sulla sinistra della strada “alquanto inferiormente alle rovine del castello”, fosse spostato più avanti verso nord, in modo da lasciare le rovine del castello in Italia. A destra la linea di confine saliva al Sasso del Gallo, a sinistra saliva al Sasso della Cuna o Lunghina, e da lì al Combolo.
Lo scambio delle ratifiche avvenne per l’Italia il 18 giugno 1865 e per la Svizzera il 1 maggio 1865.

Per finire: “Questione Francia Italia sulla vetta del monte Bianco”
“Nel silenzio generale, la Francia ha spostato i confini di Stato con l’Italia: hanno fatto rientrare in territorio francese la vetta del Monte Bianco.
Fratelli d’Italia non intende accettare tutto questo. C’è un limite al servilismo nei confronti della Francia e farci derubare del Monte Bianco è davvero troppo.
Siamo pronti a ogni tipo di azione per ripristinare la legalità internazionale, difendere i nostri confini e i nostri interessi nazionali”, così la onorevole Giorgia Meloni il 19 ottobre 2020.
Affermazione smentita da Roma e da Parigi.