Queer

0
975

Quest’anno la parola dell’anno è stata una sigla: GPT. Si tratta di un acronimo che esprime l’era dell’intelligenza artificiale. Discutibile come scelta, ma sicuramente tema importante e di peso per l’evoluzione di una società.

Io però a conclusione di questo anno vorrei spendere qualche riga per un’altra parola, non italiana, ma che sta trovando il suo posto dentro tutte le lingue: QUEER

Per qualcuno sicuramente non dirò nulla di nuovo, ma mi sono accorta, chiacchierando con la gente, che in molti non hanno ancora notato questo nuovo termine e non sanno a cosa si riferisca, o non esattamente.

Queer è una parola inglese che di per sé significa eccentrico, stravagante, fuori dall’ordinario, insolito, ma che oggi viene usata, per “definirsi”, da persone che non vogliono dare un nome alla propria identità di genere o al proprio orientamento sessuale. Abbiamo cominciato a familiarizzare con l’acronimo LGBT che definisce la comunità Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender (e direi che è tempo visto che il termine è stato coniato già alla fine degli anni ottanta), ma ora a questo è stata aggiunta una lettera: la Q appunto che sta per Queer.

Un bel cambio di paradigma per chi è sempre stato abituato a pensare e pensarsi in un ordine binario: femminile o maschile. Ma la natura è molto più complessa e l’esattezza di questa scienza sta nella sua variabilità. Già biologicamente lo sviluppo dei due sessi segue percorsi vicini, non sempre distinti. Il feto contiene fin dal principio la capacità di sviluppare il femminile o il maschile anche contemporaneamente, come dire che inizialmente siamo indefiniti.

Quel che voglio dire è che uno non sceglie in che sesso ritrovarsi, uno si ritrova e basta, può solo prenderne atto. Accettarsi ed essere accettato dovrebbe essere un diritto riservato a tutti. Ora, aver dato un nome ad una comunità offrendo accoglienza a chi da sempre (sì, perché questa vaghezza nel riconoscersi esiste da sempre) si è dovuto sentire strano, insolito, non accettato, è un grande passo in una società inclusiva.

Ed è un pensiero che può appartenere anche al Natale, soprattutto se penso che Gesù risulta figlio di Dio, un’Entità Padre coniugata al maschile, ma alla quale non viene attribuito peraltro nessun riferimento di genere. Queer anche Dio?

In questo anno che sta per finire, dove la pandemia l’abbiamo voluta un po’ dimenticare, dove due guerre, relativamente vicine, sono in corso, dove la sfida climatica stiamo perdendola tutti, non sarebbe bello augurarsi una solidarietà civile aperta a tutti, uguali, diversi, strani ed insoliti per non disperdere energie utili a tirare invece insieme la corda da una stessa parte?

Buon 2024 cari lettori: anno bisestile quel che ci attende, un giorno in più per allargare i pensieri, per vedere che oltre il nostro orizzonte se ne aprono di nuovi.

E che Dio ce la mandi buona!