Oliver Kühn si autodefinisce una “prostituta di teatro”. E un zükin. Lo dice con un certo compiacimento, ha capito che non sarà mai un poschiavino; è il destino di chi arriva d’oltralpe, per i poschiavini sono e rimangono zükin. Ma si sente di casa da noi, ama la nostra valle in tutto il suo insieme, la vive e la racconta. Quello in corso a Le Prese, presso l’hotel al lago, è il suo terzo spettacolo ideato, montato e recitato qui.
Spinto da non si sa quale curiosità, Oliver è andato a frugare nel nostro passato, allestendo spettacoli intensi, di storie vere o presunte tali, aggiungendoci del suo. Un raffinato scrittore di commedie nostrane insomma, con una fantasia galoppante, lucida e a momenti tragicomica.
Il Bernina lo ha voluto incontrare, in quella che forse è la prima intervista a lui stesso e non necessariamente in relazione all’attività che svolge.
Così come alcuni artisti residenti, si presume che M13 decise di fermarsi in Valposchiavo perché qui aveva trovato un habitat naturale, una regione intatta. Olivier Kühn è forse spinto dallo stesso istinto, o sono altri i motivi che lo inducono a inventare i suoi progetti teatrali da noi?
La Valposchiavo è un po’ come una Svizzera in miniatura, dato che in uno spazio ristretto vi sono svariate opinioni, punti di vista e relazioni umane. Qui in valle però le persone non possono semplicemente evitarsi. Devono stringere alleanze oppure mantenere le distanze, guardarsi in cagnesco o andare d’accordo… Tutto ciò ha molto a che fare con il teatro. Trovo molto interessante che in questo contesto il “Mi non sei” dei processi di stregoneria in Valposchiavo venga rappresentato. Trovo molto stimolante il contrasto fra la propria storia ed il teatro.
Sanatorium Stella Alpina è il terzo teatro che proponi ai poschiavini e a chi li vuole conoscere. Anche questa volta parli di storia, di ciò che è successo fra il Bernina e Piattamala di importante nel secolo scorso. Avresti voluto vivere a Poschiavo in quegli anni?
In effetti trovo che il XIX secolo sia molto interessante, non solo in Valposchiavo. Ma ciò che distingue la Valposchiavo è il fatto che passato, presente e futuro si possono spesso vivere simultaneamente. Questa tematica viene ripresa spesso anche dalle produzioni di Theater Jetzt: com’è possibile che questo spaziotempo sia duraturo e possa vivere questa simultaneità?
I tuoi racconti teatrali mettono spesso a nudo la presunzione dei forti, dei giusti. Sai, meglio forse di molti valposchiavini, cosa avvenne in quegli anni con le donne-strega sacrificate in nome di presunte colpe. Avresti avuto la forza di stare dalla parte delle streghe durante quei processi?
Credo che probabilmente sarei stato troppo codardo. Ci si sarebbe dovuti ribellare contro la Chiesa, contro una potenza che da secoli è iscritta nella matrice culturale della valle. Non avrei avuto nessuna voglia di finire arso sul rogo. La vita di una persona è troppo corta per una simile impresa.
Premettendo un italiano corretto, Olivier Kühn sarebbe un buon Podestà di Poschiavo?
Sei pazzo? Ho già abbastanza teatri. Signor Kühn non suona così elegante come signor podestà Della Vedova.
Cosa non ti piace di Poschiavo?
Un zükin non dovrebbe mai spararla grossa, ma… Mi accorgo che diventa sempre più difficile coinvolgere le persone a recitare a teatro. Sento sempre la solita scusa “non ho tempo”. Mi fa arrabbiare questo “non ho tempo”. In questo modo non è più possibile vivere la vita di paese. Ho constatato che, nelle zone periferiche, c’è un cambiamento nel modo di pensare: la gente vuole emarginare la globalizzazione. Da molto tempo sogno di rappresentare un teatro molto grande nella Piazza di Poschiavo, veramente grande! Dieci rappresentazioni per una tribuna di 500 posti. Per persone del luogo e turisti. Lo farei molto volentieri a Poschiavo, prove intensive per un anno e dopo portare il teatro sul palco col botto. Dove poschiavini e poschiavine possono recitare al fianco di attori professionisti ed unire la loro lingua e mentalità in un ensemble. Durante la messa in scena di “Bernina Express 65” questo intento è riuscito. Con “Sanatorium Stella Alpina” c’era la premessa che non si sarebbero dovuti fare più di due fine settimana di prova. In questo modo non ha potuto formarsi un insieme omogeneo. Questo è un peccato perché trovo che questo intersecato pensiero di ensemble abbia molto valore.
E cosa ti piace al punto di farti tornare sempre, di vivere da poschiavino durante lunghi periodi dell’anno nonostante l’handicap linguistico? Potresti vivere a Poschiavo?
Sono volentieri uno spettatore, a Poschiavo così come a Zurigo, a San Gallo come a Costanza. Persone e storie interessanti ce ne sono ovunque, e anche l’opposto. Vagabondare un po’ mi piace molto, io non sono sicuramente un poschiavino, ma qui mi sento comunque un po’ a casa. Mi basta questo a dire il vero. Inoltre, mettere radici in un posto solo non è usuale per i miei antenati e la mia famiglia.
Come sta andando il tuo nuovo spettacolo? Cosa ti aspettavi e come stanno reagendo gli spettatori?
“Sanatorium Stella Alpina” è stato un’idea del direttore Gervasi e della proprietaria Irma Sarasin. Mi hanno contattato singolarmente per il giubileo dei 160 anni dell’albergo con l’idea di realizzare un teatro all’aperto nella vecchia piscina. Per me era troppo insicuro da un punto di vista meteorologico. Inoltre, l’hotel avrebbe dovuto essere il protagonista principale. In questo modo, invece, il pubblico conosce, in camere diverse, personaggi di varie epoche dell’Hotel Le Prese. Alla maggior parte dei visitatori questo piace. Penso sia affascinante vedere come questo albergo solitamente ordinato si trasformi in un formicaio durante le rappresentazioni.
Ci sarà anche il progetto teatrale 4.0 di Theater Jetzt con Olivier Kühn in Valposchiavo? E se sì, hai già un’idea di progetto?
Poschiavo Oscura è ancora in petto. Una visita interattiva del paese attraverso dubbi miti e inquietanti vicende come la persecuzione delle streghe, medicina naturale e modi di dire della valle. Oltre a questo ci piacerebbe sviluppare un’applicazione per il cellulare, grazie alla quale si fondono il mondo digitale e quello reale, teatro e realtà. Passato e presente non si dovrebbero più distinguere. Per questo siamo alla ricerca di possibilità. Ed inoltre ci sarebbe il sogno di realizzare un grande teatro nella piazza con un grande ensemble. E spero che “non ho tempo” non sia più una scusa.
Intervista di Bruno Raselli
Traduzione dal tedesco di Daniele Isepponi