Dischi rari di paroliere noto: Mascioni autore di canzoni

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L’opera intellettuale e artistica di Grytzko Mascioni ha avuto dei risvolti per certi versi inaspettati. Qui apprezziamo il suo lavoro come autore di canzoni.


«Cara Mascia, si lavora qualche volta – insieme: la televisione, insomma, è il nostro mestiere. La tua canzone è nata colle parole nostre messe insieme nella speranza di poter poi leggervi dentro l’ombra di una cosa sincera. Ma ce dell’altro: il tuo sorriso, la tua voce, lo sai bene che appartengono a noi tutti, in una misura familiare (entri, dallo schermo del televisore, nelle nostre case: ci parli, sei con noi, una ragazza che parla di noi e per noi), e allora perchè questo canto non ci deve pure – in una misura di amicizia toccare? Penso poi a quanti, questa nostra lingua, la intendono da te e quasi solo da te, al di là delle montagne, e ha il sapore della malinconia per i loro paesi, dolce e insieme amaro. Sarà forse un modo di più, per loro, la canzone, di averti vicina: e avere vicina, attraverso te, qualche immagine, difficile da dimenticare, cara da ricordare».

“Mascia Cantoni, annunciatrice e presentatrice della Televisione Svizzera, ha al suo attivo centinaia di trasmissioni, ed è un viso e una voce ormai noti, attraversò l’Eurovisione, a un pubblico di milioni di telespettatori: esordisce qui come cantante”, con le parole di Grytzko Mascioni, recita l’annuncio pubblicitario.
Anno molto felice, il 1965, per il nostro paroliere (che scrive anche con lo pseudonimo “Indira”).

Festivalbar 1965, in gara i cantanti con le canzoni più gettonate nei jukebox. Ai primi tre posti Petula Clark, Pino Donaggio, Little Tony. 
Sesta posizione per Wilma Goich, cantante emergente con due fasi di notorietà: la prima, romantico-bucolica con “Le colline sono in fiore”, per esempio; romanesca la seconda, insieme al marito Edoardo Vianello (quello dei “Watussi”), con “Semo gente de borgata”.

 Come si può leggere nell’immagine del disco, riservato ai jukebox, “Un bacio sulle dita”, il testo è di… Grytzko Mascioni! Un assaggio: “Mi lasci sempre sola, sorridi e te ne vai, un cenno della mano, un bacio sulle dita, ma so che poi tornerai. E mi parlerai di tante cose, mi racconterai del mondo intero e  mi prometterai che veramente mai e poi mai ripartirai. Non mi lasciare sola, rimani qui con me un bacio sulle dita e …”. Basta, vero?

Dunque Mascioni paroliere con il suo nome e, pare, sotto lo pseudonimo “Indira”.
Nei canzonieri dell’epoca troviamo altri quattro dischi pressochè sconosciuti a lui attribuiti: “Ma cosai sai di me” cantata da Gino (alias Georgino Cudsi, greco-canadese) nel 1966; l’anno dopo “C’è tanto sole” e “Questa è l’ultima volta” di Lorena Midì; sempre nel1967 “C’è tanto sole” di un cantante, Nico Santana, che  non ha niente da spartire con Carlos Santana.

Una quinta canzone nel 1980 invece ebbe un clamoroso successo come sigla di una serie televisiva di disegni animati. Interpretata dagli Argonauti, questa la prima strofa scritta dal nostro Grytzko: “Corre qua, vola là per il cielo azzurro l’astronave Argo lassù, gira in giù, ruota in su per lo spazio eterno misterioso come il suo blu. Il viaggio è lungo anni luce, ci guida il capitano Avatar”.

Star Blazers? Giusto, indovinato.

Attorno agli anni ’60 Mascioni si muoveva tra Milano, Lugano e Teglio. 

Teglio? Sì. Racconta Ernesto Ferrero: «Lì si sono conosciuti i suoi genitori, ha amici e amori. Lì, insieme al medico condotto, al farmacista, ad un albergatore, ad un artigiano per la parte tecnica e ad un pittore per l’arredo,  si è inventato la Masun del Gnatt, il più estroso locale che si sia mai visto». E continua: «Si può ascoltare musica dal vivo, perché Grytzko fa venire da Milano cantanti, band, quartetti jazz, intere orchestre. Si balla, si chiacchiera, si tira tardi. Gente in libertà, semplicemente, per lo spazio di una breve ma felice fuga».

Gente proveniente dalla valle e da oltre confine. Da un’altra fonte abbiamo appreso che questo “café chantant” era anche frequentato dal “demi-monde”: “flaneurs” e “cocottes”. «Cocotte? Che vuol dire, mammina?» «Vuol dire una cattiva signorina» (spiegava Guido Gozzano, il poeta delle “buone cose di pessimo gusto”).

C’è un altro capitolo musicale con propaggini radiofoniche e televisive. Nel 1970 e nel 1975 Daisy Lumini incide due dischi: ”La donna del vento” e “Il paese dei bambini con la testa”. Questi sono inseriti nel catalogo dello Zodiaco, casa discografica “impegnata” (Inti Illimani, Gaber, Giovanna Marini, e via protestando e contestando). 

Mascioni scrive le presentazioni.  Fermiamoci sulla seconda (canzoni dedicate ai bambini), che siamo sicuri, apre un ventaglio di bei ricordi  nel lettore su di età: «Bisogna sapere che Daisy  e Beppe Chierici hanno potuto veramente occuparsi con loro grande gioia di bambini che amano le cose giuste e belle in certe trasmissioni della piccola televisione  di Lugano dove nei panni di due stravaganti, ma non troppo, personaggi  chiamati Prunella e Baracco  si sono fatti una montagna di piccoli amici (..) Daisy e Beppe, in queste occasioni televisive, per spiegarsi meglio hanno scelto spesso di mettere in rima e in musica le loro idee affettuose,  sempre convinti che la bellezza non è controindicata agli effetti della serietà delle opinioni: ed è per questo, che le loro rime e le loro musiche sono cosi gradevoli ed eleganti».

Qualcuno oggi si ricorderà che il programma iniziava così: “Su partiamo in musicomobile, le canzoni andiam a cercar, non di discendenza nobile, ma canzoni popolar….”.

Tra i più affezionati sodali vi fu la fiorentina Lumini, grande amica di Grytzko, nota per le canzoni scritte per altri (Mina per fare un nome), per sé, per i radiodrammi di Mascioni (“Orsina”, per citarne uno), per il suo modo di fischiare unico, per l’interpretazione di “Maremma”. Tragica, però, la sua fine: nel 1993 insieme a suo marito, malato terminale, mano nella sua mano si lanciò dal viadotto del lago di Bilancino nel Mugello.

Nella musica, Mascioni ha spaziato dai cantautori più romantici alle sigle di animazione. Anche il poco conosciuto tassello di “paroliere di canzoni”, contribuisce quindi alla creazione di una figura di intellettuale transfrontaliero complessa e poliedrica.