Il 24 giugno di centocinquant’anni fa, a Solferino, non lontano da Mantova, fu combattuta una battaglia che coinvolse circa trecentomila soldati, francesi e austriaci. Fu una carneficina: oltre quarantamila tra morti e feriti. Testimone di quello scontro, un giovane ginevrino, Henri Dunant. Il giorno dopo, con alcune donne, Dunant cominciò a soccorrere i feriti, abbandonati al loro destino, sofferenti e privi di cure.
Tre anni dopo
Nel 1862, Dunant pubblicò un libro intitolato: Un ricordo di Solferino. La domanda con cui si conclude, racchiude lo scopo per cui fu scritto: “Perché non creare, in tempo di pace, un’organizzazione di volontari che si prepari a curare i feriti in tempo di guerra?”. Il resoconto delle sofferenze provocate dalla battaglia portò alla creazione della prima organizzazione non governativa: il Comitato internazionale della Croce Rossa. Un ricordo di Solferino permise allo stesso tempo di formulare il moderno diritto umanitario in caso di guerra.
Nascita della Croce Rossa
Nel febbraio 1863 un comitato composto da cinque persone, tra cui Henri Dunant, fondò la Croce Rossa. E il 22 agosto 1864, rappresentanti di dodici stati firmarono la “Convenzione per la cura dei soldati feriti sul campo di battaglia”. Fu quella la prima convenzione internazionale e il primo atto della Croce Rossa.
Dalla polvere alla celebrità
Da qui in poi si possono distinguere due vie: quella dell’evoluzione della Croce Rossa, e quella personale di Henri Dunant, coinvolto dapprima nel crack finanziario delle sue imprese economiche, quindi scacciato dal comitato della Croce Rossa, e infine vagabondo, per oltre vent’anni, attraverso l’Europa.
L’ultimo rifugio di Dunant fu il villaggio appenzellese di Heiden. È lì che un giornalista lo scovò, nel 1895, pubblicando poi un articolo intitolato: “Il fondatore della Croce Rossa è ancora vivo!”. Pochi anni dopo, nel 1901, Henri Dunant fu insignito del Premio Nobel per la pace.
Una parabola moderna
Quella di Dunant è una vicenda che parla di coraggio e di sensibilità per gli esseri umani, ma anche di solitudine e di delusioni per l’impossibilità di sconfiggere la guerra. Una storia che racchiude anche un fatto, poco noto, che merita tuttavia di essere ricordato.
Quando Henri Dunant fondò la Croce Rossa, affermò di essersi ispirato al lavoro di Florence Nightingale. Presentata al pubblico dell’epoca, dal «Times» di Londra, come “l’angelo che anche di notte veglia e assiste”, Florence fu un’infermiera inglese che dapprima riorganizzò l’assistenza medica dell’esercito britannico durante la Guerra di Crimea, e successivamente rivoluzionò la sanità militare e aprì, in Inghilterra, una scuola per la formazione delle infermiere. Dobbiamo dunque anche a lei la nascita della Croce Rossa.
Nel 1957 frequentavo la classe quinta elementare. Era consuetudine didattica presentare a noi allievi i cosiddetti “Medaglioni”, ovvero brevi biografie di personaggi illustri, per esempio Garibaldi e Marconi, Marie Curie e l’accoppiata Nightingale-Dunant. Ovviamente di quest’ultimo si citava anche il riconoscimento del Nobel, ma non le sue traversie.