Giardino, testimone del tempo

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Martedì 20 agosto, in un locale a pianoterra del palazzo de Bassus-Mengotti, si è aperta una mostra molto particolare. Non ci sono stati annunci, non c’è stato vernissage, solo un passaparola via whatsapp, poi semplicemente si è aperta una porta e spalancata una finestra.
Una modalità inconsueta per inaugurare un’esposizione: nessun clamore, nessun invitato illustre, ma tanta delicata poesia.
Ci sono arrivata per caso, trascinata da un’amica che sapeva dell’evento e ne sono rimasta incantata.

L’artista è Moona Alma, giovane donna arrivata a Poschiavo dall’Ucraina due anni fa. La guerra non le ha portato via la voglia di creare bellezza, di trovare poesia nelle piccole cose, di vivere l’arte come mezzo di comunicazione in attesa che una lingua nuova diventi famigliare.
Il titolo di questa sua esposizione è “Giardino, testimone del tempo”. Ed è davvero una specie di giardino dell’anima quello che si presenta appena varcata la soglia della stanza al pianoterra del Museo Poschiavino.

Tutto è partito da un vecchio paravento di Andrea Lanfranchi, talmente consumato dagli anni da non poter più esser restaurato e neppure utilizzato. Ma l’artista, in quelle stoffe logorate dal tempo, ha intuito una storia, forse ne ha percepito una sorta di anima, e ha saputo dar loro una nuova vita. Dentro vecchie cornici, creando dei collages, ha riproposto i delicati ricami di quella seta giapponese, tendendoli e dando risalto alla trama di quel tessuto ormai consumato e quasi trasparente. In un’istallazione, direi di “arte povera”, ha impreziosito questi suoi delicatissimi collages appendendoli a delle reti di armatura, tenute in piedi da pezzi di legno, macerie di mattoni e sabbia. I quadri così appesi sono guardabili dal davanti e dal di dietro, rivelando trasparenze sorprendenti. Nel paravento originale, a rinforzar la delicata seta giapponese, c’erano anche strati di fogli di giornale, scritti in giapponese. Pure questi sono rinati dentro i quadri di Moona Alma, e sono lì ora a raccontare una nuova storia.
Ai piedi delle reti di armatura, infilzati nella sabbia umida, spighe di graminacee, fili d’erba, fiori secchi sembrano inventare un vento che non c’è e regalano all’ambiente una leggerezza magica. Quelle spighe, così umili nei loro tenui colori, senza pretese di fiori, entrano quasi dentro i quadri, ne accarezzano le stoffe e i ricami.
La sabbia, ammucchiata alla base di ogni istallazione, ti finisce per forza di cose sotto le scarpe, dando al visitatore davvero l’idea di camminare dentro un giardino dove natura e cultura si incontrano.

Una mostra davvero sorprendente, che è un invito a rallentare, ad ascoltare, a guardare il lavoro dell’uomo, ma anche il lavoro del tempo. E’ un invito a scoprire un tuo giardino interiore, ricamato da gesti antichi che il tempo porta avanti per consegnarli ad ognuno di noi.

Complimenti all’artista, e a chi mi legge vorrei dire di prendersi il tempo di andare a vedere: ne vale davvero la pena.

La mostra è aperta dal 20 agosto al 21 settembre il martedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle 14.00 alle 18.00

1 COMMENTO

  1. Ottimo servizio su una bellissima mostra! Mi piacerebbe conoscere la storia del paravento di seta giapponese, che era in una stanza dei miei avi da almeno cento anni, per finire poi in solaio. Com’é arrivato a Poschiavo? Non lo so. Anche per questo ogni quadro contiene un mistero.