Riflessi di misericordia

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Matteo 9,13
Sermone del 1° ottobre 2023

“Ora andate e imparate che cosa significhi: ‘Voglio misericordia’” (Matteo 9,13)

Nella Bibbia, Dio ci viene presentato come colui che dice di se stesso: “Io sono misericordioso” (Salmo 62), che agisce spinto da misericordia, che usa misericordia verso l’umanità. E anche come colui che nel Vangelo di Matteo dice: “Andate e imparate che cosa significhi voglio misericordia”.

Che cos’è la misericordia? Secondo la Treccani è il “sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla; anche, sentimento di pietà che muove a soccorrere, a perdonare, a desistere da una punizione”. La misericordia si riassume dunque in questi tre verbi: soccorrere, perdonare, risparmiare.

Ritorniamo alla parola di Gesù nel Vangelo di Matteo, e alla sua esortazione: “Andate e imparate che cosa significhi voglio misericordia” e chiediamoci: abbiamo imparato noi che cosa significhi la misericordia? Che cosa dovremmo imparare, se ci mettessimo alla scuola della misericordia? Che chiesa saremmo se fossimo una chiesa della misericordia?

Primo punto. Una chiesa della misericordia è una chiesa della beneficenza. Come dice Gesù nel Vangelo di Luca: “Siate misericordiosi come è misericordioso il padre vostro” (Luca 6,36). Molte volte la chiesa è stata chiesa della beneficenza, ed è bene che continui ad esserlo. E deve continuare a esserlo, senza prestare ascolto alle critiche di chi dice che la beneficenza non risolve i problemi, che la beneficenza li nasconde, e così via. Critiche che abbiamo sentito mille volte, ma che non rispondono a chi è in quel momento in pericolo di vita, in quel momento ha fame, è nel bisogno.

Gesù lo ha detto chiaramente: “Chiunque vi avrà dato da bere un bicchier d’acqua nel nome mio perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà il suo premio” (Marco 9,41). Il bicchier d’acqua non risolve il problema della sete del mondo, però toglie la sete che la persona che mi sta davanti ha in quel momento. La chiesa è capace di dare il bicchier d’acqua, e lo deve fare, ed è soltanto se comincia col dare il bicchier d’acqua che potrà affrontare anche i problemi più grandi.

La chiesa della misericordia è quella che prende a modello il buon samaritano, che cura i feriti, anche se non riesce a fare pace tra i contendenti; è la chiesa che soccorre le vittime che la storia, con tutte le sue crisi, e la natura, con tutte le sue catastrofi, suscita ogni giorno. La chiesa della misericordia non si esaurisce nella chiesa samaritana, ma comincia da questa.

Secondo punto. Come possiamo immaginare una chiesa per la quale la misericordia non è solo il motore della sua azione, della sua testimonianza, ma è il suo principio vitale, il cuore della sua esistenza, la radice della sua sapienza?

Qui ci può venire in aiuto l’apostolo Giacomo il quale ci indica una chiesa in cui c’è poca legge e molta libertà o, meglio, una chiesa nella quale vige quella che lui chiama la legge perfetta, cioè la legge della libertà: dove regna la misericordia regna la libertà (Giacomo 1,25): una chiesa della misericordia dev’essere una chiesa della libertà e della responsabilità.

La chiesa è afflitta da un grande numero di leggi. Gesù ha riassunto tutte le leggi in un unico comandamento, ma poi è successo che la chiesa ha moltiplicato le leggi: il movimento della chiesa è andato nella direzione opposta rispetto a Gesù. Gesù riassume tutte le leggi nell’amore: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” e “Ama il tuo prossimo come te stesso”; la chiesa ha invece tradotto l’amore in un numero spropositato di leggi. La chiesa della misericordia è una chiesa che conosce solo la legge della libertà, che è la legge dell’amore. Occorre recuperare lo spirito dell’amore descritto dall’apostolo Paolo nella lettera ai Galati (Galati 5), che è spirito di gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza. Appunto, una chiesa della libertà e della responsabilità.

Terzo punto. La chiesa della misericordia è una chiesa che ha un centro, ma non ha confini. Qui possiamo ricordare ciò che dice l’apostolo Paolo scrivendo ai Romani: “Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per fare misericordia a tutti” (Romani 11,32). A tutti, non a qualcuno o a molti. E allora la questione dei confini diventa secondaria. Il centro ci vuole: se non c’è un centro non c’è comunità. Il centro è il Cristo, ma una volta che hai posto saldamente questo centro dove tracci il confine?

Gesù ha mai tracciato dei confini? Non ha piuttosto cercato sempre di allargare i confini della comunità di cui faceva parte, dicendo, ad esempio, di Zaccheo, il pubblicano escluso dalla comunità israelitica: “Anche questo è figlio di Abramo” (Luca 19,9)? E ancora, Gesù dice del centurione romano: “In verità vi dico che non ho trovato tanta fede in Israele quanta ne ho trovato in questo pagano” (Luca 7,9). E ancora, dice della prostituta che gli bagnava i piedi con le sue lacrime e glieli asciugava con i capelli: “I suoi molti peccati le sono perdonati perché ha molto amato” (Luca 7,47).

Dove passano i confini della comunità di Gesù? E, del resto, se dobbiamo tracciare i confini della misericordia, dove li tracciamo? Se ricordiamo che nel sermone sul monte Gesù dice di amare i nemici (Matteo 5,44), allora dove passano questi confini? Certo, è difficile immaginare una chiesa senza confini, ma è altrettanto difficile immaginare una chiesa della misericordia con dei confini.

Ultimo punto, il quarto. La chiesa della misericordia è una chiesa ecologica, cioè una chiesa che prende sul serio la cura della natura e la protezione degli animali. Oggi è l’ultima domenica del cosiddetto “tempo del Creato”, quel periodo dell’anno in cui le chiese sono chiamate a riflettere sulla propria responsabilità nei confronti dell’ambiente… Parlare di “chiesa ecologica” può sembrare una forzatura, un tentativo di fare un discorso alla moda, ma in realtà corrisponde al primo patto di Dio con l’umanità, quello stretto dopo il diluvio. Il patto di Dio con la terra: non con Israele, non con la chiesa, non con i cristiani, neanche con l’umanità, ma con la terra. “Non colpirò più ogni cosa vivente come ho fatto” (Genesi 8,21). E l’arcobaleno, segno di quel patto, Dio lo ha posto nelle nuvole per ricordarsi lui del suo patto con la terra. “L’arco dunque sarà nelle nuvole e io lo guarderò per ricordarmi del patto perpetuo fra Dio e ogni essere vivente” (Genesi 9,16). Entrare nel patto di Dio con la terra significa entrare nella “conversione” di Dio alla nonviolenza, assumerla come modello di vita nel rapporto con la terra, e dunque curare ciò che vive. L’arcobaleno è diventato bandiera della pace, ma è anche bandiera della cura di ogni essere vivente. È la bandiera della chiesa della misericordia che diventa chiesa che ama la vita dell’altro, di ciò che vive, sia persona, sia animale, sia pianta.

Ecco dunque le caratteristiche della chiesa della misericordia: una chiesa samaritana, una chiesa che trasforma le sue innumerevoli leggi nell’unica legge della libertà e della responsabilità, una chiesa con un centro ma senza confine, una chiesa che, entrando nel patto di Dio con la terra, si converte alla non violenza e ha cura di tutto ciò che vive.

Pastore Paolo Tognina