Il libro “Diaspora des Herzens Diaspora del cuore”, dedicato al poeta Grytzko Mascioni, è stato presentato a Madonna di Tirano il 6 settembre, presso la bottega d’arte di Valerio Righini. L’opera contiene 53 poesie tradotte in tedesco, una selezione difficile da realizzare data la vasta produzione poetica di Mascioni. Durante l’incontro, Mevina Puorger e Simone Zecca hanno analizzato il poema “IL CONTRABBANDIERE CANGURO”, presentandolo sia in italiano sia in tedesco. Zecca ha sottolineato l’importanza della figura del contrabbandiere nella poetica di Mascioni, vista come metafora della trasmissione di valori umani e culturali. Puorger ha aggiunto riflessioni sul ruolo del contrabbando di conoscenze e della vita stessa. Infine, sono state presentate altre poesie di Mascioni, dimostrando la profondità e l’originalità del suo lavoro poetico.
“Diaspora des Herzens Diaspora del cuore”, volume dedicato a Grytko Mascioni è stato presentato a Madonna di Tirano venerdì 6 settembre scorso nella bottega d’arte di Valerio Righini, artista italiano e svizzero.
Mille? Di più? Chissà quanti componimenti poetici ha scritto Grytzko Mascioni.
Sceglierne cinquantatre, per tradurli in tedesco, sarà stata un’impresa non facile. Eppure in tre (chi lo vedremo più avanti) hanno operato, con le inevitabili divergenze, ma con risultati brillanti.
Forse la poesia più nota, letta, tradotta (in francese), recitata e citata è IL CONTRABBANDIERE CANGURO del 1962.
A Madonna è stata prima letta in italiano, poi in tedesco, a beneficio dei diversi poschiavini presenti.
Vogliamo vedere come è stata “tradotta”? Un’avvertenza: ci sono due vocaboli latini di significato parzialmente analogo. Il primo “traductor” definisce “chi fa passare, chi trasferisce”. Il secondo “traditor” definisce “chi consegna”, magari con dolo.
Insomma chi traduce tradisce! O forse suona meglio dire che il traduttore consegna ad altri un bene prezioso, altrimenti inesigibile.
Ora il volonteroso lettore poliglotta poschiavino può prendere visione. Una seconda avvertenza: qui presento i sedici versi in modo unitario (direi discorsivo) senza i quindici a capo. E questo è già un primo tradimento.
Questo l’originale:
“Non lo mettete al muro il contrabbandiere canguro
che in Valtellina vola oltre la rete di ferro del confine:
ogni donna che ha i pugni nella terra potrebbe essergli madre, e le patate gonfiano più dure che le pietre, nei campi.
Erano loro, i miei compagni: in grazia di un debole ricordo,
gli anni chiari del vino e delle corse in bicicletta sull’asfalto dei poveri paesi, pochi giorni da vivere, indifesi, non lo mettete al muro il contrabbandiere canguro”.
Questa la traduzione di Christoph Felber:
“Stellt ihn nicht an die Mauer, den Schmuggler mit dem Känguruhsack, der im Veltlin übers Drahtnetz die Grenze passiert: jede Frau mit den Fäusten im Erdreich könnte ihm Mutter sein, und härter als Steine des Felds schwellen Kartoffeln. Sie waren meine Gefährten: und sind im Gedächtnis mir lieb, die lichten Jahre des Weins und des Radelns auf dem Straßenbelag armer Dörfer, wenige Tage zu leben, wehrlos, ach: stellt ihn nicht an die Mauer, den Schmuggler mit den Känguruhsack”.
