ATE: ORIZZONTI apre una finestra per gli anziani

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È con grande piacere che porgo il benvenuto all’ava Emilia che in punta di piedi si affaccia alla finestra per gli anziani. La sua storia l’ha raccontata più volte ai suoi amici e parenti, fin che un suo collega e amico l’ha scritta quella storia. Anch’io avevo l’Ava Emilia e vi posso garantire che ancora oggi ricordo una marea di bellissimi momenti e di belle storie; forse un giorno ve ne racconto una anch’io.

Ora sediamoci comodi, comodi e…via!

Roberta Zanolari


AVA

Ava è proprio bella. Ava vuol dire nonna in dialetto poschiavino, un dolce e musicale vernacolo parlato nella prima valle svizzera aldilà del confine di Tirano, in Valtellina. Una mattina di molti anni fa, l’Ava va al mercato del paese accompagnata dalla nipotina di cinque anni, Matilde. Ad una bancherella l’Ava vede un tagliere di legno per il pane che le piace subito e domanda quanto costi. “25 risponde la donna, sottintendendo franchi svizzeri. “OK grazie, ci penso.” Le piace, molto; ma prima vuole finire il giro del mercato e vedere se c’è qualche cosa di maggiore necessità. Matilde è piccola e timida ma attenta e già a quell’età non le sfugge nulla. E poi adora la nonna. Finiscono il giro e si fermano su una panchina a riposare un attimo. L’Ava si è scordata del tagliere, ma non Matilde. Lascia la mano della nonna e si alza dalla panchina allontanandosi di pochi passi e mentre le dà le spalle fruga nella sua borsetta per qualche secondo. Poi si gira e sorride. Radiosa. Guarda la nonna e le si fa incontro protendendo il braccio destro e stringendo la mano piena a pugno. L’Ava guarda e non capisce cosa abbia in mente ma è colpita dall’espressione della sua bambina, un’espressione che le resterà scolpita nella mente per sempre. La piccola si avvicina e apre la manina mostrando il suo contenuto. “Ava bastani quis’c par l’as dal pan? (Nonna, bastano questi per il tagliere?)” Nella mano i suoi risparmi, monetine, esattamente 25 centesimi di franco. La nonna la guarda e immediatamente il cuore fa per scoppiare e gli occhi si fanno caldi e dice: “Cert ca i bastan (Certo che bastano). Grazie amore”. Osserva la sua nipotina ancora con la mano tesa e piena di monetine e capisce che non esiste amore più grande. Si avviano verso la bancarella. Il sorriso di Matilde che stringe ancora le sue preziose monetine nella mano è talmente grande che la signora capisce subito perché sono tornate e prende il tagliere dal banco. La piccola fa un passo avanti e le conferma che sono lì per quello e le tende la manina. L’Ava fa un passo indietro, strizza l’occhio alla signora che afferra la volo il sottinteso e risponde con uno sguardo complice. Impacchetta il tagliere e lo consegna a Matilde che si gira soddisfatta e con gli occhi brillanti quanto si possano avere dice: “Quest l’è par ti Ava. (Questo è per te Ava). La nonna si abbassa e abbraccia la piccola e le dà un sacco di teneri baci sperando che non escano le lacrime. Si allontanano mano nella mano. Matilde saltella felice e la nonna sente il cuore gonfio e rammenta a se stessa che deve tornare alla bancarella a pagare il tagliere.

Da quel giorno sono passati trent’anni.

