Lo scorso 4 settembre il nostro Il Bernina ha pubblicato il comunicato di SAB con le considerazioni del presidente Guy Parmelin sulle regioni di montagna in occasione dell’Assemblea generale. Quel giorno stavo vagabondando per i sentieri della “Magnifica Terra” bormina, verso le dighe di Cancano e prima di raggiungere le zone con poca copertura del segnale mi sono fermata a leggere e tirare un po’ il fiato.
Non poteva esserci miglior luogo che la montagna stessa per sintonizzarmi sulle riflessioni riportate e pensare alle esigenze enunciate, cioè sistema educativo e alloggi attrattivi, buona accessibilità e spazi attrattivi per il tempo libero, come segnalato anche dal Forum giovani promosso dal SAB. In attesa del piano d’azione del Consiglio federale il SAB, come avrete letto, propone il progetto “Muntagna27” per creare un’esposizione nazionale decentralizzata in tutte le regioni di montagna.
Ho letto e poi ho lasciato che lo sguardo raggiungesse il Corno Dosdè e la Cima Saoseo; lì dietro c’è Poschiavo e quando sono in terra bormina mi piace guardare laggiù e pensare all’operosità del Borgo; visualizzo la stazione, la piazza. Ecco leggere di soluzioni diffuse in montagna mi riporta sempre alla Valposchiavo e all’Engadina; in questi territori i collegamenti permettono davvero di pensare in logica distribuita (altrettanto non potrebbe essere in Valtellina, almeno nella Valtellina di oggi). Pensare in ottica di rete, per sua natura policentrica, consente di dare forma a un altro pilastro della sostenibilità: l’impiego ottimale delle risorse ovvero la capacità di utilizzare quanto a disposizione del territorio minimizzando l’uso delle risorse e massimizzando i risultati, concetto che richiama alla circolarità. I versanti delle nostre montagne sono teatri naturali del concetto di circolarità, che poi altro non è che la concretizzazione dei principi della termodinamica (il celeberrimo “nulla si crea e nulla si distrugge”).
La natura fa il suo corso e dove l’uomo non arriva si autoregola; al tempo stesso osservare e studiare le dinamiche di un bosco o di un maggese suggerisce spunti di riflessione forieri di innovazione. Parrà forse strano ma una buona parte della robotica collaborativa di cui disponiamo oggi è nata proprio dall’osservazione meditata del comportamento animale o vegetale, per non parlare di nuovi tessuti o nuovi criteri costruttivi. Una parte della tecnologia di oggi è l’espressione di quella poesia della natura che contempliamo durante le nostre camminate, una poesia tradotta in numeri, in algoritmi, in strumenti coordinati e connessi; a suo modo una “natura antropomorfa” che spesso nasce da una suggestione poetica e contemplativa e si traduce poi in una soluzione tecnica. Nel costante dialogo uomo – montagna l’equilibrio è uno spazio senza confini che si riorganizza nel tempo e assume colori e forme sempre nuovi; non ci sono ricette precostituite, c’è piuttosto l’esigenza di adeguare i saperi di montagna alla velocità della contemporaneità. La resilienza di chi vive in montagna è una risorsa rara e preziosa che può concretizzarsi in progetti lungimiranti; la distanza e l’isolamento, da limiti possono trasformarsi in punti di forza, offrendo punti di vista unici.
Chiara Maria Battistoni