Favonio squassante, ghiaccio mordace, sole accecante, crepacci terrificanti, cascate di ghiaccio incombenti, tormenta asfissiante…e neve, neve e neve avvolgente e soffocante: un panorama montano totalmente infernale sembrerebbe. In realtà il film “L’inferno bianco del Pizzo Palù” (1928-1929-1935) offre invece anche squarci paradisiaci.Visto oggi offre molti spunti di riflessione, ma ci arriveremo.
Trama
La trama, all’osso, del film. Johannes Krafft vuol tornare sul Palù: qui, dieci anni prima, a causa di una sua leggerezza, era morta la moglie Maria. Nel rifugio del Diavolezza incontra Karl Stern e Maria Maioni, sposi novelli. Il giorno dopo l’ascensione. Il tempo è virato al peggio. Una valanga travolge un gruppo di studenti che, per superare i tre, avevano affrontato una insidioso passaggio. Anche Karl è travolto dalla slavina, restando sospeso sul vuoto e gravemente ferito al capo. Nel tentativo di salvarlo, Johannes si frattura una gamba. Impossibilitati a proseguire, i tre trovano rifugio in una cengia, mentre infuria la tormenta.
Quella stessa notte, dal villaggio sottostante partono le ricerche, guidate da Otto, antico compagno di escursioni di Johannes. Le guide engadinesi recuperano i cadaveri degli studenti. Per tre giorni i “nostri” restano bloccati. Ma arriva la cavalleria dal cielo a salvarsi. Un asso dell’aviazione, loro amico, appresa la notizia della situazione, accorre dalla Germania. Con ardite e spettacolari manovre individua i superstiti, permettendo il salvamento alle guide. Ma non tutti e tre sono tornati, uno ha deciso di rimanere sui luoghi a cui ritiene di appartenere. Il film muto, girato nel 1928 e presentato nel 1929, ebbe un enorme successo e fu una delle punte della serie di film dedicate alla montagna tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso.
Mutazioni ambientali
Impietoso il confronto odierno con l’ambiente montano di un secolo fa. Riconoscibili le rocciose vette, mentre oggi, parzialmente nude di ghiaccio e neve, la loro vista ci lasciano sgomenti.
Evoluzione dell’alpinismo e trucchi cinematografici
L’approccio, le posture le tecniche, i materiali e l’abbigliamento è completamente mutato nel tempo. Gli interpreti del film, alle prese con le salite, vengono ripresi con un campo visivo molto stretto, giusto per dare la falsa impressione di difficilissime ascensioni.
E poi ci sono oggi foto che dimostrano l’uso sul Bernina di un potente motore d’areo per simulare la tormenta (si veda nel sito della Ferrovia Retica).
Interpreti

La interprete femminile è Leni Riefenstahl, che divenne poi la regista preferita di Hitler. Di lei si ricorda il film Olympia (sui Giochi di Berlino del 1936) e diversi documentari di glorificazione del nazismo del suo Führer. Curiosamente uno di questi (La vittoria della fede) subì la damnatio memoriae, perché in numerose scene era presente Ernst Röhm, gerarca caduto in disgrazia.

Sempre a proposito di damnatio memoriae ricordiamo che nella seconda edizione del 1935 vennero tagliate le poche scene in cui si esibiva una famoso artista, Kurt Gerron, che aveva recitato nel Angelo Blu con Marlene Dietrich e nella “prima” di Opera da tre soldi di Brecht. Il suo peccato era di essere ebreo. Di lui sappiamo che morì gasato ad Auschwitz. Da citare anche che nel fim il cognome del marito di Maria venne mutato in Brandt perché quello dell’edizione precedente, Stern, poteva richiamare origini ebraiche.

Altro ruolo importante fu quello interpretato da Ernst Udet. Asso della prima guerra mondiale (62 gli aerei nemici abbattuti) venne insignito della massima onorificenza germanica. Nel dopoguerra si dedicò ad una sua fabbrica di aerei acrobatici. Aderì molto presto al nazismo. Allo scoppio della secondo conflitto mondiale era il responsabile dell’aviazione militare, appena sotto il maresciallo Göring. Nel 1941, per profonde divergenze strategiche, “fu suicidato”. Nel film molte sono le scene acrobatiche a lui dedicate. Il suo aereo, U12 Flamingo, si distingue qui per una grande scritta: “Scintilla”. Possiamo considerarla una delle prime inserzioni pubblicitarie. A proposito di “Scintilla”, chi se la ricorda? L’azienda solettese (oggi del Gruppo Bosch) dal secondo decennio del Novecento produceva innovativi magneti per accensione delle miscele nei motori.
Registi
Due i registi accreditati. Il primo, dottor Arnold Fanck (nelle didascalie così tiene a presentarsi, forte del dottorato conseguito a Zurigo), è colui che ha girato tutte o quasi le scene di ambiente montano. Da giovane fu ospite dei sanatori a Davos, dove apprese basi e tecniche dello sci e dell’alpinismo. Il secondo è un “grande”, George Wilhelm Pabst, scopritore di attrici come Greta Garbo e Louise Brooks. Lui si dedicò in particolare alle scene idilliache nella neve e nel rifugio Diavolezza.
Il libro di Daniel Kehlmann, “Il regista”
Agli inizi di ottobre è stato presentato il libro di Daniel Kehlmann “Il regista”, edito da Feltrinelli. Il regista è Pabst e questa è una sua biografia ampiamente e dichiaratamente romanzata. Eccone un passo: “Non avrebbe mai più girato un film in cima a un ghiacciaio. Erano passati sette anni, eppure capitava ancora che si svegliasse di soprassalto da un sonno leggero perché sotto di lui si era spalancato l’abisso. Ed era di nuovo lì, legato saldamente al fianco a strapiombo della montagna, mentre il vento gli sferzava la faccia e la signorina Riefenstahl si arrabattava per essere un’attrice”.
P.s.: L’inferno bianco del Pizzo Palù è stato presentato a Salecina nel 2009, ma mai in Valposchiavo. In rete si può trovare il film. Sarebbe tuttavia utile e piacevole una visione collettiva per iniziativa di una delle entità culturali valposchiavine.