Kaspar Howald ci racconta il suo nuovo incarico a Grigioni Cultura

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Kaspar Howald dopo un decennio lascerà a breve la direzione di Valposchiavo turismo per una nuova avventura: è stato infatti scelto come direttore di Grigioni Cultura, un neonato organismo che mira a estendere nel settore culturale l’offerta turistica grigionese. Il Bernina lo ha raggiunto per un’intervista che traccia un bilancio degli anni alla guida di Valposchiavo turismo e, parallelamente, getta uno sguardo sul suo futuro incarico.

Buongiorno Kaspar, in cosa consiste questo tuo ruolo nuovo? Al di là dei comunicati stampa forse molti non conoscono ancora Grigioni Cultura…
Il mio ruolo è quello direzionale. Quanto a Grigioni cultura, si tratta di un’organismo che mira a tematizzare d più il fattore cultura come motivo di viaggio per venire nel Cantone. Si vuole, in sintesi, proporre il Grigioni come una destinazione di turismo culturale nelle Alpi. Dal punto di vista della struttura, l’organizzazione ha quindi la forma di un’associazione composta da Graubünden Ferien, IKG (Istituto per la Ricerca sulla Cultura Grigioni), il centro di ricerca per il turismo e lo sviluppo sostenibile di Wergenstein e il marchio Graubünden. Uno dei primi scopi di Grigioni Cultura è di mettere in rete i diversi attori del mondo del turismo e quello della cultura che spesso non parlano la stessa lingua. Non sarà in ogni caso un’altra entità a cui riferirsi per un sostegno finanziario a progetti culturali esistenti.

Come è nata in te la voglia di questa nuova sfida?
Dopo dieci anni alla direzione di Valposchiavo Turismo e alle soglie dei cinquant’anni, penso che sia venuto il momento di fare qualcosa di diverso. Mi sono detto: ora o mai più.
Già da un anno ho iniziato a seguire lo sviluppo del progetto di Grigioni Cultura e devo dire che mi ha sempre intrigato. Ho pensato più volte a come poter collaborare, anche come Valposchiavo Turismo. Poi, un giorno, ho visto il bando per la direzione e ho deciso di partecipare, di mettermi in gioco.

Il campo di interesse del nuovo progetto ha giocato un ruolo?
Certo, nel senso che sto un po’ ritornando alle mie radici. Prima di venire a Poschiavo mi occupavo principalmente di cultura. Il mio ambito di esperienza è stato soprattuto quello internazionale: prima l’Istituto svizzero e l’Istituto di cultura e scienza Svizzera a Roma e poi il Goethe Institut, sempre a Roma dove mi sono occupato di coordinare  i programmi culturali.
Il fatto che ho deciso di venire a Poschiavo era anche legato in parte al mio interesse per la cultura: non è la classica località dove si trova l’offerta di turismo invernale, impianti sciistici e intrattenimento. La cultura gioca un ruolo fondamentale nell’attrattività turistica della Valposchiavo.

Cosa significherà il tuo impegno per il turismo culturale: vi occuperete di ciò che già c’è o penserete a qualcosa di nuovo?
Posto che, naturalmente, è prestissimo per parlarne, diciamo un po’ tutte e due le cose. Prima di tutto sarà necessario vedere cosa c’è e quindi su che cosa costruire qualcosa di nuovo. Credo che si debba essere contenti del fatto che l’offerta culturale nel Cantone dei Grigioni sia molto vasta. Forse è anche un po’ insito in un Cantone con tre lingue, una storia complessa, edifici e monumenti che la ricordano. Ma anche le iniziative contemporanee non sono da meno: penso a Origen o all’Orchestra filarmonica da camera. Anche una parte dell’enogastronomia gioca un ruolo nella cultura. Il compito che mi spetta ora è quello di valorizzare questa ricchezza. Una cosa che ho capito è che, talvolta, c’è poco contatto tra attori culturali e turistici. Magari in Valposchiavo, per la dimensione più contenuta, c’è più scambio e comunicazione, ma nel resto del Cantone la distanza è maggiore.
Si tratta di capire quali sono le specificità di una cultura grigionese, alpina che non può competere negli eventi con le grandi città ma può supplire in creatività e soluzioni originali. Potrei di nuovo fare riferimento a Origen e alla sua torre; però, per esempio, a livello locale mi riferisco a iniziative come la Festa Danzante e i Giardini incantati, agli spettacoli al Punto rosso: la carenza di strutture con funzione specificamente culturale ha portato la cultura a trovare con creatività nuovi spazi.

