La politica teme il verdetto popolare? Sì!

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Qualche tempo fa mi ero interrogata su questo punto. Adesso la risposta è arrivata: il 30 aprile 2025 il Consiglio federale ha deciso di sottoporre gli accordi quadro previsti con l’UE solo a referendum facoltativo, il che presuppone innanzitutto una raccolta di firme. Di conseguenza basta una semplice maggioranza popolare, senza una maggioranza dei cantoni. Si tratta di un duro colpo per la democrazia svizzera e per il federalismo. Evidentemente si teme che specialmente i cantoni periferici possano respingere gli accordi. Tale decisione si basa su un controverso parere dell’Ufficio federale di giustizia, secondo il quale un referendum obbligatorio sarebbe anticostituzionale. Sebbene l’ultima parola spetti al parlamento, appare difficile poter correggere il tiro. Questi trattati avrebbero certamente dovuto prevedere la doppia maggioranza, perché l’obbligo di adottare automaticamente il diritto europeo incide profondamente sulle competenze costituzionali del popolo e dei cantoni. Infatti, in passato importanti trattati internazionali sono già stati volontariamente sottoposti alla maggioranza dei cantoni (p.es. l’adesione allo Spazio Economico Europeo, 1992). Anche nel caso degli accordi in questione, il Consiglio federale avrebbe certamente avuto la possibilità giuridica di indire un referendum obbligatorio sui trattati internazionali (cosiddetto „referendum sui generis“) ed avrebbe così potuto rafforzare la fiducia nei nostri processi democratici con una decisione coraggiosa e giusta a favore della maggioranza dei cantoni. Ora i cantoni, tramite la consultazione prevista, avranno la possibilità di prendere una posizione chiara contro questo attacco al federalismo. Le cittadine ed i cittadini svizzeri dovrebbero osservare con attenzione come si posizioneranno i loro governi cantonali e chi si impegnerà concretamente per il federalismo e la democrazia diretta. Invece di manovre tattiche, in trattati così importanti sarebbe necessaria la massima legittimazione democratica da parte del popolo e dei cantoni. La Svizzera ha bisogno di più democrazia e partecipazione federalista proprio in questioni così cruciali per il nostro paese, non certo di meno.

Gabriela Menghini-Inauen

Deputata al Gran Consiglio

www.gabriela-menghini-inauen.ch

3 COMMENTI

  1. Più rigore costituzionale, non meno democrazia
    In merito alla decisione del Consiglio federale del 30 aprile 2025 di sottoporre gli accordi quadro con l’UE a referendum facoltativo, va fatta chiarezza. Non si tratta di un “colpo” alla democrazia o al federalismo, ma dell’applicazione coerente della Costituzione. Solo trattati che comportano modifiche costituzionali o adesioni a organizzazioni sovranazionali richiedono un referendum obbligatorio. Gli accordi in questione non rientrano in queste categorie.
    L’adozione di parti del diritto europeo prevista non comporta una cessione automatica della sovranità svizzera. Ogni recepimento resta sottoposto al processo legislativo interno, con controllo parlamentare e, se del caso, anche referendario. La sovranità e la democrazia diretta non vengono meno.
    È falso sostenere che il Consiglio federale abbia “paura” dei cantoni periferici. Il diritto vigente stabilisce regole chiare: chi ritiene che l’accordo debba essere votato dal popolo può lanciare un referendum. È questa la forza del nostro sistema democratico: chi vuole partecipare, può farlo.
    Richiamare il precedente del 1992 con lo Spazio Economico Europeo non è pertinente: si trattava di un’adesione a un’architettura molto più integrata. La situazione odierna è diversa. E anche allora il voto si è tenuto perché è stato richiesto, non perché obbligatorio.
    Infine, rafforzare la fiducia nelle istituzioni democratiche significa rispettarne i meccanismi, non piegarli a esigenze politiche momentanee. La Svizzera ha bisogno di serietà giuridica e di responsabilità, non di allarmismi o di richieste arbitrarie.

  2. È importante mantenere il dibattito su un piano costruttivo: la Svizzera resta una democrazia solida, con meccanismi di controllo e partecipazione efficaci. In un contesto internazionale complesso, serve responsabilità politica, non allarmismo.
    Il Consiglio federale ha agito nel rispetto delle competenze costituzionali, seguendo il parere dell’Ufficio federale di giustizia secondo cui un referendum obbligatorio non è previsto in questo caso. La scelta del referendum facoltativo non limita la voce del popolo: se vi sarà un reale interesse, i cittadini potranno comunque esprimersi raccogliendo le firme necessarie. Alcune reazioni sembrano invece voler alimentare paure infondate e mettere in dubbio le istituzioni, presentando ogni scelta come un attacco al federalismo o alla democrazia diretta.

  3. Grazie Gabriela, trovo le tue spiegazioni molto eloquenti e pertanto essenziali per tutti quelli che come me non conoscono le “regole del gioco”. Nel caso specifico si tenta con manovre macchiavelliche (ma però sempre nella legalità!) di eludere la volontà del popolo!