Pochi mesi fa un terremoto ha sconvolto la vita di Matilde. E Ava soffre con lei e per lei. Vede la sua bambina che si affanna a fare finta di niente e a far credere a tutti di stare benissimo ma ai suoi occhi sembra una pantera ferita. Lo nota da mille piccoli particolari. Da come saluta quando va a trovare i nonni; da come si guarda intorno; da come evita certi argomenti; da come osserva le foto appese in casa, soprattutto quelle dei nonni abbracciati. Evita perfino il pianoforte, che da quando era piccola è sempre stato il suo enclave di estraniamento e magia. Ora lo guarda, lo sfiora con la mano, ma non si siede, non lo apre, non preme nessun tasto. E se il nonno la incoraggia a suonare, lei piega la testa di lato e dice che non le va. Promette di farlo la prossima volta, una volta che non arriva mai. Anzi quando capita in casa loro si trattiene il minimo indispensabile. Ha paura che le si legga dentro e sa che l’Ava è bravissima in questo. Un pomeriggio va a casa dei nonni per portare loro dei documenti ed è sfuggente come sempre da un po’ di tempo a questa parte. Ma l’Ava sente che non può più aspettare e deve parlare alla sua piccola. In cuor suo prega di trovare la parole giuste che sappiano arrivare alla sua ferita, al suo cuore. Quando sono sole in cucina e sa che nessuno le disturberà per un po’, le chiede di sedersi di fronte a lei. La guarda e fa fatica a credere che quella bambina timida sia diventata quella meravigliosa donna che ha avanti. Guarda i suoi lunghi capelli neri con la frangia che le arriva a lambire le sopracciglia, gli occhi come due pozzi neri che sanno però scintillare come pochi se si toccano le corde giuste. Non le somiglia molto, eccetto per quelle lentiggini sul naso e per il sorriso, tale e quale al suo. Legge negli occhi di Matilde la paura di essere scoperta. Lo sa che vorrebbe scappare ed evitare quella conversazione ma decide che è arrivato il momento, che non si può più aspettare quindi si gira leggermente e prende dalla tasca del suo grembiule qualcosa che ha preparato. Porge alla nipote una piccola bustina di carta color paglia. Dentro c’è un bigliettino con solo quattro parole: “Cert ca i bastan” e 25 centesimi di franco svizzero. Prima che Matilde possa fare qualsiasi domanda le fa cenno di ascoltare e le dice: “Vedi amore, tu ti imbarazzi sempre quando racconto la storia del tagliere e non vuoi che lo faccia. Sai invece perché lo faccio? Per non scordare una lezione che mi hai insegnato quel giorno. Quando ho guardato i tuoi occhi raggianti ho capito che eri veramente felice. E lo eri dopo aver donato quasi tutti i tuoi risparmi. Avresti potuto usarli per prendere delle caramelle o quelli affaretti con la nutella che ti piacevano tanto. Ma li hai usati per me e lo hai fatto con tutta te stessa, con tutto il cuore. Non ti sei preoccupata del fatto che rimanevi senza. Hai dato perché era quello che ti sentivi di fare e senza aspettarti niente. In questi trent’anni ho cercato di far tesoro di questa lezione e impegnarmi ad essere una persona più generosa, non solo di cose ma soprattutto di me stessa. A volte è facile donare cose e tenere noi stessi, la nostra intimità, il nostro cuore, la nostra parte più vulnerabile al sicuro. Ma la vera generosità sta nell’aprirsi agli altri, nel donare qualcosa che non ci potranno mai rendere. Il mio io, i miei sentimenti, il mio amore. Io lo so, tesoro mio che sei ferita e spaventata. Lo so, anche se non lo ammetterai mai. Lo so che hai paura di rimetterti in gioco e di riaprire il tuo mondo a qualcun altro. Che ogni volta che il tuo cuore si distrae e accarezza l’idea di avvicinarti a un altro uomo, qualcosa dentro si serra e chiude il mondo fuori. Dici che non ci credi più. Povera piccola mia, non sai cosa darei per caricarmi il tuo dolore e portarmelo via. Per farti di nuovo credere, sperare. Ma non posso. Questa è la tua vita, in ballo c’è il tuo cuore ed è una scelta che puoi fare solo tu. Ma ricorda la lezione che abbiamo imparato insieme quella mattina al mercato. La felicità, quella vera, viene dal dare, dal donare, senza se e senza ma. Senza calcolo. Può essere facile essere forti dietro un’armatura. Vorrei che questi 25 centesimi ti ricordassero che la forza non deriva dalle protezioni che indossi, dalle armature, ma dal coraggio con cui ti metti in gioco e superi le sconfitte. Da cui continui a fare quello che sai essere giusto indipendentemente dagli schiaffi che la vita ti ha dato. Dopo una caduta rialzarsi è buono. Rialzarsi e tornare indietro può essere saggio. Ma solo le persone speciali sanno rialzarsi e continuare per la strada che avevano scelto, pur sapendo che potrebbero cadere di nuovo, solo perché sanno che è quella giusta. Alzati amore mio, sii forte, io lo so che hai tanto coraggio lì dentro. L’hai preso da me. Vivi, ama, sorridi, dona tutta te stessa come e quanto puoi. Il bene dato non è mai perso, tanto o poco che sia, perché poche monetine come queste, saranno sempre un tesoro per qualcuno.”

Ava sorride con gli occhi pieni di amore, gli stessi di trent’anni prima. Matilde ha smesso da qualche minuto di imporsi di non piangere. Calde lacrime le scendono giù, indugiano sulle fossette che ha sulle guance e poi precipitano sul pullover nero.

Io mi trovo in questa vallata quasi per caso o forse i casi non esistono e si tratta del solito disegno che capirò a posteriori o forse sto già capendo. E ho avuto il piacere di conoscere l’Af e l’Ava. Il nonno e la nonna. Io amo i racconti e i loro mi incantano. Mi hanno narrato del loro primo incontro, delle peripezie di un matrimonio tutt’altro che ben visto dai parenti, dalle sfide e dei loro orgogli. E adesso se si voltano indietro vedono “fatti” che meritano di essere ricordati e di cui essere fieri. Durante una cena deliziosa innaffiata da un vino eccellente che l’Af ha inaugurato sapendo della mia passione, mi arriva questa perla che ho provato a raccontare. Bellissima, dolcissima e inaspettata. L’Ava, Matilde e il tagliere da 25 centesimi.


Da Matteo Zumiri di Livorno per Ava Emilia