Torniamo nei confini della Valposchiavo. C’è del dispiacere nel lasciare Valposchiavo Turismo?
Certo, perché non è solo un lavoro ma anche un ruolo sociale: diventi il punto di riferimento di una comunità ed è difficile lasciarlo dopo dieci anni così intensi! Ci ho messo impegno ed energia. Allo stesso tempo, tuttavia, avevo voglia di farlo prima che fosse troppo tardi per provare qualcosa di nuovo

Quali sono le migliori eredità che ti ha lasciato questo lavoro?
Senza dubbio ho imparato l’importanza della collaborazione transettoriale. Vengo ora da un lavoro con la Commissione marchi, che ne è un esempio. È una commissione composta da rappresentanti del turismo, dell’agricoltura, dell’artigianato e commercio e dello sviluppo regionale. Con loro si discute di tematiche che toccano tutta la valle a 360°. Posso immaginare che questo mi mancherà in futuro perché avrò un compito più ristretto e specifico.

Il comunicato che riguardava il tuo addio diceva che non lascerai la Valposchiavo…
Esattamente. Certo ci saranno degli spostamenti, che non sono però nulla di nuovo: anche ora, una o due volte la settimana mi capitava di essere a Coira o in altra regione, ma la base sarà qui: vorrei svolgere questo ruolo molto consapevolmente con una prospettiva della periferia. In un Cantone così vario e vasto, portare dentro il progetto questa prospettiva credo che sia importante e possa essere un arricchimento. Naturalmente un ruolo importante lo giocano anche i legami personali, affettivi e familiari.

Prima accennavi del tuo periodo di carriere a Roma: è stato difficile riadattarsi alla dimensione del paese?
Beh, io in un paese ci sono nato e neanche quando ci sono tornato è stato un problema. Anche perché Roma era molto stancante a livello lavorativo: per esempio gli spostamenti erano molto complessi. Tornato qui, una delle cose a cui pensavo spesso all’inizio era come fosse facile avere tutto vicino e a portata di mano e quante più cose si riuscissero a fare in un giorno azzerando le distanze. Anche mia moglie era un po’ stanca della città ed è stata contenta di tornare in campagna. Poi, quello che ho capito con il tempo è che qui in Valposchiavo la situazione è ancora più particolare: si tratta di un mondo a sé perché il posto dove si vive è anche quello dove si svolgono le altre attività, dal tempo libero al lavoro.

La tua attenzione al turismo culturale avrà anche un carattere intercantonale e transfrontaliero?
I passi, come luogo di comunicazione, ci caratterizzano e ci contraddistinguono: indubbiamente si terrà sempre conto anche di questo aspetto di confine.

Fino a quando resterai a Valposchiavo turismo e come avverrà il passaggio di consegne?
Rimarrò fino a fine aprile… Con la speranza che all’inizio dell’anno prossimo già arrivi qualcuno. Prima troviamo una soluzione meglio è, sia per Valposchiavo turismo che per il lavoro nuovo che devo intraprendere. Idealmente, diciamo, a inizio anno prossimo arriverà qualcuno di nuovo.

Il “venire da fuori”, per te, è stato un limite o una ricchezza?
Credo in realtà che mi abbia facilitato il lavoro, perché non avendo legami familiari ero sempre percepito super partes e ciò ha aiutato tanto anche a livello di libertà di movimento. Poi aiuta anche uno sguardo esterno. Spesso dall’interno non si vedono le ricchezze e le bellezze sulle quali puntare, perché ci se è abituati.

Trovare il prossimo direttore di Valposchiavo Turismo sarà difficile?
Mi auguro di no, ma onestamente… Chi lo sa? Nel turismo è difficile spesso trovare la persona giusta per il posto giusto, ci vuole anche fortuna.

Un’ultima cosa: come ti immagini il turismo della Valposchiavo in futuro?
Mi immagino un tipo di turismo basato su sostenibilità, in ogni senso, non solo ecologica, ma anche economica e sociale. Che è riuscito ad attrarre anche persone che scelgono la Valposchiavo come luogo per vivere e non solo per le vacanze. Non si tratta di aspetti disgiunti. Magari si dovrebbe ancora rafforzare lo sviluppo regionale, in termini di servizi offerti e di qualità di vita per rendere la valle più attrattiva. Se si riuscirà, la Valposchiavo ha un buon futuro davanti a sé. Sono convinto che le zone periferiche alpine potranno essere davvero interessanti nel futuro anche come alternativa ai centri urbani.

Maurizio Zucchi
Collaboratore esterno