Con questo editoriale si conclude la serie di articoli sul tema “coronavirus”, incentrati in particolare sulle conseguenze della crisi. Il Bernina ringrazia il gruppo di editorialisti intervenuti.
Con l’avanzata repentina del virus, per alcuni giorni si è discusso anche in Svizzera, nondimeno in Valposchiavo, quali fossero i provvedimenti da prendere. Il nostro governo ha dimostrato pragmatismo nell’affrontare la crisi, e quindi chiarezza nel comunicare il da farsi. Le poche polemiche sul severo decreto si sono subito dissolte, un fatto che ci può tranquillizzare. La popolazione ha capito la complessità del problema. Più controverso sembra ora il ritorno alla normalità, con un evidente conflitto fra i responsabili della sicurezza sanitaria e quelli dell’economia.
Gli argomenti più arcani di questa vicenda, sui quali le discussioni non avranno invece fine, sono l’origine del virus e l’impotenza della scienza, per ora, di combatterlo. Siamo sommersi da informazioni contrastanti e anche i ricercatori più accreditati non sanno darci una risposta.
Di tutte le presunte cause che ho letto sull’attuale emergenza, mi ha colpito in particolare la semplice tesi della giovane insegnante e filosofa indiana Preetha Krishna che dice: la natura è una grande sperimentatrice. Scarta le specie che non supportano l’intero sistema e sperimenta continuamente. Ha scartato i dinosauri, e ha scartato altre specie di animali che vivevano da milioni di anni. La domanda che viene spontanea è la seguente: quanto siamo sicuri del successo della nostra specie, della specie umana? Siamo certi che sopravviveremo per sempre? Se dobbiamo vivere per sempre, significa che dobbiamo essere di beneficio alla natura. Se non lo saremo, cosa farà la natura?
Ognuno cerchi la propria risposta. Sta di fatto che l’essere umano è diventato crudele, e spesso non invade le riserve naturali per la sopravvivenza, ma per superiorità, per il dominio dell’intero pianeta. Lo sfruttamento della terra ha raggiunto limiti insostenibili, il virus attuale potrebbe essere un monito. È tempo di fermarci, è tempo di riflettere.
Dopo questa crisi globale non sarà tutto come prima. Quando la scienza avrà risolto provvisoriamente l’attuale emergenza, ci renderemo conto che più della scienza è stato decisivo il nostro comportamento sociale. E capiremo forse che il patrimonio privato non è il valore assoluto più importante, ma che è importante anche avere buoni vicini, così come un giardino pieno di verdure fresche. E allora sarà il tempo delle rinunce. La domanda che mi sorge spontanea: a cosa sono disposto a rinunciare io?
Bruno Raselli
Ciao Bruno,
condivido il contenuto del tuo articolo. Un grande capo indiano d’America diceva:
” Solo quando non ci sarà più un pesce nel fiume, un albero nel bosco e un uccello nel cielo forse l’uomo
capirà che i soldi non si possono mangiare.” Con empatia Nando Nussio.