Frammenti di Pasqua

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“Il Signore è veramente risorto” (Luca 24,34)
Sermone del 17 aprile 2022 Pasqua

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“Il Signore è veramente risorto”: con questa esclamazione termina, nel racconto dell’evangelista Luca – il quale riferisce dell’incontro, sulla via di Emmaus, tra due discepoli e il risorto -, la giornata di Pasqua.

L’annuncio della Pasqua è dunque che la vita ha sconfitto la morte. Ma nel nostro mondo, segnato dalla morte, dove possiamo trovare tracce della vittoria della vita? Ci sono tracce, frammenti di Pasqua, che possono riflettere la grande luce della risurrezione che riscalda la terra?

La prima traccia che possiamo indicare è quella di un amore più integrale per la vita. Gesù ha affermato: “Io sono la risurrezione e la vita”. Dunque, non soltanto “Io sono la risurrezione”. E Dio si è mostrato, fin dalla creazione, nei primi capitoli della Genesi, come un Dio amante della vita.

Amare la vita: sembra un’indicazione superflua, invece non lo è. La vita non è abbastanza amata: non la propria e non quella degli altri. Noi siamo mortali in due sensi: sia perché moriamo, sia perché facciamo morire. La vita è sacrificata, la vita è venduta, è abbandonata, la vita è violentata, la vita è minacciata, la vita è soppressa, la vita non conta niente. La vita non è abbastanza amata.

Prima di Pasqua, vita e morte sono quasi inestricabilmente intrecciate e collegate, ma con la risurrezione Gesù ha lasciato la morte alle spalle. Gesù ha scelto la vita e perciò noi la dobbiamo amare – come ciò che Gesù ha scelto.

Amare la vita, non soltanto quella umana, ma anche quella degli animali, delle piante, della natura. Una traccia di Pasqua consiste dunque oggi nella riscoperta del rispetto per la vita.

La seconda traccia, il secondo frammento della risurrezione, lo possiamo indicare in una nuova libertà nei confronti della morte. È difficile parlare di queste cose perché non abbiamo ancora affrontato questa prova. Eppure se Cristo è risorto, se Cristo ha tolto alla morte il suo pungiglione, se nulla ci può separare da lui, allora dovremmo conoscere e forse anche esercitarci in una nuova libertà davanti alla morte.

Oggi la morte è rinviata dalla medicina, che la respinge sempre più lontano, pur non potendola sconfiggere e soprattutto non potendola capire. La morte è allontanata, tabuizzata, taciuta, nascosta, emarginata. Non ne parliamo, se ne parliamo lo facciamo sottovoce.

Se Pasqua ha un qualche senso per noi, allora dovremmo lottare per una società che non produce morte, che non abbandona i morenti, che non condanna più nessuno a morire prima della fine della vita.

Una società che impari a considerare la fiducia più importante del controllo, la rinuncia alla forza come uno strumento politico valido, la riconciliazione più importante della continuazione dei conflitti, un rapporto armonioso con gli animali più desiderabile che la loro estinzione.

Il terzo, e certamente più importante frammento di Pasqua nella nostra vita, è il nuovo desiderio di essere trasformati o trasfigurati. Diciamolo chiaramente: il desiderio che Pasqua fa nascere nei credenti non è il desiderio di immortalità. Jean-Paul Sartre – e con lui e dopo di lui molti altri – ha detto che la molla della fede è il desiderio di immortalità. Ma non è così. Il vero desiderio di Pasqua non è l’immortalità, ma la trasformazione. Ecco il più importante frammento di Pasqua nella nostra vita: il desiderio di essere trasformati.

Può darsi che sia un elemento di cui si parla poco nelle chiese, ma è frequente nel Nuovo Testamento. Ne parla l’apostolo Paolo scrivendo ai Corinzi: “Non vogliamo essere privati della tenda terrena, ma ricevere anche quella celeste. Così, quel che è destinato alla morte sarà assorbito dalla vita” (2 Corinzi 5,4). E ancora ai Filippesi: “Il Signore trasformerà il nostro misero corpo mortale e lo renderà somigliante al suo corpo glorioso” (Filippesi 3,21). Ai Romani: “Desideriamo di essere trasformati nell’immagine del Figlio di Dio” (Romani 8,29).

Questo desiderio di trasformazione, di trasfigurazione, va contro la nostra paura di cambiare, il nostro istinto di conservazione. Chi vuole conservarsi, non è adatto a Pasqua. Chi invece desidera cambiare ed essere cambiato, amando una vita nuova, una vita santa, con meno peccato, meno doppiezza, meno egoismo… quello e quella sono adatti a Pasqua.

Questa terza traccia è legata all’intuizione che il poeta e pastore Kurt Marti ha espresso in modo provocatorio in un suo celebre testo sulla resurrezione. “Voi chiedete”, ha scritto Marti, “com’è la resurrezione dei morti? Non lo so. Voi chiedete: quando sarà la resurrezione dei morti? Non lo so. Voi chiedete: c’è davvero una resurrezione dei morti? Non lo so. Voi chiedete: non c’è una resurrezione dei morti? Non lo so. Io so soltanto ciò di cui non chiedete: la resurrezione di quelli che sono vivi. Io so soltanto a cosa Dio ci chiama: a risorgere ora e oggi”.

Pastore Paolo Tognina