Svizzera Italiana: identità che esiste e può essere difesa

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Nicoletta Noi-Togni: “servono anche rivendicazioni!”
L’identità della Svizzera Italiana è – sempre ancora – scolpita nei profili delle sue montagne e nella coscienza della sua popolazione.



In riferimento all’articolo di Silvano De Pietro – apparso il 30 settembre su “la Regione Ticino” – non credo che la Svizzera Italiana debba temere per la sua identità: se la premessa per il suo esistere è da ricercare nell’atto di mediazione del 1803 (al quale è conseguita l’entrata di Ticino e Grigioni nella Confoederatio Helvetica) non dobbiamo dimenticare l’importante sostegno che il concetto stesso di identità Svizzero italiana ricevette nei successivi decenni da parte dello stesso Stefano Franscini e da altri uomini politici e di cultura. Quindi stiamo parlando di un concetto importante e collaudato. Importante è però soprattutto il fatto che l’identità della Svizzera Italiana è – sempre ancora – scolpita nei profili delle sue montagne e nella coscienza della sua popolazione.



In quanto vestito che non si può mettere e togliere come si vuole l’identità personale dell’individuo resta legata a un territorio, a odori, suoni e colori; le idee e impressioni che secondo David Hume (empirista del ‘700) sedimentano nella memoria e si riattivano in presenza di uguali scenari.

Quindi l’identità di un luogo, di una regione, dipende in modo importante dal “sentire” di chi la popola e questo a prescindere dalle trasformazioni economiche e politiche che possono intervenire. Non si può quindi affermare – come fatto dal Prof. Renato Martinoni del quale apprezzo il pensiero ma non in questo caso – che “l’identità è più una parola sempre più svuotata che una realtà antropologica consistente”.

Certo i tentativi a livello politico di stravolgere la fisionomia delle regioni e l’incombente idea di globalizzazione economica e istituzionale sono atti a ripercuotersi anche sulla società che vive in un determinato territorio. Ciò nonostante non condivido le catastrofiche previsioni dell’articolo in questione. Perché disponiamo anche dei mezzi per difendere questa identità. Incominciando dai limiti territoriali che – per intanto almeno – restano nella loro essenza vincolati alle disposizioni della Costituzione Federale e che neppure nell’era della globalizzazione si possono spostare a piacimento.

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In quanto all’identità linguistica non mi sembra che questa sia minacciata all’interno del territorio della Svizzera Italiana. Richiede però uno sforzo continuo far valere i diritti politici di questa identità linguistica; siano quelli di traduzione in italiano dei documenti (leggi, disposizioni, indicazioni) varati a Berna e a Coira, siano altri quali la corrispondenza in lingua italiana con i cittadini, la presenza di impiegati e funzionari di madre lingua italiana nelle istituzioni e nelle amministrazioni sia a Berna che a Coira, la possibilità di studio anche in italiano nelle Università svizzere all’infuori del nostro territorio. E non da ultimo la rappresentanza linguistica nelle istituzioni politiche (Consiglio federale, Commissioni dei legislativi federali) e giuridiche (Tribunali federali) e – per ciò che riguarda i Grigioni – Governo cantonale, Commissioni del Gran Consiglio, Tribunali cantonali; la qual cosa richiede attenzione, tenacia e sì, anche rivendicazione. Non dovremmo per esempio accettare che il Tribunale cantonale dei Grigioni sia – da anni ormai – orfano di un giudice di madre lingua italiana e che il Gran Consiglio dello stesso cantone si permetta di eleggere commissioni dove lingua e cultura giuocano un ruolo importante, sprovviste di italofoni.

E ben vengano a questo proposito oltre al dibattito generale, la pubblicazione e presentazione (come avvenuto lo scorso 6 ottobre a Berna in presenza di alte personalità della cultura e della politica) del volume “Legislazione plurilingue in Svizzera” che ha visto la collaborazione di studiosi svizzero italiani di questa materia quali la Professoressa Federica De Rossa Gisimundo dell’Università della SI e l’avvocato Gianpiero Raveglia. Che indicano chiaramente nella loro esposizione i vuoti di traduzione con i quali deve fare i conti la legislazione nella nostra realtà svizzero italiana. Una prova comunque anche questa che la Svizzera Italiana esiste, poiché non si può scientificamente studiare ciò che non esiste.



Nicoletta Noi-Togni