Venerdì sera, 22 novembre, nella Sala frazionale di Campocologno si è tenuta la presentazione in anteprima del nuovo libro di Loreta Godenzi, Eppure le margherite sono uguali. Un ritorno a casa per l’autrice che, accolta da un pubblico gremito, ha scelto di condividere i suoi ricordi e quelli della piccola frazione dove è cresciuta in un’opera preziosa.
Saveria Masa, operatrice culturale della Pgi Valposchiavo, ha introdotto la serata definendo l’opera «una bellissima sorpresa», lodando lo stile narrativo dell’autrice, capace di «(ri)dare voce alla frazione di Campocologno, con i suoi scorci, i suoi paesaggi, i suoi abitanti».
Non è, peraltro, un caso che la presentazione si sia svolta nella Sala frazionale, luogo dove in gioventù Loreta Godenzi ha frequentato i primi anni scolastici. Piero Pola, presidente dell’Ente frazionale, ha offerto in preambolo alla discussione con l’autrice uno sguardo personale e intimo di Loreta e della loro relazione con Campocologno, rimarcando alcuni aspetti passati di un paese brioso e pieno di vita, ricco di storie e personaggi.
Negli anni del dopoguerra, infatti, quando Campocologno contava all’incirca 300 abitanti – tre volte quelli di oggi – esso si trovava al centro di un’economia dinamica, caratterizzata da fiorenti commerci, dalla presenza della dogana al confine e di importanti imprese come quelle della Ferrovia Retica e delle ex Forze Motrici. «Un tempo, ogni angolo era pieno di attività», ha ricordato Pola, dipingendo un quadro di un’epoca lontana, oggi quasi dimenticata, in cui l’aroma del caffè tostato e del tabacco proveniente dalle torrefazioni permeava l’atmosfera del paese.
È proprio questo fervore che la scrittura di Loreta Godenzi cerca di imprimere nelle sue pagine, rappresentando così anche un invito a guardare oltre l’apparente malinconia di oggi e a scoprire il fascino nascosto tra le pieghe del passato. La capacità dell’autrice di «vedere con il cuore», come nota Pola, rappresenta la chiave per rendere il paese di Campocologno protagonista della sua opera.
Durante la serata, poi, Loreta Godenzi ha dialogato con Nando Iseppi, storico e linguista, rivelando al pubblico alcuni dettagli inediti riguardo al processo di scrittura. L’idea del libro, racconta, risale a oltre vent’anni fa, quando l’autrice, come tanti ora fuori valle, si trovava spesso a ripercorrere nella memoria il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza trascorse al paese natìo. «Capii che questi ricordi li dovevo mettere per iscritto», ha spiegato Godenzi, per dare voce a quelle persone che, negli anni, «con il loro modo di essere coerenti con se stesse, hanno colorato l’atmosfera di Campocologno», così come per preservare il (proprio) ricordo di una generazione e di un passato troppo prezioso da lasciar vanire.
Nonostante le difficoltà del processo creativo, l’autrice è riuscita a portare avanti la stesura del testo grazie ad un forte desiderio di riconnettersi con la propria terra natale e con i ricordi ad essa legati. Questo viaggio nella memoria è stato anche un modo per riscoprire la propria identità e per trarre delle preziose lezioni di vita dal processo scrittorio.
E gli sforzi sono valsi tutti la pena, come nota Iseppi, il quale ha elogiato la sensibilità dell’autrice nel raccontare Campocologno, «ravvivando la corrispondenza di affetti che da sempre Loreta coltiva», dando «una voce a chi non ne aveva e un nome alle cose che si tacciono, esplorando posti reconditi, rimasti a lungo nel buio, e che ora la lettura del testo illumina».
Attraverso le sue pagine, l’autrice riesce a restituire vita e dignità a un paese e a una comunità, offrendo ai lettori non solo una storia, ma anche una riflessione sul tempo, sull’appartenenza e sul legame con la propria terra. Una serata, quella di venerdì, che ha lasciato nel pubblico una sensazione di appartenenza e il desiderio di rileggere Campocologno con occhi nuovi.