Non tutte le persone possono essere descritte da una semplice definizione. Difficile, ad esempio descrivere con un solo termine l’attività culturale e intellettuale di Begoña Feijoo Fariña: scrittrice, attrice, drammaturga, regista e organizzatrice teatrale. Sarà che Begoña non è il tipo da farsi racchiudere, o forse rinchiudere, dalle parole. Se mai con le parole si gioca nel teatro e nella prosa. Poco tempo fa, dal suo profilo di Facebook, alcuni di noi hanno scoperto le sue poesie. La abbiamo perciò intervistata per saperne di più. A questo link è possibile leggere i componimenti in versi di Begoña su “Fluire”.
A riprova della presentazione che sopra facevamo di Begoña, nel periodo intercorso tra l’intervista e la sua pubblicazione è accaduto qualcosa di cui non possiamo fare a meno di dar conto. Pro Helvetia le ha infatti riconosciuto una borsa di creazione letteraria. 12 i progetti (sui 98 proposti) che hanno ricevuto l’ambito sostegno. Si tratta (caso piuttosto raro) della seconda volta che riceve la borsa di creazione e per di più in soli sei anni! Nel caso precedente, il progetto era poi sfociato nel romanzo “Per una fetta di mela secca”. Da noi contattata, Begoña ci ha detto che al momento il tutto è ancora in una fase embrionale, tuttavia si tratterà di un testo sull’elaborazione del lutto che avrà in parte la forma del romanzo e in parte della prosa poetica.
Da quanto è iniziata la tua passione per lo scrivere poesie? E come sei arrivata alla pubblicazione?
In realtà da molti molti anni, ma per molto tempo non mi sono presa sul serio. Cioè non pensavo che le mie poesie interessassero agli altri, che ne potesse valere la pena. Le ho scritte e poi sono rimaste chiuse nel cassetto a lungo.
A questa pubblicazione sono giunta con due motivazioni distinte eppure importanti. Da un lato, infatti, ho appena finito di scrivere il mio primo testo in spagnolo e si tratta di un romanzo in versi, che come mezzo espressivo (non come prodotto finito perché, appunto, in questo caso è un romanzo) si avvicina alla poesia.
C’è però dell’altro. Il mio ultimo testo pubblicato è del 2020 e guardandomi alle spalle sono ormai passati quattro anni: ho cominciato a chiedermi se come autrice io esistessi ancora.
Perciò, mi sono rimessa a lavorare su queste poesie e ho deciso di provare a pubblicarle.Nel frattempo ho ricevuto anche parere di un caro amico poeta che le ha lette e mi ha incoraggiata a proseguire su questa strada.
Un’altra persona importante è stato Mauro Valsangiacomo, editore della rivista online “Fluire” (Alla chiara fonte editore). Lo conosco da tempo, ero sua allieva alle scuole medie, così gli ho scritto ed è stato subito entusiasta dell’idea di una pubblicazione, anche se non si ricordava della me di 35 anni fa…
Si tratta di una rivista a pagamento o gratuita?
Si tratta di una rivista online e il contenuto è totalmente gratuito. Per gli amanti della carta, però, il pdf è strutturato in modo che si possa stampare e costruirsi un libretto.
Come hai scelto le poesie?
Tanto per cominciare mi sono chiesta: “Cosa posso pubblicare?” Ho cominciato a escludere quelle che appartenevano a progetti definiti e più grandi, e tra le rimanenti ho individuato due sezioni: una prima, più astratta, e una seconda dedicata invece più al quotidiano. Entrambe le sezioni finiscono con un punto interrogativo, perché la vera risposta, spesso, è una domanda.
Si crea così a mio parere anche un maggiore coinvolgimento del lettore, che è portato a interagire con i testi.
E adesso? Attendiamo il libro in versi come prossimo lavoro?
Beh, se stiamo parlando dello spagnolo sì, ma se parliamo dell’italiano… Vediamo se si tratterà di versi! Il lavoro che si deve fare sulla poesia, complesso dal punto di vista intellettuale ed emotivo, richiederebbe una residenza, ma al momento non riesco né a staccare, né a delegare o liberarmi, perciò per ora dovrò accantonarlo.
Che io sappia, però, non stai lavorando solo al testo in spagnolo, in realtà…
In effetti c’è dell’altro: un altro romanzo in italiano e – credo tu ti riferisca a quest’ultima – una pubblicazione sui musei etnografici della Valposchiavo, che in parte sarà anche in versi, a cui ho lavorato con la poetessa Laura Di Corcia.
Perché allora ti sei occupata di poesia in questo caso?
Perché negli ultimi anni, con l’organizzazione della rassegna teatrale e ancor di più con il Festival, la mia vita è cambiata molto. Ho meno voglia di parlare e allora ecco che la poesia propone meno parole per narrare la stessa situazione di quelle che userebbe un romanzo o in generale la prosa. Inoltre, mentre tutti cercano gli elementi autobiografici e biografici in un romanzo e più in generale i riferimenti al reale, la poesia è più asciutta e l’interpretazione più soggettiva.
Ho iniziato in punta di piedi e con un po’ di paura. Può sembrare incredibile ma per otto brevissime poesie la fase di finitura e cesello è impegnativa quasi quanto quella di un romanzo.
Quando sono state scritte le poesie?
La prima parte tra il 2014 e il 2021, quindi in parte prima del mio trasferimento in Valposchiavo, mentre la seconda parte è dell’agosto 2018.
A distanza di anni, dicevi, i testi si cambiano?
Credo sia qualcosa di soggettivo. Io le mie poesie le ho cambiate davvero tanto, le ho torturate, per usare un termine forte.
Che interazione c’è stata tra il lavoro performativo e la poesia?
Diciamo che il mio lavoro teatrale mi ha permesso di imparare a comporre parole che fossero anche adatte a una lettura ad alta voce. La mia prosa contiene già una caratteristica poetica, per cui forse ero sulla buona strada già prima. Per me, il modo giusto per compiere una verifica resta sempre quello della lettura fisica ad alta voce.
Se dovessi scegliere un poeta di riferimento per te tra quelli dell’ultimo secolo?
Uno solo è troppo poco, ce ne sono diversi, potrei dirti Ágota Kristóf, Federico Garcia Lorca o anche Jolanda Insana, per motivi diversi ma ugualmente importanti.