Matteo Tuena sarà ordinato diacono: “Sento pace e gioia profonda nel mio cuore”

0
2124

Sabato prossimo, 26 ottobre 2024, Matteo Tuena sarà ordinato diacono a Küsnacht ZH. In un’intervista di Rosmarie Schärer a “swiss-cath.ch”, parla della sua vocazione, del legame tra teologia e pastorale e del ministero del sacerdote.
Per gentile concessione, la pubblichiamo, tradotta in italiano per i lettori del Bernina.

Matteo Tuena, lei è entrato in seminario subito dopo gli esami di maturità. Ha capito così presto la sua vocazione sacerdotale?
Fin dal giorno della mia Cresima, nel novembre 2012, ho sentito nel cuore il desiderio di dedicare la mia vita al servizio di Dio. Il mio parroco (don Davide Redaelli n.d.t) è sempre stato un modello affascinante per me. Ogni volta che lo vedevo celebrare la Santa Messa, pensavo tra me e me: voglio essere in grado di farlo un giorno. All’epoca avevo 15 anni.

Come hanno reagito la sua famiglia e le persone intorno a lei al suo desiderio di diventare sacerdote?
La mia famiglia si rese conto che il mio stile di vita era cambiato dopo la Cresima. Ogni giorno trascorrevo una certa quantità di tempo in chiesa per pregare e partecipavo alla Santa Messa il più spesso possibile. Anche i miei interessi sono lentamente cambiati: Ho iniziato a frequentare i pellegrinaggi e a leggere la Bibbia. Perciò non furono sorpresi quando dissi loro che volevo entrare in seminario. Soprattutto per i miei genitori, all’inizio, non è stato facile capire e accettare questo mio desiderio. Ma più progredivo negli studi e più la mia gioia aumentava, più i miei genitori sono riusciti ad accettare la mia decisione e a gioire con me.

Ha un modello da seguire nella sua vita di sacerdote?
Ho avuto diversi modelli sacerdotali lungo il mio cammino. Mi hanno mostrato cosa significa essere un sacerdote con cuore e anima. Il loro amore appassionato per Dio e per le persone ha avuto un impatto profondo su di me. Soprattutto, però, mi hanno sempre toccato profondamente quando hanno celebrato la Santa Messa. Come ho detto prima, la mia vocazione è nata soprattutto nella liturgia. Papa Benedetto ha parlato della “via pulchritudinis”, della bellezza come una delle strade che portano a Dio. La liturgia permette alla bellezza di Dio di risplendere in questo mondo. Il sacerdote ha il grande compito di celebrare questa bellezza e di adorare il Bello per eccellenza. I sacerdoti che sono conquistati da questo mistero mi affascinano e mi ispirano.

Lei ha scritto la sua tesi di laurea in filosofia. In che misura lo studio della filosofia può fecondare il lavoro pastorale quotidiano?
La filosofia è stata ed è per me una scuola di pensiero. Dio è ragionevole e ci ha dato la ragione perché possiamo riconoscerlo e anche concentrare tutti i nostri pensieri su di lui. La teologia cattolica pretende di essere ragionevole perché Dio stesso non agisce contro la ragione. Ecco perché ritengo importante che le persone che lavorano nella pastorale abbiano una solida formazione filosofica e teologica. Come operatore pastorale, non sono chiamato a rappresentare la mia opinione personale, ma a proclamare il Vangelo e la fede della Chiesa. In base alla mia esperienza, soprattutto nell’insegnamento della religione, so che posso trasmettere solo ciò in cui credo io stesso. Tuttavia, per far sì che la mia fede non si basi solo su sentimenti, è importante che io esplori e rifletta sul tesoro della Fede. I bambini sono sempre buoni insegnanti: mi fanno sempre da specchio con le loro indagini e domande curiose e spesso critiche. Questo mi permette di vedere se ciò che dico ha senso e, soprattutto, se io stesso ci credo.