Durante l’incontro tiranese sull’analisi del testo originale si sono registrate sensibilità diverse e tuttavia convergenti tra i due relatori presenti: Mevina Puorger, editrice, e Simone Zecca, autore della postfazione.
Zecca: «Qui abbiamo un essere speciale: è un uomo ed è un’animale.
Mascioni aveva un amore particolare per gli animali, esseri a contatto con la vita e la natura, contatti che secondo lui noi umani abbiamo perso perché sovrastati da troppi apparati intellettuali, ideologici.
E abbiamo il contrabbandiere che è certamente una figura sociologica ben presente in quegli anni ma anche tenace mito esistenziale, trasfigurato in una sorta di eroe mitologico.
Infatti la figura del contrabbandiere ricorre spesso nella poesia di Mascioni, già a partire dalla raccolta giovanile Se il vento dice sorgi (1956), dove troviamo le liriche Lamento per la morte del contrabbandiere, I contrabbandieri erano fermi e Per Franco, contrabbandiere.
Una sezione del denso volume riassuntivo Poesia 1952-1982, edito da Rusconi nel 1984, è intitolata La fisarmonica nana. “Il titolo (…) sprofonda forse in una memoria d’infanzia, e involontariamente rende omaggio a un giovane contrabbandiere di Villa di Tirano, ucciso per errore da una guardia di confine svizzera, a Campocologno, durante la guerra. Gli trovarono addosso due chili di riso. Era mio amico, ricordo ancora la modesta veglia funebre. Un giorno, mi aveva regalato una minuscola fisarmonica-giocattolo. Forse è quel suono, quell’esile lamento, che mi ha accompagnato tutta la vita. L’eco delle orchestrine delle balere di campagna si è poi confuso con quello di una nostalgia personale, e quindi disfatto nei rumori di un’Europa attraversata sempre con qualche inquietudine”.
In fondo il “contrabbandiere canguro” altri non è che il poeta, e questo a parer mio è il suo autoritratto, probabilmente il più sincero.
Il contrabbandiere Mascioni non reca nel marsupio beni materiali (caffè, sigarette, ecc.) ma un messaggio di civiltà e di bellezza, di condivisione delle gioie e delle sofferenze umane, che sono le medesime sotto qualunque latitudine: in fondo “…la diversità è ricchezza, piuttosto che barriera e ostacolo” (Tra bandiere e frontiere, 1984).
Quanto mai attuale oggi in un mondo che intende uniformare o a ricercare delle identità più o meno fittizie, dalle quali non si può sfuggire».
Ed ecco Puorger: «Anch’io sono particolarmente affascinata dall’idea del canguro. Tutto quello che hai detto, Simone, è verissimo. Di mio aggiungo qualcosa.
Un primo elemento può riferirsi al contrabbando del sapere, delle conoscenze, elementi delicatissimi in particolare nei periodi di guerra. Mi colpisce poi il fatto che quest’animale, dell’altra parte del mondo, porta nel marsupio la vita: il suo piccolo, piccolissimo come un dito, cresce e poi uscendo dal marsupio si apre pienamente alla vita.
Il contrabbandiere porta nel suo marsupio, nel suo sacco, elementi per vivere o solo sopravvivere nei periodi più difficili. Contrabbandiere e canguro, accomunati dalla medesima metafora: portano e donano entrambi vita».
Altre quattro poesie sono state lette e interpretate nel corso della serata. Possiamo avvicinarle a coppie. La prima ATTRICE A MILANO e TÉLÉVISION SUISSE.
ATTRICE … alludente ai ruggenti anni sessanta milanesi si può considerare anticipatrice della seconda, legata alla nascita della TSI.

