Prima invernale della traversata Roseg • Scerscen • Bernina: 54 anni fa

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Questo, cronologicamente, l’andamento della “prima invernale Roseg • Scerscen • Bernina” conclusa domenica pomeriggio 29 dicembre [siamo nel 1969, n.d.r.] da quattro scalatori valtellinesi del gruppo alpinistico “Rezia”: Antonio Forni, Pietro Ghetti, Franco Gugiatti e Carlo Pedroni.

24 dicembre, vigilia di Natale.

Partenza da Sondrio per Campo Franscia. Con una marcia di otto ore i quattro scalatori arrivano alla Capanna Marinelli e dormono presso il bivacco invernale.

25 dicembre, giorno di Natale.

Marcia di avvicinamento all’attacco del Roseg lungo il ghiacciaio dello Scerscen Superiore. Inizio dell’ascensione lungo la via normale. Sulla cima del Roseg effettuano il primo bivacco notturno a 30 gradi ventosi sotto zero.

26 dicembre, giorno di S. Stefano.

Il primo colpo di scena della traversata. Di prima mattina i quattro alpinisti coprono in discesa un dislivello di 800 metri percorrendo il difficilissimo canalone Marinelli ed effettuando, anche qui, una “prima invernale”: cinque ore il tempo impiegato.

Tutti a chiedersi: perché non sono passati in cresta verso il Piccolo Roseg? Non funzionano i collegamenti radio. Da Sondrio partono alcuni alpinisti del Rezia e raggiungono la Capanna Marinelli dove seguono con i binocoli. Si parla di ritiro.

Dopo la discesa del canale, arrivati sul ghiacciaio, Forni, Ghetti, Gugiatti e Pedroni sono spariti alla vista. Si pensa stiano camminando verso il rifugio Marco e Rosa. Al contrario si stanno portando verso Porta Roseg dove pongono il secondo bivacco.

27 dicembre giorno di S. Giovanni.

Inizia la parte centrale della traversata. I quattro risalgono il canalone dello Scerscen e alle ore 13 sono sulla crestina di neve che porta alla cima. Gli scalatori vengono seguiti dal Monte Motta con i binocoli. Nel primo pomeriggio viene effettuata l’ascesa della cima Scerscen e la sera viene posto il terzo bivacco, senza tenda perché non c’é sufficiente spazio. Il cielo si va coprendo, fa la sua apparizione la nebbia e cade un po’ di neve.

28 dicembre, S. Innocenti, giornata conclusiva.

I quattro alpinisti attraversano in fila indiana l’ultimo tratto di cresta che porta alla vetta del Bernina. Vengono osservati dal Motta mentre corrono sul crinale in cima alla direttissima poco dopo mezzogiorno. Alle 15 sono sulla cima.

Alle 20.30 sono in Marinelli.

«È la vittoria», così Aldo Parolo sul settimanale “Valtellina Sport”.

Del quartetto manca oggi all’appello Carlo Pedroni morto per una pietra che l’ha colpito in fronte, nonostante il casco, durante una scalata sul Pizzo Badile.
Antonio Forni e Franco Gugiatti ci aiutano a ricordare alcuni particolari dell’impresa.

«Come è stata la preparazione?»

«Venti bivacchi di allenamento effettuati un po’ dovunque: Piasci, Boirolo, Campo Franscia, due sere la settimana in palestra. L’equipaggiamento studiato nei dettagli fin da giugno e sperimentato in numerose ascensioni in quota compiute nell’estate. Quindi conoscevamo perfettamente il terreno e siamo stati aiutati dal bel tempo, almeno all’inizio».

«I materiali?»

«Erano i migliori del tempo. Però la radio ci ha tradito, la macchina fotografica ha funzionato a tratti, le pile pure, le tende troppo piccole ad un certo punto le abbiamo abbandonate. Per il resto…tutto bene!»

«Momenti critici?»

«Due.

Il 26 ci siamo accorti che non era assolutamente possibile risalire il Piccolo Roseg. C’era un lastrone di ghiaccio che non è stato possibile scalfire con la piccozza. Per forza maggiore abbiamo dovuto discendere per 800 metri il Canalone Marinelli, per poi risalire nella stessa serata parte del canale che conduce a Porta Roseg dove abbiamo bivaccato.

Domenica 28 siamo stati investiti da una bufera di neve accompagnata da raffiche di vento, specie in cresta al Bernina che era in condizioni molto brutte, anche perché era molto innevata. Estrema attenzione è stata richiesta dai passaggi a nord, pochi per la verità, perché erano completamente ricoperti di lastroni di ghiaccio».

«Un’ultima curiosità. Rileggendo le cronache si parla di grande segretezza nella preparazione della vostra impresa. Si è scritto che una cordata svizzera, non meglio precisata, era sulle vostre piste. E c’è una vostra fotografia con un elicottero elvetico in volo sopra di voi: sarà stato inviato appunto dal SIC elvetico?»

«Era solo il nostro modo di scherzare. Dovevamo tenerci su. La nostra è stata comunque un traversata lunga, dura e sempre condizionata dal tempo. In ogni caso a noi risulta che è stata ripetuta una sola volta, da alpinisti ticinesi guidati dall’espertissimo Romolo Nottaris».

«Sempre sulla questione segretezza: a leggere la cronaca di Marino Balsimelli su “Il Giorno”, voi siete stati accolti con “centinaia di berretti lanciati al cielo dagli amici”. Tenere un segreto per centinaia di persone sarà stata dura».

«Ma no, ma no, esagerazioni giornalistiche per puro entusiasmo!».