Da quando ha terminato gli studi di teologia, lavora nella parrocchia di Küsnacht-Erlenbach ZH. Il 26 ottobre sarà ordinato diacono. Cosa cambierà nello specifico per lei?
Tutto e niente. Il mio lavoro in parrocchia rimarrà più o meno lo stesso, anche se ai miei compiti si aggiungeranno la celebrazione dei sacramenti del Battesimo e del Matrimonio e la proclamazione del Vangelo durante la Santa Messa. Eppure l’ordinazione cambia tutto. Essere ordinato non significa che ora posso fare altre cose in parrocchia, ma che ho consacrato la mia vita a Dio. Da quel giorno non vivo più per me stesso, ma per Dio. È una cosa grande e allo stesso tempo impegnativa come quando si fa una promessa di matrimonio. Da quel giorno, anche lui dice: “Voglio vivere per te e ovunque tu andrai, io andrò”.

All’ordinazione diaconale si promette il celibato. Un anacronismo o un prezioso stile di vita?
Il celibato è uno stile di vita che va coltivato. Proprio come tutti gli altri stili di vita. Questa forma può essere fruttuosa o terribile, e i passaggi sono spesso fluidi. Come ho detto, richiede attenzione. Il celibato richiede la capacità di vivere da soli o, in altre parole, la capacità di organizzare la propria vita in modo creativo e con cura. In quanto celibe, è importante che mi prenda cura di me stesso. Lavorare su sé stessi è un compito centrale. Ma questo non vale solo per i celibi, bensì per tutti.

Il sacerdozio è attualmente controverso in Svizzera e in Germania. Perché abbiamo bisogno di sacerdoti?
Ci sono diverse risposte a questa domanda e grandi discussioni teologiche e filosofiche al riguardo. Vorrei solo raccontarvi una storia che mi è capitata qualche anno fa. Una sera ero nella mia chiesa locale a pregare prima della Messa serale. Mi si avvicinò una donna che conoscevo da tempo. Mi chiese come stavo e come andavano i miei studi. Le ho detto che andava tutto bene e che presto avrei terminato gli studi. Fu allora contenta di sapere che i miei studi erano quasi terminati. Le sorrisi e volevo sedermi di nuovo, ma lei mi fermò e disse: “Per fortuna abbiamo i sacerdoti! Chi altro potrebbe assolvermi e celebrare la Santa Messa?”.

L’ordinazione diaconale è un evento importante e il passo concreto verso l’ordinazione sacerdotale. Questa decisione di vita a volte la spaventa un po’?
Non ho paura, ma ho un grande rispetto. E naturalmente mi tremano un po’ le ginocchia quando penso all’ordinazione diaconale. Ma anche questo mi aiuta a prendere molto sul serio questo passo. Di fronte alla grandezza della chiamata che Dio mi ha fatto, mi sento molto piccolo. Molto spesso Gli ho chiesto nelle mie preghiere: “Perché mi hai chiamato proprio a questo cammino?”. Non ho ancora ricevuto una risposta a questa domanda. Ma nel mio cuore sento pace e una gioia profonda. Sto facendo questo passo con fiducia in Dio e come risposta alla Sua chiamata.

Cosa si aspetta dal suo ministero di diacono?
Accompagnare le persone nel loro cammino di vita è il compito privilegiato di un pastore. Come diacono, ora sono in grado di accompagnare le persone, soprattutto attraverso la celebrazione dei sacramenti del Battesimo e del Matrimonio. Mi è concesso di essere un mediatore dell’amore di Dio per le persone. I sacramenti sono segni visibili ed efficaci di questa vicinanza e di questo amore di Dio per le persone. Il diacono, come il sacerdote, è solo un mediatore. Sono già molto impaziente di celebrare i sacramenti.

Cosa desidera per la Chiesa cattolica?
Vorrei vedere più gioia nella Fede. Spero che la Chiesa non dimentichi mai le sue origini: è nata dal fianco di Cristo morente sulla croce. La Chiesa vive di questo amore e ne è testimone. Gli uomini del nostro tempo hanno bisogno di questo messaggio: Dio ama tutti incondizionatamente. Spero che nella Chiesa, in ogni battezzato, si accenda un nuovo zelo apostolico: il mondo ha sete del messaggio dell’amore di Dio. Il mondo desidera ascoltare questo messaggio, non tanto attraverso le parole, ma attraverso la testimonianza di una vita che vive di questo amore.


A cura di Luigi Menghini