Venerdì 14 giugno sono stati inaugurati in Sala Tor la mostra del Museo poschiavino “Pasticcieri – Avventure valposchiavine in Europa” e il percorso audiovisivo “Storie di casa. Uno sguardo oltre le facciate” (iStoria – Archivi fotografici Valposchiavo e Valposchiavo Turismo).
«È un momento felice per la Cultura nella Valposchiavo».
Moreno Raselli, Presidente della Fondazione Musei Valposchiavo, apre con questa frase il suo intervento, volto a segnalare un particolare momento di cooperazione tra valposchiavini e persone di provenienze esterne alla Valle, unite dal comune intento di dare al territorio un contributo positivo. L’eredità dell’epopea dei pasticceri che la Valposchiavo ha in dote, spiega Moreno Raselli, è certamente unica, altra cosa però è riuscire a valorizzarla, riattualizzarla e rendere questo pezzo di storia fruibile per i cittadini e per i turisti.
L’idea di rievocare questo periodo storico e, in qualche modo, di impiegarlo anche per un festival non deve far pensare però che si voglia offrire solamente una mera fonte di intrattenimento, seppur colta e interessante.
Daniele Papacella, storico e giornalista, curatore di questa per lui ottava mostra al Museo Poschiavino, spiega che «Poschiavo senza pasticceri non sarebbe la Poschiavo che noi oggi conosciamo». Evidentemente, quindi, la questione non è semplice come appare. Il fenomeno dell’emigrazione in Europa da parte di uomini che hanno incontrato la propria fortuna attraverso la pasticceria è prettamente grigionese. Ma a Poschiavo, più che altrove, questo fenomeno ha avuto dirette ripercussioni sociali, culturali ed economiche. Non è possibile, infatti, trovare nella fascia alpina, una strada paragonabile alla Via di Palaz. Nell’impianto urbanistico ideato da Tommaso Lardelli, i palazzi disegnati in stile neoclassico dall’architetto vicentino Giovanni Sottovia e commissionati dai pasticceri di ritorno in Valle dopo aver trovato ricchezza in Spagna, da un lato rappresentano la formazione di una classe borghese; dall’altro, per chi riesce a coglierlo, come lo scrittore Wolfgang Hildesheimer, sono caratterizzati da un’estetica addirittura ‘glassata’ e ‘pasticciera’. Nel 1834, dopo l’alluvione, è stata costruita la piazza centrale per come oggi la conosciamo: frutto del confronto degli emigrati con paesi e città diverse, era prima solo un semplice crocevia delle strade del paese. Nel 1825 è stata aperta la scuola riformata, per un’educazione pubblica d’avanguardia. Poschiavo, inoltre, vanta anche di essere stato uno dei primi paesi in Svizzera con strade illuminate dalla corrente elettrica. Non solo: gli emigrati di ritorno hanno anche fondato la banda, la compagnia filodrammatica e contribuito, nel 1852, alla nascita del settimanale Il Grigione Italiano, presso l’allora stamperia dei fratelli Ragazzi. Questi elementi segnano visibilmente una svolta economica e sociale che ha lasciato eredità tutt’ora tangibili.
Kaspar Howald, direttore del progetto, precisa che l’obiettivo di questo evento è un’offerta culturale che permetta di attrarre non solo turismo ma anche residenti. «Il progetto è stato esemplare per quanto riguarda la collaborazione fra operatori culturali e turistici» che hanno lavorato insieme anche per un impatto economico di ritorno. Il target è quello di chi cerca un’alta qualità della vita, in una comunità in sintonia con la propria storia e che sappia valorizzarsi.
Il Podestà Giovanni Jochum ha sottolineato, nel suo intervento, quanto sia essenziale per una piccola comunità questo genere di attività culturale, che è tutelata, sostenuta e finanziata attraverso la legge comunale per la promozione della cultura: in particolare attraverso l’art. 1 “il Comune di Poschiavo riconosce l’importanza della cultura come parte integrante della vita sociale locale”, l’art. 2 “i criteri di valutazione per attribuire un contributo comunale sono: l’accessibilità per il pubblico; il coinvolgimento della popolazione e/o la qualità della proposta”, e l’art. 7 “il Comune di Poschiavo sostiene annualmente al massimo un progetto di prestigio che ne promuova l’immagine culturale e turistica a livello nazionale ed internazionale”.
L’inaugurazione è stata aperta con un estratto dei “Sussurri dal passato”, storie scritte e lette da Begoña Feijoo Fariña con l’accompagnamento musicale di Federico Maio. Questo estratto ha ricostruito una trama ideale di corrispondenza epistolare fra due donne, parenti, legate da un profondo sentimento di affetto teso tra la Valposchiavo e l’Australia. Le parole scelte e pronunciate da Begoña Feijoo Fariña condensano nell’aria innumerevoli emozioni e sentimenti. Ma questa ideale ricostruzione epistolare, oltre a suscitare in noi una maggiore vicinanza col passato, ha anche un altro scopo. La storia non è solo una successione di avvenimenti e non è solo ciò che questi avvenimenti hanno determinato. La storia è anche il modo con cui si racconta il passato e, a questo, si restituisce un senso. È ciò a cui si comprende di essere, in qualche modo, assoggettati, e che contribuisce a costruire le nostre identità. E che forse per questo, ci chiede in cambio una responsabilità. La Valposchiavo, allora, sembra essere ben responsabile verso la propria storia. Ma chissà quante altre ‘successioni di eventi’ sono accadute, senza che noi le si racconti e le si chiami storia. Già fare i conti con questa questione significa essere sulla buona strada e per questo Sala Tor, venerdì, è stata completamente riempita di partecipanti.