La “Magnifica Terra”, tra bandiere svizzere ed entusiasmo

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La storia delle nostre terre, valli di confine strettamente interconnesse, è la storia di genti che hanno condiviso culture e cambiamenti, lasciando gli uni negli altri tracce delle alterne vicende. C’è sempre un po’ di Svizzera in Valtellina e, mi permetto, un po’ di Valtellina in Valposchiavo e questa “contaminazione creativa” si trasforma in un fascino davvero unico per chi ha la pazienza di osservare, ascoltare e conservare la curiosità di esplorare, approfondire, studiare. Le Leghe Grigie hanno lasciato tracce profonde nel contado di Bormio; sono nella storia e nel tessuto di questo borgo che oggi supera di poco i 3900 abitanti e che nel 2026 sarà città olimpica e ospiterà a febbraio le discipline veloci maschili dello sci alpino e lo sci alpinismo. Se la storia condivisa richiede uno spiccato spirito di osservazione per essere riconosciuta, nelle giornate di Coppa del Mondo la presenza elvetica balza immediatamente agli occhi, non solo per le bandiere e i cappellini della nazionale, ma anche per l’ordine, la cura, il rispetto con cui i tifosi vivono le gare e tutte le attività collaterali. Le trasformazioni del borgo cominciano mesi prima della due giorni di gare; appena le temperature lo permettono, si avvia la preparazione del fondo della Stelvio; ci sono anni in cui la neve naturale aiuta, altri in cui la neve è per buona parte “sparata”, soprattutto nel tratto finale, quello ben visibile dall’arrivo in paese. Comunque vada con gli eventi atmosferici, la Stelvio è sempre pronta poco prima di Natale, visto che le giornate di prove sono in calendario il 26 e 27 dicembre.

Le prime squadre nazionali raggiungono Bormio già la sera di Natale; è una carovana discreta, che arriva di sera ed è già in pista alle prime luci di Santo Stefano. La sera, facendo quattro passi tra i vicoli del centro storico, può accadere di incontrare gli atleti. L’appuntamento chiave però è per la sera del 27 dicembre, con la sfilata degli Sci Club valtellinesi e l’incontro con le squadre nazionali nella piazza del Kuerc, da sempre il cuore di Bormio. A partire da metà del Cinquecento, dopo la ricostruzione dell’antica piazza medievale, spazzata da una colata di detriti della Cresta di Reit, nella piazza del Kuerc si affacciava (e si affaccia) il Palatium, il palazzo del podestà, sede anche del Tribunale, della Scuola e del Consiglio. Nel 1498 cominciò la costruzione della Torre delle ore; nel 1641, dopo un incendio devastante appiccato dagli spagnoli, si riaprì la Chiesa Collegiata dei Santi Gervasio e Protasio. In un abbraccio pieno di storia e passione, gli atleti ricevono il pettorale e salutano turisti e tifosi. La piazza del Kuerc ha un’altra particolarità, tutta contemporanea; dal sagrato della Collegiata è ben visibile la porzione finale della pista Stelvio. Tra un’attività e l’altra, arriva  finalmente il giorno della Discesa libera; il parterre della Stelvio si anima, la tribuna si riempie ed è tutto un tripudio di bandiere rossocrociate, di cappellini e bandierine della nazionale elvetica; nel frattempo molti tifosi raggiungono il percorso. E quando la gara parte, tra applausi e silenzi durante i passaggi critici, lo sci regala il meglio di sè: impegno, passione e una ineludibile componente di rischio, tipica delle gare veloci.

Chi assiste a una gara di sci spesso è sciatore, conosce i rigori della disciplina e le sensazioni che gli sci larghi regalano. Forse anche per questo le tifoserie sono sempre pronte ad applaudire chi taglia il traguardo, chi vince ma anche chi si piazza bene pur scendendo con gli ultimi pettorali (è accaduto per esempio all’atleta estone che ha chiuso a gara). L’agonismo delle tifoserie non dimentica il sacrifico e il rischio della velocità e riconosce i meriti, a prescindere dai risultati. Quando poi a salire sul podio sono atleti giovani, applaudono tutti, svizzeri e italiani, tutti autenticamente felici di vedere premiate le capacità delle giovani leve; ad accomunare le tifoserie sono anche i silenzi carichi di tensione e preoccupazione, come è accaduto all’apertura del Super Gigante. Non c’è caduta o rischio corso che non faccia rabbrividire chi segue la gara e in qualche modo respira l’adrenalina di queste giornate. Poi però arriva la cerimonia di premiazione, si ascolta l’inno e il pensiero corre veloce al 2026, a quell’appuntamento olimpico che saprà regalare a tutti emozioni uniche, ancor più a chi arriverà da Paesi lontani e scoprirà tutto il fascino della “Magnifica Terra”.  


Chiara Maria Battistoni