Dalla Valposchiavo ai palchi mondiali: La storia del chitarrista rock Igor Gianola

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Igor Gianola, nato il 24 marzo 1970 a Lugano, è un rinomato chitarrista svizzero noto per il suo contributo alla scena rock e heavy metal. Iniziò a suonare la chitarra elettrica a 15 anni, facendo rapidamente carriera. Nel 1993 si unì ai Gotthard per una tournée mondiale, e nel 1998 contribuì alla reunion degli U.D.O., band con cui rimase fino al 2012, partecipando a numerosi album e tournée internazionali. Fondatore della band Alto Voltaggio, ha collaborato con artisti come Edge of Forever, LaFee e Pino Scotto. Dal 2018 è membro dei CoreLeoni, continuando a lasciare il segno nel panorama musicale con il suo talento e la sua passione.

Ciao Igor, qual è il tuo legame con la Valposchiavo?
Sono poschiavino da parte materna (Tuena), i miei nonni abitavano all’Annunziata, frazione di Li Curt. Ho passato parte della mia infanzia a Poschiavo, ho ricordi molto belli e sento un legame con la valle e la natura, anche se adesso ci torno circa una volta all’anno, e mi fa sempre piacere tornarci. Capisco ancora bene il dialetto poschiavino.

Come è stato il tuo percorso per entrare nei Gotthard nel 1993? Cosa ricordi di più della tournée mondiale dell’album Dial Hard?
Io, Leo e Steve siamo cresciuti nel luganese e ci siamo conosciuti quando avevo 15 anni. Quando i Gotthard cercavano un chitarrista mi conoscevano già e ho avuto questa grande opportunità che mi ha aperto le porte al lavoro di musicista. Avevo già una discreta esperienza con formazioni precedenti, ma i Gotthard sono stati il vero trampolino per la mia carriera di musicista.

Nel 1998, sei stato uno degli artefici della reunion degli U.D.O. Come hai vissuto quel momento e cosa ha significato per te far parte di questa band?
Gli U.D.O. si sono riformati nel 1996 dopo il secondo scioglimento degli Accept, io sono stato chiamato a sostituire Jürgen Graf durante il tour di “No Limits”. È stata senza dubbio la mia esperienza più lunga e intensa: in 15 anni una decina di album registrati e altrettanti tour mondiali. Poter lavorare con un artista conosciuto a livello mondiale e che aveva già venduto milioni di album a partire dagli anni ’70 mi ha formato e fatto conoscere a livello internazionale.

Come è nata la band Alto Voltaggio e qual era la tua visione per questo progetto parallelo?
Gli Alto Voltaggio sono nati quasi per caso a seguito di una richiesta per un concerto alla fine del 1998. Non c’era un’idea precisa dietro. La scelta di un repertorio preciso nel rock dagli anni ’70 agli anni ’90, e di musicisti di alto livello, ha reso il progetto interessante oltre le aspettative. Volevamo portare il nostro “mestiere” nei club svizzeri, come succede in mercati storicamente più grandi come USA e UK, dove può capitare di vedere musicisti di alto livello esibirsi in ambienti più piccoli e intimi. Abbiamo festeggiato 25 anni di attività nel 2023, perciò si potrebbe quasi affermare che ci abbiamo visto giusto.

Hai collaborato con molti artisti e band diverse, come Jorn Lande, Edge of Forever, Wild Willy’s Gang e LaFee. Qual è stata la collaborazione più significativa per te e perché?
Ho lavorato, al di fuori delle band dove sono stato nella formazione ufficiale, come ospite sia dal vivo che in studio, con altri ottimi artisti che hanno arricchito la mia esperienza. Ognuno di loro meriterebbe un capitolo nel mio diario; ho collaborato in totale a una quarantina di album e a molti concerti che hanno contribuito in modo significativo alla mia carriera.

Cosa ti ha spinto a partecipare all’album di celebrazione di Pino Scotto nel 2016 e come è stata quell’esperienza?
Pino è un amico da molti anni, una di quelle conoscenze che si fanno dentro all’ambiente musicale. Sono stato contento di partecipare al suo album dedicato alla sua carriera. Pino, nel mondo del Rock italiano, è un personaggio importante, è stato un precursore e uno dei primi ad arrivare a un certo livello di fama: è stato un piacere lavorare con lui.

Nel 2012, hai lasciato gli U.D.O. per dedicarti alla tua vita familiare. Come è stato il passaggio da una vita così intensa sui palchi a una più tranquilla?
È stata una scelta dettata da più fattori, una sicuramente quella familiare: la quantità di concerti in tutto il mondo mi teneva lontano da casa per lunghi periodi. E poi anche la voglia di cambiare: anche il lavoro più interessante può diventare ripetitivo dopo 15 anni. Non sono pentito delle scelte fatte, i Coreleoni sono la band giusta per me in questo momento.

Nel 2015, hai pubblicato il tuo primo album solista Rockmantic. Quali erano i temi e le ispirazioni dietro questo lavoro?
Rockmantic è stato un lavoro immane perché l’ho portato avanti praticamente da solo; in quel momento avevo bisogno di fare qualcosa di diverso. Non sono assolutamente pentito, ma tornando indietro non sono sicuro che lo sforzo profuso abbia prodotto dei risultati equivalenti. In fin dei conti, io pubblico da oltre 30 anni album con brani originali con gruppi di alto livello, e gli Alto Voltaggio si sono rivelati più azzeccati e di successo nel riproporre grandi brani della storia del rock; dunque abbiamo pensato che una squadra vincente è meglio non toccarla. Questo non preclude la possibilità di pubblicare materiale originale con gli Alto Voltaggio, ma non è una priorità.

Come è stato tornare attivamente sui palchi nel 2018 con i CoreLeoni? Puoi parlarci del progetto e della tua esperienza con loro?
Quando Leo mi ha invitato a partecipare alla formazione dei Coreleoni è stato un po’ come tornare a casa. I Gotthard hanno le mie stesse radici e hanno avuto un ruolo speciale nella mia carriera; perciò, tornare a suonare quella musica dopo tanti anni è stato davvero coinvolgente. Il successo sembra anche darci ragione. Il pubblico è stato fantastico nel riaccogliere quella formazione e quel sound, in tanti ci hanno subito seguito e supportato, come nel 1994, non posso che ringraziarli.

Quali sono i tuoi piani futuri? Hai nuovi progetti musicali in cantiere di cui puoi parlarci?
Gli Alto Voltaggio e i Coreleoni sono al centro della mia attività musicale. Stiamo sempre progettando qualcosa, un nuovo tour, un nuovo album e un nuovo capitolo nella nostra storia, è un affaire a suivre.

Che consiglio daresti ai giovani chitarristi che aspirano a seguire una carriera nel mondo della musica rock e heavy metal?
È sempre difficile dispensare consigli utili che vadano bene per tutti; l’unica cosa che mi sento di dire è che è importante appassionarsi e dedicarsi alla musica, perché arrivare a certi livelli richiede davvero molto impegno. Anche avere relazioni umane e divertirsi è molto importante, perché l’arte racconta proprio le nostre esperienze: se queste non ci sono c’è poco da raccontare.

Ti vedremo prima o poi suonare in Valposchiavo?
Sarebbe bello, un altro ritorno “a casa” che farebbe sicuramente piacere, un saluto a tutta la valle!

Marco Travaglia
Caporedattore e membro della Direzione