Frequentavo le scuole medie quando con un misto di ammirazione e invidia ascoltavo i racconti degli amici di Bormio che si preparavano alla Santa Pasqua e mi parlavano di Pasquali, abiti e riti tradizionali della festività. Ne rimanevo esclusa, ovviamente; ero una cittadina e quarant’anni fa voleva dire arrivare davvero da un altro mondo, eppure quella distanza siderale rendeva i racconti ancor più coinvolgenti e appassionanti.
Insieme, per la Pasqua e per il Paese
Poi arrivava la domenica di Pasqua, tutta Bormio si vestiva a festa sin dalle prime ore del mattino e i turisti non potevano che osservare meravigliati il lavoro di un intero anno, perché tanto durava – e dura – l’impegno per i Pasquali. Tradizione che affonda le radici in epoca pagana, divenuta poi parte dei riti sacri della Pasqua cristiana, richiamava in origine la benedizione dell’agnello pasquale che ogni “reparto” (o “riparto”) di Bormio (così sono chiamati i quartieri, le contrade in altra parte della Lombardia) preparava e condivideva in occasione del pranzo pasquale.
La storia della Magnifica Terra ci ricorda come a fine Ottocento, confiscati i beni ecclesiastici, le Parrocchie dei paesi dell’allora Contado non ebbero più le risorse per mantenere viva la tradizione; a Bormio invece sopravvisse con la partecipazione dei residenti nei Reparti.
A inizio Novecento si prese l’abitudine di benedire l’agnello pasquale vivo e nell’arco del medesimo secolo (a partire dal 1932) si associò la realizzazione delle “portantine” a tema pasquale, originali opere dell’ingegno artistico e artigiano che ancor oggi animano la Pasqua bormina.
Dal 1979 c’è una vera e propria competizione che premia i Pasquali giudicati più interessanti in funzione di una serie di criteri, da quelli ancorati al messaggio religioso fino a quelli un po’ più terreni, legati alla capacità artistica. Nonostante la secolarizzazione della società, la tradizione dei Pasquali è andata rinvigorendosi, capace anno dopo anno di coinvolgere i giovani impegnati tanto nelle fasi realizzative che nella presentazione.
Non stupisce dunque che cellulari e droni trovino posto tra le portantine; domenica, al raduno in Piazza V Alpini, prima della sfilata per le vie di Bormio verso la Chiesa Parrocchiale, accanto alle numerose famiglie in abito tradizionale e ai tanti giovani, non mancava neppure un drone per le riprese dall’alto, strumento della contemporaneità che nulla toglie all’atmosfera del momento. Ma la tecnologia nella sua accezione più ampia è già apparsa tra i Pasquali; quest’anno una delle “portantine” per esempio aveva un titolo evocativo “Connessi a Te”, un richiamo alla dimensione spirituale e terrena della nostra vita, alla luce di occhi che sempre più spesso leggono solo schermi luminosi. Che ci si accosti per convinzione o per semplice curiosità la sfilata dei Pasquali non lascia indifferenti; spalanca piuttosto una finestra sull’articolato mondo dell’impegno tra le generazioni a sostegno di un comune sentire che è la base su cui edificare l’identità delle comunità. Abiti e costumi, in questa mattinata pasquale, raccontano innanzitutto di genti tenaci e resilienti, come solo i popoli di montagna sanno essere, ovunque ci si trovi nel mondo.
Chiara M. Battistoni