Dalla tragedia di Gaza all’invasione dell’Ucraina, le atrocità continuano purtroppo a segnare profondamente la vita di milioni di persone, proprio come è accaduto in passato. Tuttavia, anche in mezzo al dolore più intenso, non manca mai un filo di speranza. Lo dimostra il racconto di Wolfgang Borchert (Amburgo, 1921 – Basilea, 1947), scritto all’indomani del secondo conflitto mondiale. Che il nuovo anno possa portarci nuove prospettive e emozioni positive, iniziando da quelle piccole grandi cose che la vita ci offre giorno dopo giorno.
Moreno Raselli

I tre Re Magi (Die drei dunklen Könige di Wolfgang Borchert,1946)
Camminava tentoni nella periferia buia. Brandelli di case si stagliavano contro il cielo. Mancava la luna e il selciato era spaventato per quei passi tardivi. Quando trovò un vecchio steccato, gli diede un calcio finché un asse marcio emise un sospiro e si staccò. Il legno aveva un profumo umido e dolce. Se ne tornò indietro tentoni attraverso la periferia buia. Non c’erano stelle.
Quando aprì la porta (e pianse, la porta) incontrò gli occhi azzurro pallido di sua moglie. Venivano da un viso stanco. Il suo fiato nella stanza era bianco tanto era freddo. Un odore umido e dolce si sparse intorno. Piegò il ginocchio ossuto e spezzò il legno. Il legno sospirò. Se ne portò un pezzo al naso. Ha quasi il profumo di una torta, rise piano. No, gli disse la moglie con gli occhi, non ridere. Dorme.
L’uomo mise il pezzo di legno umido e dolce nella piccola stufa di lamiera. Il fuoco si ravvivò e gettò una manciata di luce calda nella stanza. Che cadde chiara su un visino tondo e vi rimase un istante. Quel viso aveva appena un’ora, ma aveva già tutto ciò che ci voleva: orecchie, naso, bocca e occhi. Gli occhi dovevano essere grandi, lo si vedeva nonostante fossero chiusi. ma la bocca era aperta e respirava lieve. Naso e orecchie erano rossi. E’ vivo, pensò la madre. E il visino dormiva.
Ci sono ancora fiocchi d’avena, disse l’uomo. Sì, rispose la donna, per fortuna. Fa freddo. L’uomo prese un altro pezzo di legno umido e dolce. Ora ha avuto il bambino ed è lì che gela. Ma lui non aveva nessuno da prendere a pugni. Come aprì lo sportello della stufa, cadde ancora una manciata di luce sul viso addormentato. La donna disse sottovoce: guarda, sembra un’aureola, vedi? Un’aureola! pensò lui e non aveva nessuno da prendere a pugni.
In quel momento degli uomini si presentarono alla porta. Abbiamo visto la luce, dissero, dalla finestra. Vogliamo sederci dieci minuti.
Ma abbiamo un bambino, disse loro l’uomo. Non dissero più nulla, ma entrarono lo stesso nella stanza, il fiato dalle narici usciva come nebbia e camminavano alzando i piedi. Poi la luce cadde su di loro.
Erano tre. Con tre vecchie divise. Uno aveva una scatola di cartone, un altro un sacco. E il terzo non aveva più le mani. Congelate, disse sollevando i moncherini. Poi indicò all’uomo la tasca del cappotto. C’era tabacco e carta velina. Si fecero delle sigarette. Ma la donna disse: no, il bambino. Allora i quattro uscirono e davanti alla porta le loro sigarette erano quattro punti nella notte. Uno aveva i piedi gonfi fasciati. Tirò fuori un pezzo di legno dal suo sacco. Un asinello, disse, ci ho messo sette mesi per scolpirlo. Per il bambino. Così dicendo, lo diede all’uomo. Che cos’è successo ai piedi? chiese l’uomo. Acqua, disse l’intagliatore, per la fame. E l’altro, il terzo? chiese l’uomo, toccando nel buio l’asinello. Il terzo tremava nella sua divisa: oh niente, sussurrò, sono solo i nervi. Abbiamo avuto troppa paura. Poi spensero a terra le sigarette e rientrarono.
Alzarono i piedi e osservarono il visino che dormiva. Quello che tremava prese dalla sua scatola di cartone due caramelle gialle e disse: sono per la signora.
La donna spalancò gli occhi azzurro pallido quando vide le tre figure scure piegate sul bambino. Ebbe paura. Ma il bambino puntò le gambe contro il suo petto e gridò talmente forte che le tre figure scure alzarono bene i piedi e si avviarono verso la porta. Qui fecero ancora un cenno con la testa, poi uscirono nella notte.
L’uomo li seguì con lo sguardo. Strani magi, disse a sua moglie. Poi chiuse la porta. Magi meravigliosi, bofonchiò e guardò se c’erano ancora i fiocchi d’avena. Ma non aveva nessuno a cui spaccare la faccia.
Ma il bambino ha gridato, bisbigliò la donna, proprio forte ha gridato. Allora se ne sono andati. Guarda com’è vivo, disse lei orgogliosa. Il visino aprì la bocca e gridò. Piange? chiese l’uomo.
No, credo che rida, rispose la donna.
Quasi come una torta, disse l’uomo annusando il legno, come una torta. Proprio dolce.
Oggi è anche Natale, disse la donna.
Già, Natale, bofonchiò lui e dalla stufa una manciata di luce illuminò il visino che dormiva.
[traduttore sconosciuto]
“Cartoline di Natale” è una nuova iniziativa de “Il Bernina” pensata per arricchire il periodo natalizio con calore, ispirazione e un tocco di magia. L’idea nasce dal desiderio di raccogliere e condividere pensieri sinceri e auguri da parte di coloro che quotidianamente promuovono la cultura nella nostra valle. Abbiamo invitato artisti, scrittori, musicisti e altri promotori culturali a contribuire con un breve messaggio, un sogno o una speranza per il Natale in arrivo.