Spiega meglio Zecca: «ATTRICE…(1966) è emblematica del clima dei ’60, peraltro ricondotto a una dimensione eminentemente privata. La vicenda sentimentale, come la fotografia dell’attrice nella vetrina, appare consunta e lascia il posto a una diffusa e irrecuperabile incomunicabilità (sono gli anni della celebre trilogia del regista ferrarese Michelangelo Antonioni), sottolineata dal clima piovoso e autunnale. (…) A un incrocio urbano, la scritta luminosa del suo nome, affissa alla facciata di un teatro, continua a splendere e a trafiggere il cuore del poeta».
Anni milanesi come preparazione per il capitolo successivo, luganese, nel fervoroso, febbrile periodo di nascita e crescita della televisione svizzera in lingua italiana. Nel titolo e nel testo vengono presentate le due reti madri, con nome e cognome la prima (Télévision Suisse) e con il vocabolo di duplice lettura (Fersehen) la seconda.

Ancora Zecca: «La lirica è bipartita. Gli incerti moti del cuore, smarrito sulla soglia di un futuro vago ed evanescente, riflesso dallo schermo televisivo, richiedono un ancoraggio sicuro, e il poeta lo troverà idealmente tra i pini e le montagne della sua valle. Ma sarà ancora una volta solo».
Le due ultime poesie presentate nella serata sono riferite al fondamentale incontro con il filosofo Max Horkheimer. Dunque: I PASSERI DI HORKHEIMER (parte prima e parte quarta). Nota bene, “i passeri”!


Terminiamo sempre con Zecca:«I PASSERI…rappresentano “il contrasto tra la natura indifferente e la ragione-storia, figlia oggi dell’Illuminismo” (Giovanni Orelli), con la prima che prevale inequivocabilmente sulla seconda».
A chi scrive piace chiosare rispetto ai passeri (e ai gigli del campo) ricorrendo a Matteo 6,26: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre”. Padre o Natura, in fondo cambia poco.
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Mevina Puorger, titolare della omonima casa editrice zurighese (editionmavinapuorger): a lei si deve la pubblicazione del libro. Originaria di Ramosch, cresciuta a Coira, ha studiato Lingue e Letterature Romanze all’Università di Zurigo e nella stessa Università dal 2001 al 2017 Mevina è stata docente di Lingua e Cultura Romancia.
L’editrice e il traduttore hanno voluto ricordare nel colophon che il volume è stato pubblicato grazie anche al sostegno del Comune di Brusio, dell’ufficio per la Cultura del Cantone dei Grigioni, della Fondazione Oertli e di Pro Helvetia.
Il traduttore dunque. Eccolo: Christoph Ferber, nato a Sachsen (Obwaldo), vive in Sicilia. Germanofono, traduce poesia dal russo, dal francese e dall’italiano. Tra gli autori novecenteschi italiani citiamo Quasimodo e Montale (entrambi Nobel per la Letteratura) e gli svizzero-italiani Francesco Chiesa, Giorgio e Giovanni Orelli, Plinio Martini, Remo Fasani, Fabio Pusterla e il “nostro” Mascioni. Nel 2014 la Confederazione gli ha conferito il Gran Premio Svizzero di Letteratura.

Il volume termina con un prezioso testo a commento curato da Simone Zecca e tradotto sempre da Ferber.
Dunque Zecca: nativo di Varese e residente a Milano. Prima studi classici a Sondrio e poi Architettura al Politecnico di Milano. Si occupa di letteratura, architettura, design e arti visive. Ha pubblicato articoli, saggi e recensioni di argomento storico, artistico e letterario su riviste e periodici italiani e della Svizzera Italiana. Di Grytzko Mascioni ha curato nel 2015 la pubblicazione dell’opera omnia poetica (Poesie 1952-2003, 2 vv.) per le Edizioni Aragno di Torino.
E proprio questi due volumi sono stati il riferimento obbligato per Felber.

Angelo Schena, presidente della valtellinese Associazione Mascioni, ha portato un saluto e copiosi ricordi dell’amico poeta. Lo stesso Schena è solito citare un vezzo rivelatore di Mascioni: in pubblico a volte si rivolgeva all’amico Zecca, chiedendogli conferma di un’opinione da lui stesso espressa precedentemente e persino di fatti che lo riguardavano. Questo a significare la conoscenza della vita di Mascioni e la riconosciuta, e da tutti lodata, competenza di Zecca nel presentare l’opera del nostro poeta.
P.s.: Precisa Simone Zecca: «Mascioni ha pubblicato circa 600 componimenti poetici. Ci sono anche parecchi inediti. Quindi la cifra di 1000 è probabilmente eccessiva».